Nel mondo delle AI generative, Claude 4 Opus è arrivato senza fuochi d’artificio. Nessuna conferenza stampa à la Steve Jobs, nessuna demo hollywoodiana. Eppure, tra chi sa cosa cercare — e come chiederlo — è ormai un segreto di Pulcinella: questo modello di Anthropic sa scavare. E non nel senso banale di “rispondere meglio alle domande”, ma di arrivare al nocciolo, come farebbe un ex McKinsey con troppo tempo libero e un accesso privilegiato a JSTOR.

C’è un dettaglio trascurato che separa chi spreca un abbonamento da chi invece lo trasforma in un moltiplicatore cognitivo: la prompt engineering. Detto in parole povere? Non è l’AI che è stupida. Siamo noi che non sappiamo parlare la sua lingua.

E qui arriva la parte interessante: quando abbiamo testato Claude seguendo i suoi stessi suggerimenti di prompt, la qualità delle risposte ha superato non solo ChatGPT — che comunque resta impressionante — ma anche quella di analisti umani mediocri, senza sbavature e senza “ehm… devo controllare”. Con il prompt giusto, Claude è capace di fare analisi da portafoglio stile Wharton, consulenze mediche dettagliate e pianificazioni di viaggio più accurate di quelle delle agenzie fisiche, con tanto di backup plan, tassi di cambio aggiornati e suggerimenti da insider.

Una piccola nota cinica: la maggior parte delle persone utilizza questi strumenti come se fossero un Google un po’ ubriaco. Una barzelletta. Scrivono “fammi la dieta” o “dimmi i migliori ETF”, e poi si lamentano se l’output sembra una presentazione PowerPoint fatta da uno stagista. È come avere un Ferrari in garage e usarlo per andare a comprare il pane.

Ma torniamo al punto: cosa succede quando tratti l’AI come un consulente senior, e non come un assistente vocale?