Mentre Donald Trump rispolvera lo slogan da reality show “Make America Great Again”, i cinesi di Xreal si apprestano a colonizzare il campo della realtà aumentata con un’aggressività chirurgica che farebbe impallidire Sun Tzu. Sì, perché mentre l’Occidente si balocca con prototipi da salotto, Xreal – la startup cinese fondata da tre cervelli di Zhejiang University – sta per catapultare sul mercato di massa un paio di occhiali AR leggeri, potenti, con un campo visivo da 70 gradi e una strategia da conquistatori digitali. Il nome in codice è Project Aura. Non è un gioco di parole. È un assedio.

Non è solo un’altra startup cinese con velleità da unicorno: Xreal è il braccio operativo della seconda grande offensiva XR targata Google, dopo il poco incisivo Moohan, il visore realizzato insieme a Samsung che ha fatto meno rumore dell’ultimo keynote di Zuckerberg. Aura, invece, è il nuovo feticcio tech con l’anima di Android XR e il corpo disegnato da ingegneri che sembrano usciti direttamente da un laboratorio DARPA. Con un chip Snapdragon firmato Qualcomm e il nuovo X1S customizzato da Xreal, questi occhiali vogliono far impallidire sia il Vision Pro di Apple sia i Ray-Ban Reality di Meta. E il bello? Arriveranno nel Q1 2026, proprio mentre l’America sarà distratta da una nuova guerra elettorale tra gerontocrazie.

Wu Kejian, co-fondatore e guru algoritmico della compagnia, lo dice senza mezzi termini: il vantaggio competitivo sta tutto nell’ottica, nel software e in quel mix molto cinese di pazienza strategica e velocità esecutiva. Mentre Apple si diverte a vendere lenti da $3.499 a un’élite siliconata e Meta sforna occhiali senza schermo ma con AI vocale che ti dice se stai indossando le scarpe giuste, Xreal lavora sotto traccia a ciò che conta davvero: visione immersiva, hardware locale, compatibilità con l’ecosistema Android e integrazione con Gemini, il cervello multimodale di Google che promette una simbiosi uomo-macchina più intima di un matrimonio giapponese.

Ma non pensate che tutto questo sia un’utopia orientale. È già realtà industriale. Xreal ha venduto 600.000 dispositivi. E il suo target è raddoppiare. Annualmente. Con un break-even già nel mirino e un’IPO in fase esplorativa. Non sono le sparate di un CEO su LinkedIn, ma numeri che fanno tremare i polsi a chi si ostina a credere che il futuro dell’XR passerà solo da Cupertino o Menlo Park.

Il parallelismo che Wu fa con l’HTC dei bei tempi andati – quando Android e Taiwan rivoluzionarono la telefonia – è tutt’altro che banale. Se davvero Aura riuscirà a replicare quello schema, allora dovremo iniziare a riscrivere i manuali della competizione globale, quelli in cui fino a ieri i nomi cinesi erano solo nella sezione “fornitori”. Oggi, invece, sono architetti.

Dietro le quinte c’è un punto chiave che molti analisti americani sembrano sottovalutare: l’AI sta diventando la chiave di volta per l’adozione di massa. Non tanto l’AR come gimmick, ma l’AI embedded come interfaccia cognitiva. È questa la lezione che Meta ha imparato con i suoi Ray-Ban: due milioni di paia vendute senza nemmeno un display. E allora la domanda non è più se la realtà aumentata conquisterà il pubblico. La vera domanda è: con quale AI ci parleremo attraverso quegli occhiali? E oggi, chi ha l’AI più ubiqua e integrabile se non Google?

Xreal lo ha capito prima degli altri. E non è un caso se il chip X1S è progettato specificamente per il data processing edge tipico dell’XR. Memoria potenziata, efficienza energetica e raffreddamento ottimizzato: è l’equivalente hardware di un’armatura da combattimento. E nonostante tutto, il prezzo sarà inferiore a quello dei visori VR oggi in commercio. Tradotto: Apple continua a vendere una Ferrari elettrica a chi non ha nemmeno la presa, mentre Xreal distribuisce scooter intelligenti al popolo.

La rincorsa è globale. Huawei, Xiaomi, Rokid, Baidu, Rayneo, Meizu: tutti in gara per il jackpot dell’eyewear intelligente. Xiaomi ha già messo in vendita occhiali AI a 279 dollari. Rokid integra i pagamenti mobili. E i dati di IDC parlano chiaro: +82% nel Q1 2025 a livello globale. In Cina, +116% con oltre 2.9 milioni di unità previste entro fine anno. È l’hockey stick di cui tutti parlano da anni, ma che solo ora si sta materializzando.

Eppure, siamo solo all’inizio. Gli occhiali AR oggi sono a livello 2, secondo la classificazione interna di Xreal: foto, video, conversazioni AI e traduzione simultanea. Il livello 5 sarà un’estensione neurologica, una seconda pelle cognitiva che filtra e amplifica la percezione umana. La deadline? 2027. Non lo dice un futurologo su Medium, ma il fondatore Xu Chi su WeChat, che in Cina equivale a parlare da una cattedra planetaria.

La geopolitica, ovviamente, non sta a guardare. Xreal spinge sulla localizzazione della supply chain per evitare il Vietnam commerciale tra USA e Cina. Ma contemporaneamente amplia il suo raggio d’azione nei mercati chiave: Stati Uniti, Europa, Giappone. Chi vuole dominare l’XR sa che non può dipendere da una sola bandiera. E il sogno dei giganti tech cinesi di sviluppare un OS alternativo ad Android XR è più che una fantasia. È una mossa obbligata. Perché oggi l’innovazione è l’unica forma di difesa credibile. Ed è un’arma.