Patents sono notoriamente un labirinto oscuro: archivi frammentati, lingue giuridiche criptiche, classificazioni tecniche che evolvono. Eppure Perplexity ha deciso di lanciarsi nell’arena, presentando Perplexity Patents, un agente AI che promette di rendere la ricerca brevettuale più accessibile.
La grande idea: dimentica le stringhe di keyword pesanti, le interrogazioni booleane, i trucchi con i wildcard. Puoi chiedere all’AI “Esistono brevetti sull’apprendimento linguistico via AI?” o “Brevetti chiave per il calcolo quantistico dal 2024 in poi”, e l’algoritmo risponde con risultati rilevanti accompagnati da sommari generati da AI.
Ma la vera scorciatoia — quella che potenzialmente rompe il collo del sistema tradizionale — è che Perplexity afferma di andare oltre la semplice corrispondenza di parole chiave. Se cerchi “fitness trackers”, dice l’azienda, l’agente restituirà anche brevetti con termini correlati come “activity bands”, “orologi contapassi” o “orologi per salute”.
E ancora: non si limita ai database brevettuali ufficiali, ma esplora anche documenti accademici, repository software, archivi tecnici per individuare arte anteriore (“prior art”).
Per il periodo beta, l’uso è gratuito per tutti; chi ha abbonamenti Pro o Max ottiene quote d’uso maggiori e opzioni di configurazione aggiuntive.
Punti forti e le insidie che nessuno mette sul tavolo
Da CTO abituato a osservare le ombre dietro i riflettori, qui vedo motivi per essere ottimista ma anche per alzare le sopracciglia.
abbattimento della barriera tecnica
Molti innovatori, startup, inventori indipendenti rinunciano alla ricerca brevettuale per complessità e costi. Un’interfaccia conversazionale può democratizzare l’accesso all’intelligenza brevettuale, consentendo di esplorare il panorama IP anche senza formazione legale.
scoperta semantica e correlata
Il salto promesso che “fitness tracker” richiama “activity bands” suggerisce che l’algoritmo incorpora modelli semantici e reti concettuali. Se funzionasse bene (e non solo nei casi facili), sarebbe un vantaggio competitivo importante rispetto ai motori brevettuali tradizionali, che restano rigidamente legati alla tassonomia di classi e parole chiave.
integrazione di fonti non brevettuali
L’idea che l’agente cerchi arte anteriore in paper, codici open-source, presentazioni tecniche è audace. In molti casi i brevetti vengono invalidati o aggirati proprio grazie a evidenze “non brevettuali” e pescare lì dentro è cruciale.
Ma ecco le insidie:
accuratezza, incompletezza, “hallucination”
Se l’AI produce sommari, non è detto che siano sempre esatti. Può confondere claims, tirare conclusioni facili, saltare dettagli critici. E quando l’AI trova “relazioni semantiche”, può introdurre rumore: un brevetto che appare correlato non significa che sia rilevante legalmente.
copertura mondiale e aggiornamento
I database brevettuali variano da paese a paese, e non tutti sono subito aggiornati. Il successo di uno strumento come Perplexity Patents dipende dalla completezza se manca qualcosa in Cina, Brasile, India, potresti perdere pezzi essenziali.
rischio legale implicito
Chi controlla le fonti? Se l’AI attinge a materiali coperti da copyright (paper, repository, testi), potrebbe incorrere in problemi di licenza o diritto d’autore. E dato che Perplexity già affronta cause legate a contenuti (come quella Britannica), la questione è sensibile.
eccessiva fiducia nella “scorciatoia tecnologica”
Un agente AI non sostituisce il giudizio di un esperto di proprietà intellettuale, né l’analisi legale. Se chi lo usa assume che basta “digitare il problema” e avere copertura garantita, può ritrovarsi scoperto davanti a un contenzioso.
In comparazione con gli strumenti tradizionali
Il metodo classico prevede motori brevettuali come USPTO, EPO, WIPO, servizi IP specializzati, banche dati (Lexis, Derwent, PatBase) con query boolean e tassonomie complesse. È lento e richiede competenza.
Di recente, anche altri strumenti AI e “ibridi” stanno emergendo: startup che offrono interfacce semantiche, filtering automatico, visualizzazioni. In uno studio GreyB sui migliori database brevettuali AI nel 2025, Perplexity dovrebbe inserirsi in quella nuova generazione.
Ma finora nessuno ha dominato il mercato: ogni strumento ha limiti (copertura, costo, affidabilità).
Scenari d’uso interessanti (e caveat)
Immagina un founder AI che voglia sapere se la sua idea per un “modello linguistico personalizzato per bambini” è brevettabile: basta chiedere e ottenere un panorama con brevetti simili, lacune e suggerimenti. Oppure un grande gruppo che voglia mappare lo stato dell’arte in “quantum computing” dal 2024 in poi: risparmi ore di ricerca manuale.
Ma attenzione: in ambito strategico (fusioni, acquisizioni, contenziosi) nessuno accetterà semplici output AI come prova. È un punto di partenza, non il documento legale finale.
Una domanda che mi pongo da esperto del digitale
Chi controlla il modello sottostante? Quanto è trasparente il processo che “estende” la ricerca semantica? Se l’AI decide che “orologi per benessere” sono correlati a “fitness trackers”, su quale base lo fa? E se introduce errori sistematici o bias in certi domini tecnici?