L’idea che Nvidia possa garantire parte dei prestiti che OpenAI intende contrarre per costruire data center suona come un trucco da prestigiatore: sembra tutto bello, finché non si scopre l’imbroglio. Secondo il Wall Street Journal, Nvidia starebbe valutando questo passo rischioso nell’ambito di una partnership più ampia che punta a trasformare i chip in un business “a rendita”. Se OpenAI non dovesse ripagare, il gigante dei semiconduttori potrebbe trovarsi con un debito gigantesco sulle spalle.

È una mossa che rivela due verità scomode: Nvidia non è più solo venditore di hardware, ma anche finanziatore; OpenAI non ha (ancora) la solidità finanziaria per sostenersi da sola. Nvidia, di fatto, sta cercando di trasformare la sua quota di valore futuro in un asset monetizzabile oggi.

Il contesto: una partnership da 100 miliardi

OpenAI e Nvidia hanno annunciato una collaborazione strategica che dovrebbe portare all’installazione di almeno 10 gigawatt di sistemi Nvidia nei data center di OpenAI, con Nvidia impegnata a “investire fino a 100 miliardi di dollari” mano a mano che la capacità viene dispiegata. In pratica non un semplice fornitore, bensì un partner finanziario camuffato da produttore di chip.

Nel contesto emerge il modello del leasing: invece di acquistare direttamente i chip, OpenAI potrebbe “affittarli” da Nvidia, riducendo l’impatto sull’equilibrio patrimoniale. In cambio, Nvidia potrebbe finanziare, o garantire il finanziamento, per permettere a OpenAI di costruire l’infrastruttura che altrimenti non potrebbe permettersi in autonomia.

Se OpenAI fallisce, paga Nvidia

Garantire prestiti è una responsabilità che ha un peso reale. Se OpenAI non dovesse rispettare i termini di rimborso, Nvidia potrebbe trovarsi indebitata per centinaia di milioni, o addirittura miliardi. Già nelle bozze circola l’ipotesi che Nvidia potrebbe essere “saddled with billions of dollars in debt” se OpenAI non riesce a onorare l’impegno. È l’altro volto del rischio strategico dietro l’alleanza.

Inoltre, c’è un effetto circolare: Nvidia investe in OpenAI, che poi acquista chip da Nvidia; Nvidia è anche quella che finanzia la costruzione dei data center che useranno quei chip. È un loop che si autoalimenta, finché regge. È come se un costruttore di case vendesse i mattoni, chiedesse l’anticipo e garantisse il mutuo, e poi imponesse l’acquisto dei mattoni da sé.

OpenAI gioca su più tavoli

Non sono mancati segnali di disaccordo. Già a giugno, si era fatto strada il rumor che OpenAI stesse noleggiando chip da Google per alimentare ChatGPT. Quando l’indiscrezione è trapelata, Jensen Huang (CEO di Nvidia) ha contattato personalmente Sam Altman chiedendo chiarimenti e spingendo per riprendere le trattative. È chiaro che OpenAI vuole diversificare i fornitori per non restare strozzata dalla dipendenza da Nvidia.

In aggiunta, OpenAI ha già firmato accordi con Broadcom per lo sviluppo congiunto di sistemi AI, aggiungendo un altro attore nel mix dei chipmaker. Questo serve da assicurazione strategica: se Nvidia dovesse avere difficoltà, OpenAI ha alternative.

Che possibilità ci sono che Nvidia rischi grosso?

La mossa di garanzia non è fatta: è “in discussione”.E in fin dei conti Nvidia ha un vantaggio enorme: domina il mercato AI e può irregimentare la domanda con i suoi contratti. Ma il rischio esiste, eccome. Se OpenAI sbaglia i conti o il mercato cambia, Nvidia potrebbe pagare per una dipendenza che ha promosso lei stessa. È una scommessa ad alto rischio.

I numeri in gioco 100 miliardi, 10 gigawatt non sono fantasie: sono investimenti industriali reali con conseguenze sistemiche. Nvidia sta tentando di trasformare la sua leadership nei chip in un asse finanziario, che può dare rendimenti elevati se tutto va bene, o rovinare se le cose vanno male. Il gioco delle 3 carte, appunto: mostra una carta, nasconde due, sperando che tu non guardi sotto il tavolo.

Chi guarderà sotto saranno gli analisti, le autorità e non da ultimo i bilanci. La posta in gioco è enorme, e le illusioni pericolose.