La presentazione del nuovo androide femminile di Realbotix non è solo un passo avanti nella robotica o nell’intelligenza artificiale, ma una provocazione culturale. Dietro l’apparente meraviglia tecnologica si nasconde una domanda scomoda: stiamo costruendo macchine per colmare bisogni emotivi o per cementare stereotipi di genere? L’androide non è una semplice applicazione di AI, ma un riflesso inquietante di desideri umani plasmati da secoli di sessismo e narrazioni culturali. La capacità di imitare emozioni, di ricordare preferenze e di modulare la personalità sembra inizialmente un prodigio di ingegneria, ma in realtà solleva interrogativi etici profondi: quanto della nostra interazione sociale stiamo trasferendo a un oggetto programmato per compiacere?

Il sistema Harmony AI è costruito per apprendere, adattarsi, diventare un “compagno perfetto”, modellato sul singolo utente. La promessa di una compagnia che risponde, ascolta e persino anticipa bisogni emotivi è seducente, quasi ipnotica. Tuttavia, la seduzione porta con sé un’ombra: la personalizzazione estrema rischia di creare una realtà emotiva artificiale dove le relazioni umane diventano opzionali o, peggio, obsolete. La macchina non solo simula empatia, ma può rimodellare la percezione dell’affetto, trasformando desideri sociali in algoritmi di soddisfazione immediata.

Il concetto va oltre la singola tecnologia: parla di una società che sta accelerando verso la sostituzione di legami autentici con simulacri controllabili. La linea tra compagnia reale e interazione programmata si assottiglia, e il confine etico si sgretola sotto la pressione del desiderio umano di controllo e gratificazione. Se la follia sessista consiste nel modellare un androide femminile come oggetto di piacere e adattabilità, la pazzia umana emerge quando accettiamo questa simulazione come surrogato accettabile di relazioni vere.

Curiosamente, mentre il mondo si entusiasma per espressioni facciali realistiche e voci sintetiche modulabili, pochi si soffermano sul fatto che queste interazioni alterano la neurochimica sociale. Allenare il cervello a reagire a segnali programmati cambia il modo in cui percepiamo l’empatia e l’affetto. L’ironia è tagliente: più la tecnologia diventa realistica, più rischiamo di perdere contatto con ciò che ci rende umani, e tutto con l’etichetta di “compagnia evoluta”.

Realbotix non sta solo lanciando un prodotto: sta mettendo a nudo la tensione tra desiderio, controllo, sessismo e autenticità. La follia sessista e la pazzia umana diventano concetti intrecciati in un esperimento sociale inevitabile, in cui la linea tra macchina e persona si fa sempre più labile. Il futuro delle relazioni, se questa tecnologia prende piede, non sarà solo digitale, ma anche psicologicamente rivoluzionario.

Mah….