
C’era una volta il sogno dell’Intelligenza Artificiale generale: una mente artificiale capace di fare tutto, parlare di Kant, scrivere codice in Rust e magari consolare un adolescente in crisi esistenziale. Poi, tra aprile e giugno 2025, qualcosa è cambiato. O meglio, si è perfezionato. L’industria ha finalmente capito che l’AI generalista è l’equivalente digitale di un coltellino svizzero: affascinante, multitasking, ma inefficiente dove conta davvero.
In tre mesi abbiamo assistito a una mutazione darwiniana silenziosa, brutale, e perfettamente logica: il passaggio dall’intelligenza artificiale generica all’AI fit-for-purpose. Una sigla che suona come uno slogan da consulenti, ma che cela un nuovo paradigma industriale.
Meta, Anthropic, Google e OpenAI non stanno semplicemente aggiornando modelli. Stanno ricablando il cervello delle macchine per mercati verticali, casi d’uso mirati, identità distinte. Non stanno creando Frankenstein più grossi. Stanno fabbricando prototipi chirurgici. E ogni nuovo rilascio è una mossa strategica su una scacchiera a tempo.