Negli ultimi vent’anni il browser era diventato una scatola quasi scolastica: schede, barre di ricerca, estensioni ci mancava solo la lavagna. Poi è arrivata l’intelligenenza artificiale e ora stiamo vivendo la più radicale trasformazione di quest’interfaccia dal tempo delle tab. Browser intelligenti come ChatGPT Atlas, Perplexity Comet e la modalità Copilot in Microsoft Edge non limitano la navigazione: la “delegano” a un assistente contestuale.

Il vecchio atto di “cercare qualcosa su Google” diventa oggi “chiedi, analizza, agisci”. Invece di decine di tab aperte, l’utente dialoga con il browser è come se la rete avesse assunto un cervello (non infallibile, ma con potenziale).


La caratteristica più rivoluzionaria è la cosiddetta contestual awareness. ChatGPT Atlas, ad esempio, ospita una barra laterale di chat che “vede” cosa c’è nella pagina e reagisce: chiedi “Riassumi questo articolo”, “Trova un’offerta migliore” o “Riscrivi questa ricetta in versione vegetariana”.

Ma non basta. In Agent Mode (disponibile in preview per utenti Plus/Pro) Atlas può cliccare, scorrere, inserire dati, navigare tra schede, insomma agire in autonomia per portare a termine compiti.

Comet di Perplexity va oltre l’assistenza passiva: è pensato fin dall’origine come browser “agentico”. Supporta prompt che attivano agenti AI che possono operare su pagine web, gestire email e calendari, aprire schede, sintetizzare contenuti.

Microsoft Edge non resta a guardare: la modalità Copilot introduce funzioni simili, integrando modelli AI nel browser per dare all’utente suggerimenti, analisi e operazioni semplificate.

Si può quindi dividere in due “modelli operativi”:

  • Browser con assistenti passivi (analizzano, spiegano, riassumono, propongono)
  • Browser con agenti attivi (eseguono operazioni reali per conto dell’utente)

Questa distinzione è fondamentale. Il primo modello conserva controllo — tu dici, l’assistente spiega. Il secondo modello sposta parte del controllo sull’agente AI: tu assegni il compito, lui tenta di realizzarlo.

Chi guida la rivoluzione: OpenAI, Perplexity e Microsoft
OpenAI ha lanciato Atlas il 21 ottobre 2025, inizialmente su macOS, con piani per Windows, iOS e Android. Il browser è basato su Chromium e integra ChatGPT come nucleo dell’esperienza utente. L’“AI al fianco dell’utente” è parte del posizionamento: la chat è centrale, non accessoria, e gli elementi tradizionali (link, immagine, video) diventano secondari.

Atlas promette anche controlli sulla privacy: i dati di navigazione non vengono usati per l’addestramento dei modelli, e gli utenti possono decidere quali “memorie del browser” attivare.

Su un fronte parallelo, Perplexity ha rilasciato Comet nel luglio 2025, inizialmente per abbonati Max (200 USD al mese), poi estendendo l’accesso gratuito con modelli freemium. Comet supporta estensioni di Chrome, sincronizzazione, e utilizza l’infrastruttura Chromium per compatibilità tecnica. Il suo agente interno può automatizzare task comuni: riassunti, navigazione, gestione di schede e persino manipolazione di contenuti della pagina.

Comet non è priva di rischi: vengono segnalate vulnerabilità come prompt injection indirette, nelle quali contenuti malevoli incorporati nelle pagine possono essere interpretati come comandi dall’agente stesso. Inoltre, Comet è stato “ingannato” in test acquistando oggetti falsi un promemoria che l’automazione può agire in modo errato.

La mossa di Atlass e Comet spinge i browser tradizionali a reagire. Edge con Copilot è la risposta Microsoft: il colosso integra sensori AI direttamente nell’interfaccia classica del browser, trasformandolo in uno strumento competitivo con le nuove generazioni di browser-agent.

Perché questa rivoluzione conta (e quali sfide porta)
Il passaggio da “navigare” a “collaborare con il web” è radicale. La ricerca non è più limitata a una barra di input: diventa un dialogo. L’utente può delegare compiti: confronti prezzi, gestire prenotazioni, aggregare informazioni multi-tab.

Ma non è magia. Gli agenti AI non sempre comprendono l’intento umano, inciampano in ambiguità, generano risposte sbagliate (le famose hallucinations). Il rischio è che un’automazione “faithful” esegua un’azione errata a tua insaputa.

Sul fronte della pubblicità e del modello economico la posta in gioco è alta: se l’utente delega la navigazione all’agente, quanti clic visibili rimangono per gli advertiser? Alcuni esperti suggeriscono che i budget pubblicitari potrebbero essere “bruciati” da agenti che cliccano dove conviene agli algoritmi, non dove l’utente guarda.

C’è poi l’insicurezza tecnica: AI sidebar spoofing, cioè estensioni malevole che imitano l’interfaccia AI per ingannare l’utente e ottenere comandi dannosi, è già stata dimostrata contro Atlas e Comet.

La visione è affascinante: un browser che anticipa, suggerisce e agisce. Ma siamo nelle prime versioni; ogni innovazione importante è anche un esperimento sociale e tecnico. Come ha scritto un osservatore, Atlas potrebbe “eliminare la scoperta, la semplicità e la direttezza del web” trasformando ogni azione in un prompt da decifrare.

Cio che cambierà (o potrebbe cambiare)In ambienti aziendali, un browser agentico può trasformare la produttività: un assistente sempre presente che compila report, naviga documentazione, confronta dati da fonti multiple, tutto senza dover alternare continui contesti. Immagina un developer che chiede “Compara questa libreria con questa in base alla sicurezza” mentre il browser agisce autonomamente.

Nel mondo dei media digitali la dipendenza da click e traffico potrebbe essere messa in crisi: se gli utenti leggono risposte sintetiche da un agente, il valore del contenuto originale può essere ridotto. Alcune aziende come Perplexity stanno sperimentando modelli di revenue sharing con editori quando i loro articoli vengono citati dalle risposte AI.

Sul piano dell’adozione, queste tecnologie spesso nascono in versioni “preview” o riservate: Atlas (per ora solo su macOS) e Comet (inizialmente riservato a utenti Max) lo testimoniano. Quando la tecnologia si stabilizzerà e gli utenti comuni potranno accedervi facilmente, assisteremo a un cambiamento di paradigma.

Srivere nel browser, delegare alla AI
Oggi stiamo passando dalla “command line del sito web” all’“intent line del browser”: non digitiamo URL, forniamo obiettivi. “Trova per me il miglior volo Milano-Tokyo sotto 600 € in agosto” è un comando, non una query. Il browser agentico traduce, esplora, negozia.

L’evoluzione è ancora incerta: malfunzionamenti, problemi di sicurezza, costi di infrastruttura, conflitti tra agenti concorrenti. Ma chi governerà questo livello di interfaccia OpenAI? Google con Gemini dentro Chrome? Browser dedicati come Dia? sta definendo chi controllerà l’“ultima interfaccia” con la rete.

Alla fine la domanda non è “avremo browser AI?” è “quale agente ci rappresenterà sulla rete?”