Negli Stati Uniti, l’intelligenza artificiale sta scoprendo la sua fonte di energia preferita: l’uranio arricchito. Non è una battuta, ma la cronaca di un accordo che unisce due mondi, quello dei reattori nucleari e quello degli algoritmi, in un matrimonio che sa di geopolitica, tecnologia e un pizzico di marketing apocalittico.
Oklo, la startup californiana fondata da Sam Altman (il CEO di OpenAI e padre di ChatGPT), ha siglato un’intesa con Newcleo, il gruppo guidato da Stefano Buono, per lo sviluppo di combustibili nucleari di nuova generazione negli Stati Uniti. Dietro l’accordo c’è la benedizione esplicita dell’amministrazione Trump, che punta a quadruplicare la capacità nucleare americana entro il 2050, inserendo il progetto nel suo piano di rilancio dell’industria energetica nazionale.
L’obiettivo dichiarato è quello di sostenere la crescente fame di energia generata dall’intelligenza artificiale. In altre parole: i modelli di AI consumano troppa elettricità e serve una nuova fonte per alimentarli.
Il segretario agli Interni Doug Burgum lo ha detto senza mezzi termini: «Questo accordo rappresenta una vittoria per l’agenda energetica americana e per il dominio tecnologico di Washington».
Altman, che da mesi investe in infrastrutture critiche e startup energetiche, si muove con la visione di chi vuole controllare l’intero ciclo vitale dell’AI, dai chip che la fanno pensare alle centrali che la tengono accesa. E il mercato, per ora, lo segue: Oklo è quotata al Nasdaq, vale 24 miliardi di dollari e si prepara a diventare il passaporto energetico per l’intelligenza artificiale, un ruolo che un tempo spettava al petrolio, poi al gas e che ora sta lasciando il testimone ai neutroni.
L’intesa con Newcleo apre la porta a una collaborazione che unisce Europa e Stati Uniti su un terreno sempre più strategico: quello della fusione nucleare di quarta generazione e della produzione circolare di combustibili.
Il piano prevede anche un fondo da 2 miliardi di dollari per sviluppare sistemi di riciclo delle scorie e tecnologie avanzate gestite in collaborazione con Blykalla e Enea, segno che il nucleare non è più soltanto una questione di energia, ma di sovranità tecnologica.
Come spiega Buono, «questo accordo ci consente di rafforzare la cooperazione transatlantica in un settore strategico come quello del nucleare di nuova generazione». Che tradotto suona più o meno così: l’AI americana si alimenterà anche grazie al know-how europeo e l’Europa, finalmente, può avere la chance di tornare a contare in una partita che non è solo industriale ma profondamente politica.
C’è dell’ironia, inevitabilmente, nel vedere il creatore di ChatGPT finanziare centrali nucleari. Ma il senso economico è limpido: le GPU consumano tanta energia e se l’AI deve diventare un’infrastruttura di base per l’economia, servono fonti stabili e indipendenti. Il paradosso, se vogliamo, è che la stessa tecnologia che doveva “ottimizzare” il mondo digitale sta rendendo necessario un ritorno all’atomo, con tutto ciò che questo comporta in termini di costi, di sicurezza e di consenso non solo politico ma anche sociale.
Per ora, l’unica certezza è che il futuro dell’intelligenza artificiale sarà alimentato da qualcosa di più caldo dei dati: il nucleare. E se è vero che l’energia nucleare è il nuovo petrolio, Sam Altman sembra deciso a diventarne il nuovo Rockefeller versione 4.0, con un reattore in tasca e un chatbot sul telefono.