Sergey Brin è tornato. No, non per riprendersi le redini di Google, ma per dare una bella scossa ai poveri ingegneri di DeepMind, perché a quanto pare non stanno correndo abbastanza nella maratona dell’Intelligenza Artificiale. Il cofondatore di Google, che aveva mollato tutto nel 2019 per godersi la vita da miliardario, ha deciso che ora è il momento di mettere il turbo. E cosa c’è di meglio di un’email motivazionale per trasformare il lunedì mattina di un programmatore in un incubo a occhi aperti?

Brin ha gentilmente suggerito (NYTimes) ai dipendenti di DeepMind di abituarsi a lavorare 60 ore a settimana (perché dormire è sopravvalutato), di presentarsi in ufficio “almeno ogni giorno lavorativo” (che in codice aziendale significa: scordatevi lo smart working) e, soprattutto, di fare tutto più velocemente e in modo più semplice. Insomma, un messaggio rassicurante per chi pensava di avere ancora un briciolo di equilibrio tra vita e lavoro.

Il memo, che è stato condiviso da The Verge, suona come una chiamata alle armi: “Sono passati due anni dal lancio del programma Gemini e di GDM. Abbiamo fatto molti progressi di cui dobbiamo essere fieri. Ma la competizione è esplosa e la corsa finale verso l’AGI è iniziata. Abbiamo tutto per vincere, ma dobbiamo turbo-caricare i nostri sforzi.” Un bel modo per dire: se non vi svegliate, finiamo per fare da pubblico a OpenAI.

Ovviamente, il dettaglio più divertente è che Brin non ha alcun ruolo operativo in Google. È solo un membro del consiglio, quindi, tecnicamente, il suo memo pesa quanto quello del tizio che in azienda fa girare petizioni per il menù della mensa. Ma a quanto pare, quando sei Sergey Brin, puoi ancora dettare legge. Tanto che il vero capo di DeepMind, Demis Hassabis, non ha sentito il bisogno di dire nulla.

Tra le altre perle del messaggio, Brin ha anche chiesto ai suoi dipendenti di smetterla di costruire “prodotti-nanny” e di “fidarsi di più degli utenti.” Tradotto: basta con questi filtri, censure e limitazioni etiche, lasciamo che l’AI dica quello che vuole. Il che è sicuramente un’idea interessante, soprattutto per chi si ricorda come è andata a finire l’ultima volta che un’IA di Google ha parlato troppo liberamente.

Nel frattempo, il vero colpevole di tutto questo trambusto rimane sempre lo stesso: OpenAI. Da quando ha lanciato ChatGPT nel 2022, Google sta cercando disperatamente di rincorrere e di far dimenticare al mondo che si è fatta cogliere di sorpresa. E mentre i suoi ingegneri cercano di sopravvivere a questa nuova ondata di pressione, il CEO Sundar Pichai ha già avvertito che il 2025 sarà un anno “difficile.” Insomma, la guerra dell’AI è appena iniziata, e a Mountain View hanno già le occhiaie.

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