Oracle ha recentemente annunciato previsioni finanziarie ambiziose, delineando un futuro in cui l’intelligenza artificiale (AI) gioca un ruolo centrale nella sua strategia di crescita. Durante l’AI World Conference, l’azienda ha dichiarato di aspettarsi margini lordi tra il 30% e il 40% per i suoi progetti di infrastruttura AI, un dato che si allinea con altri giganti dei data center e contrasta con previsioni precedenti che indicavano margini lordi del 14% per i data center AI. Oracle ha utilizzato come esempio un progetto di infrastruttura AI di sei anni e 60 miliardi di dollari, prevedendo un margine lordo del 35% per tale contratto.

Oracle ha annunciato di aver acquisito 65 miliardi di dollari in nuovi impegni di infrastruttura cloud in soli 30 giorni, con contratti provenienti da clienti esclusi OpenAI, tra cui un accordo significativo con Meta Platforms. Questa rapida acquisizione di contratti evidenzia una domanda crescente per le soluzioni di Oracle nel settore dell’AI.

Nonostante queste prospettive positive, alcuni analisti esprimono preoccupazioni riguardo agli elevati costi di capitale e alle strategie di finanziamento necessarie per supportare la crescita dell’infrastruttura cloud AI. Si stima che l’azienda possa affrontare oltre 26 miliardi di dollari di flusso di cassa libero negativo nei prossimi tre anni, sollevando interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine di tali investimenti.

Wall Street Venerdi è volatile, sospesa tra i timori sulla qualità del credito delle banche di medie dimensioni americane e le aperture positive nelle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.

Una caduta del 7 % in un solo giorno per un colosso come Oracle merita attenzione da un occhio allenato: non è un incidente, è un monito. Venerdì scorso il mercato ha reagito duramente alle proiezioni aggressive che l’azienda ha presentato solo un giorno prima proiezioni che, sulla carta, avrebbero dovuto tranquillizzare gli investitori sul bilancio del gigante del cloud. Invece hanno suscitato dubbi, e la reazione è stata un vero crash, seppur dopo una corsa esplosiva che aveva portato l’azione ben oltre i livelli di inizio settembre.

Oracle ha promesso crescita doppia: un tasso annuo di ricavi e utili a cinque anni che sfida la gravità. Ma la promessa arriva con silenzi strategici. Non ha specificato margini aggregati attesi per l’intero gruppo, né l’ammontare di investimenti in capitale sociali (capex) necessari per sostenere l’espansione dati-center / AI. La mancanza di queste cifre è un tassello mancante: senza, le proiezioni restano fantasiose e sospette.

Nelle sale trading girava già una battuta al vetriolo: «non è cosa che hanno fatto, è cosa che non hanno detto». Il crollo del 7 % (anche se poi l’azione resta circa 20 % sopra i livelli di un mese fa) segna un crash momentaneo dell’euforia e un promemoria che le narrazioni non bastano a sostegno del valore reale.

Uno degli analisti che sostiene il titolo, Derrick Wood di TD Cowen, ha suggerito che il mercato abbia reagito perché la previsione per l’EPS 2028 era in realtà inferiore alle attese diffuse. Ma non è solo questione di numeri mancanti: la struttura finanziaria dell’espansione AI di Oracle è vista come un castello di carte, soggetto a critiche e confronti con modelli più cauti come quello di Microsoft.

Microsoft, che fornisce infrastruttura principale a OpenAI, sembra adottare una strategia di espansione più prudente: costruzione dati più misurata, calibrata, consapevole che la corsa ai data center può essere un boomerang se mal governata. Alcuni investitori preferiscono la “slow build” controllata di Microsoft piuttosto che la corsa spensierata di Oracle.

Il punto cruciale: come finanziare l’espansione? Qui Oracle ha le sue vulnerabilità. Sul palco, Wood ha accennato a due possibili stratagemmi: indebitarsi ulteriormente oppure dare in leasing (lease) i chip, come fa xAI di Elon Musk. OpenAI sta considerando mosse simili. Un’altra via: ottenere supporto finanziario direttamente dai fornitori di chip (ad esempio Nvidia) come parte dell’accordo. Ma la mancanza di chiarezza su questo fronte spiega il timore degli investitori e perché Oracle non abbia voluto indicare le stime di capex.

Non è teoria: la trasformazione contabile dietro questi modelli è già in atto. Microsoft e Oracle stanno usando il leasing finanziario per mascherare la portata reale degli investimenti AI. In sostanza una società stipula un contratto di leasing (finanziario) per server, data-center, chip: l’impatto contabile si ripartisce nel tempo, attenuando l’effetto negativo di un grande outlay in un singolo anno. Il risultato: i numeri di capex sono “addomesticati”, il free cash flow sembra più florido, ma l’impegno cumulativo è mascherato.

Oracle è già indebitata: alla fine di agosto vantava circa 82 miliardi di dollari di debiti a lungo termine, e con i nuovi bond emessi il rischio leva diventa reale. Le stime di nuovi investimenti per i prossimi 3-5 anni indicano una spesa complessiva che potrà arrivare a decine di miliardi.

I critici sottolineano che la ratio capex/ricavi, includendo i leasing, salirebbe al 58 % per Oracle un livello di intensità d’investimento che solo in teoria domina i modelli di crescita sostenibile.

Da un punto di vista narrativo, vale citare la “Dreamforce week” di Salesforce: Marc Benioff con la sua provocazione politica (suggerire il dispiegamento della Guardia Nazionale a San Francisco) ha fatto discutere più dell’annuncio tecnico, dimostrando che in tecnologia il marketing e il palcoscenico contano quanto i numeri. Se Benioff sembrava cercare favori governativi (in un’epoca in cui le aziende tech cercano contratti pubblici), Oracle in questa settimana ha cercato di convincere il mercato che la sua scommessa AI sarà ben ripagata ma forse ha sbagliato il timing.

Se Oracle non chiarisce margini attesi (aggregati), dettaglio su capex, struttura di leasing e sostenibilità debitoria, rischia che il mercato prenda la narrativa per buono solo a parole. Un titolo tecnologico non vive di entusiasmo: deve consegnare redditività, trasparenza, esecuzione disciplinata.