CoreWeave, la star emergente del cloud per l’intelligenza artificiale, ha visto la sua corsa alle acquisizioni subire una brusca frenata quando gli azionisti di Core Scientific hanno respinto la proposta da 9 miliardi di dollari per rilevarne i data center. Il piano avrebbe trasformato CoreWeave da affittuaria a proprietaria dell’infrastruttura critica per i chip AI, rafforzandone il controllo e tagliando miliardi di costi in leasing. La bocciatura riflette dubbi sulla sostenibilità del titolo, gonfiato dal boom post-IPO, e riapre la partita nel mercato in ebollizione dei data center per l’intelligenza artificiale, dove CoreWeave resta comunque un predatore in cerca di prede.
Ora CoreWeave si trova in una sorta di limbo strategico: le ambizioni restano, ma la traiettoria ha subito un momento di stallo. Eppure la partita non è andata in porto.
Perché il “no” degli azionisti? Innanzitutto per una questione di valuta d’acquisizione: l’offerta era interamente in azioni di CoreWeave, basata su un rapporto fisso (per ogni azione di Core Scientific si ottenevano 0,1235 azioni di CoreWeave). Quando un’offerta è in azioni, come in questo caso, il rischio per l’acquirente è che la propria quotazione (e dunque il “valore”) cali, e che i venditori finiscano per ricevere meno di quanto pensassero. E infatti gli azionisti di Core Scientific hanno sollevato dubbi proprio su questo punto: “siamo vulnerabili alle oscillazioni del titolo di CoreWeave” è stato il succo del ragionamento. In più la quotazione di CoreWeave era salita di quasi il 240% dalla IPO di marzo, il che teoricamente dava “valuta” potente per acquisizioni, ma al tempo stesso alimentava anche il sospetto che quel valore fosse un po’ gonfiato.
Il giorno del voto ha visto il titolo di CoreWeave calare di oltre il 6% alla notizia della bocciatura. (Riportato come “quasi 5%” in alcuni resoconti) In sostanza: CoreWeave aveva fatto il massimo sforzo, ma il contesto di mercato, la struttura del deal e il timing hanno giocato contro.
E adesso? Da CTO/CEO con 30 anni di leadership digitale lo vedo così: CoreWeave non è morta strategicamente, ma ha scelto o è stata costretta a mettere in pausa la fase di “acquisizione bulimica” verso operatori di data centre. Le alternative ci sono, e vanno vagliate. Il mercato dell’infrastruttura AI è fremente, i data centre diventano terreno di conquista, e un’azienda che affitta capacità da un’altra ha sempre un “rischio fornecedor” incorporato. Possedere l’infrastruttura ti dà controllo, margini migliori, debito più appetibile… Tutti elementi che CoreWeave stava cercando.
In questo scenario di stallo ci sono almeno tre osservazioni provocatorie: primo, il fatto che gli azionisti di Core Scientific abbiano detto no significa che ritengono che il valore potenziale di standalone sia più alto del prezzo offerto: un segnale che il mercato dei data centre AI non è più solo “fare scaletta”, è diventato “valore reale”. Come ha scritto un analista: “under the math of the deal today, I would have to vote no”. Second, CoreWeave dovrà gestire il suo modello molto indebitato. Ha un debito che, al 30 giugno, ammontava a 11,1 miliardi di dollari con circa 1,2 miliardi di liquidità. (Questo dato è tratto dal testo che mi hai fornito) Questo significa che se il finanziamento non viene gestito con disciplina, il conto può arrivare veloce. Terzo: l’acquisizione in futuro resta verosimile – in effetti la logica strategica non cambia – ma il “quando” e “come” probabilmente cambieranno: magari un accordo più modulare, magari con protezioni per gli azionisti venditori, magari con struttura mista azioni + contanti.
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CoreWeave ha visto una porta spalancarsi verso il possesso diretto dell’infrastruttura data centre, ma la porta si è richiusa (almeno temporaneamente). Rimane il corridoio laterale: accordi alternativi, acquisizioni più piccole, magari partnership strategiche. In fondo, in raid di acquisizione come questi, non conta solo la destinazione finale: conta la mossa successiva, la capacità di non perdere momentum.