Third Quarter Results 2025
Per mesi, Wall Street aveva iniziato a parlare di Amazon come di un gigante un po’ stanco, seduto sulla sua stessa eredità. Un colosso dell’e-commerce che arrancava nel cloud, superato dalla narrativa entusiasta di Microsoft e Google sul futuro dell’intelligenza artificiale. Poi, all’improvviso, la nuvola si è diradata. Con un’accelerazione della crescita di AWS fino al 20% nel terzo trimestre, Amazon ha rimesso in discussione il racconto dominante: quello di una società che stava perdendo terreno proprio nel suo campo più redditizio.
La verità è che la performance di AWS non è solo una questione contabile, ma un segnale strategico. Per la prima volta dalla fine del 2022, la divisione cloud più grande del mondo ha mostrato un ritmo di espansione che somiglia più a quello di un’azienda in piena spinta che a un’entità matura. Gli investitori, che avevano punito il titolo per mesi, hanno reagito come se fosse arrivato ossigeno puro: +13% nelle contrattazioni after-hours. Una boccata di fiducia che Amazon aveva disperatamente bisogno di riconquistare, soprattutto dopo aver bruciato liquidità per oltre 30 miliardi di dollari in investimenti infrastrutturali legati all’AI.
Andy Jassy, con la calma glaciale di chi deve convincere il mercato di non star perdendo la bussola, ha difeso la strategia. “Con la stessa rapidità con cui stiamo aumentando la capacità produttiva, ne stiamo ricavando profitti”, ha dichiarato durante la conference call. È la classica frase che un CEO pronuncia quando sa che gli analisti stanno facendo i conti a margine lordo e trovano qualcosa che non quadra. Tuttavia, dietro le parole, c’è una realtà più concreta: Amazon sta costruendo il suo impero AI dal basso, mattone dopo mattone, chip dopo chip.
La mossa più interessante, e meno compresa, riguarda il chip Trainium. Sviluppato internamente, rappresenta la risposta di Amazon ai processori specializzati di NVIDIA e alle soluzioni di calcolo accelerato che Microsoft sta integrando in Azure. Il messaggio è chiaro: se l’intelligenza artificiale è il nuovo petrolio, Amazon vuole possedere non solo i giacimenti (i data center) ma anche le raffinerie (l’hardware proprietario). È una strategia verticale, costosa, ma potenzialmente esplosiva in termini di margini futuri.
Il paragone con i concorrenti resta inevitabile. Microsoft Azure cresce del 39% anno su anno, Google Cloud sfiora il 36%. Numeri da startup più che da conglomerati globali. Ma qui si nasconde il paradosso che molti analisti fingono di ignorare: quando si parte da una base più piccola, è facile mostrare tassi di crescita vertiginosi. AWS, con i suoi 132 miliardi di dollari di fatturato annualizzato, è un mostro che si muove con la lentezza di una corazzata, ma ogni punto percentuale di crescita vale miliardi di dollari reali. Microsoft, pur avendo raggiunto i 75 miliardi di ricavi annuali da Azure, resta ancora lontana in termini di scala operativa.
La vera partita, però, non si gioca solo sulla crescita percentuale. Si gioca sulla capacità di trasformare l’AI in un ecosistema commerciale integrato. In questo senso, Amazon parte da un vantaggio che nessun altro possiede: un flusso di dati di consumo e logistica che attraversa l’intero pianeta. Mentre Microsoft e Google competono per vendere piattaforme di AI alle imprese, Amazon ha la possibilità di applicarla internamente, migliorando i processi di magazzino, le raccomandazioni dei prodotti e persino la gestione del traffico nei propri data center.
Il mercato ha sottovalutato la portata di questa sinergia. L’idea che AWS potesse perdere terreno nasceva da una percezione più che da un’analisi sostanziale. L’AI ha catalizzato l’attenzione su chi produce i modelli, non su chi fornisce la potenza di calcolo per addestrarli. Ma senza l’infrastruttura cloud di AWS, gran parte delle promesse dell’intelligenza artificiale resterebbe confinata ai laboratori. È il paradosso della modernità: i protagonisti cambiano, ma il palcoscenico resta sempre lo stesso.
Negli ultimi nove mesi Amazon ha speso più in investimenti in conto capitale di quanto abbia generato in liquidità operativa. Una follia apparente, ma in realtà un calcolo di potenza. Jassy sta puntando su un ritorno di lungo periodo, in cui la costruzione dei data center AI diventa il nuovo motore di crescita, non un costo. E mentre gli analisti si chiedono se questo sforzo possa comprimere i margini, la storia di Amazon dimostra che l’azienda è in grado di trasformare ogni spesa infrastrutturale in un vantaggio competitivo strutturale.
Il quarto trimestre, gonfiato come sempre dalle vendite natalizie, sarà la cartina di tornasole. Se il flusso di cassa tornerà positivo e AWS manterrà il ritmo del 20%, la narrativa cambierà definitivamente. Da gigante in crisi a piattaforma rinata grazie all’intelligenza artificiale. Non sarebbe la prima volta che Amazon sovverte le aspettative: chi la dava per finita nel retail si ritrovò di fronte al suo dominio nel cloud. Chi oggi la vede arrancare sull’AI potrebbe ritrovarsi a breve a parlare di leadership hardware e software integrata.
La verità è che Amazon non è mai stata un’azienda che gioca per il trimestre. Gioca per il decennio. I suoi rivali hanno costruito un racconto più elegante, ma nessuno ha ancora dimostrato la stessa capacità di scalare fisicamente il futuro. L’AI, per Amazon, non è una promessa da comunicato stampa. È un investimento da cento miliardi che trasforma il modo in cui funziona il pianeta. Forse è per questo che la nuvola di dubbi che la circondava si sta lentamente dissolvendo. O forse, più semplicemente, perché il mercato ha ricordato che dietro le nuvole, alla fine, c’è sempre il sole.