A volte basta uno script su GitHub per far emergere ciò che le statistiche ufficiali non diranno mai. Un piccolo repository chiamato RemoveWindowsAI ha trasformato in realtà ciò che molti utenti raccontavano sottovoce da mesi, una crescente insofferenza verso l’intelligenza artificiale integrata in Windows 11. La scena è quasi comica se non fosse incredibilmente rivelatrice, l’azienda che spinge verso l’AI PC come destino inevitabile e una fetta sempre più ampia di utenti che corre nella direzione opposta, armata di script, chiavi di registro e molta creatività. La keyword che domina questo scenario è intelligenza artificiale Windows 11, mentre tra le correlate emergono Windows Recall e Copilot Windows 11 come poli magnetici di un dibattito che si fa ogni giorno più acceso.
Un’analisi puntuale del fenomeno mostra come la storia del progetto sia la classica fiammata open source che si accende quando il mercato percepisce un vuoto, in questo caso un desiderio collettivo di riprendere il controllo su un sistema operativo che sempre più utenti avvertono come invadente. Il fatto che lo script possa rimuovere o disattivare elementi come Copilot, Recall e gli add-on generativi integrati in Paint e Notepad racconta il paradosso di un ecosistema che voleva semplificare la vita e invece finisce per suscitare sospetti. Una voce particolarmente tagliente su X lo ha sintetizzato con un certo cinismo, dicendo che l’unica AI di cui possiamo fidarci è quella che rimane disinstallata. Il post ha superato le trecentomila visualizzazioni in poche ore, sintomo dell’effetto domino che può esercitare una comunità stanca delle innovazioni servite in modalità take it or leave it.
Una caratteristica interessante dello script è la sua natura chirurgica. Non è il solito debloater generico, è un set di operazioni che interviene su registri, AppX nascosti, pacchetti di aggiornamento e processi di reinstallazione automatica. La logica interna è piuttosto affilata, bloccare non solo la funzione ma anche il suo ritorno fantasma tramite Windows Update. Chi conosce bene l’architettura di Windows sa quanto questo sia un dettaglio tecnicamente rilevante, perché l’ecosistema Microsoft tende a ripristinare i propri mattoni fondamentali come se avesse un istinto di autoconservazione. Alcuni sviluppatori hanno commentato che fermare Copilot è un po’ come tentare di svuotare il mare con un cucchiaio, ma a quanto pare il cucchiaio di zoicware funziona meglio di tanti strumenti più blasonati.
Una dinamica sempre affascinante riguarda la componente sociale del progetto. I novecento trentotto star sono il segnale che qualcosa sta ribollendo sotto la superficie. Un progetto open source che sfiora i mille consensi in pochi giorni è un indicatore prezioso per misurare tensioni e aspettative verso la tecnologia mainstream. La mancanza del numero di download è un peccato statistico, perché resta la curiosità su quanto realmente sia esploso l’utilizzo dello script nel mondo reale. Alcuni osservatori hanno ipotizzato numeri molto superiori, spiegando che gran parte degli utenti attenti alla privacy non lascia tracce né commenti, si limita a installare e sparire nell’ombra digitale da cui è arrivata la protesta.
Una parte fondamentale del contesto riguarda Windows Recall, quel sistema di snapshot periodici che crea una cronologia visiva delle attività dell’utente, presentato come una rivoluzione e accolto con sospetto quasi unanime. La sua reintroduzione nel 2025 in modalità opt in, con crittografia e controlli locali, non è bastata a dissipare i dubbi. Molti utenti continuano a percepirlo come un meccanismo di sorveglianza domestica, un piccolo Panopticon tascabile travestito da assistente di produttività. Alcuni analisti hanno ironizzato dicendo che Recall in inglese significa richiamare alla memoria, mentre in pratica significa ricordarsi di disattivarlo il prima possibile. L’inserimento della funzione nei Copilot+ PC avrebbe dovuto offrire un vantaggio competitivo in termini di elaborazione locale, ma per una parte degli utenti il problema non è dove finiscono i dati quanto il fatto che vengano raccolti.
Una narrazione ancora più intrigante riguarda Copilot, spesso percepito come un’interfaccia onnipresente che tenta di infilarsi in ogni flusso di lavoro. Il tono ironico di alcuni critici parla di un assistente che assomiglia più a un coinquilino invadente che a un supporto intelligente. L’idea di poterlo rimuovere completamente è diventata una sorta di rito iniziatico, un modo per riprendersi la sovranità sul proprio dispositivo. Chi lavora nel campo della trasformazione digitale sa perfettamente che l’accettazione di nuove funzionalità non è mai garantita e che la percezione del controllo è un fattore determinante. Qui la narrazione si complica, creando un paradosso perfetto per qualunque stratega tecnologico, l’AI progettata per ridurre la frizione nell’esperienza utente genera l’effetto contrario creando un mercato spontaneo di strumenti per eliminarla.
Una riflessione più ampia riguarda la relazione tra innovazione e fiducia pubblica. La vicenda dello script, il suo successo improvviso e la popolarità del repository rappresentano un microcosmo dei dubbi che attraversano l’industria tecnologica quando tenta di correre troppo velocemente. Ogni volta che un prodotto introduce nuove funzioni di intelligenza artificiale a livello di sistema operativo, si crea automaticamente una linea sottile tra magia e invasione. Esiste una frase attribuita a un ingegnere anonimo che gira nei corridoi delle big tech, se non serve a migliorare la vita dell’utente allora serve l’utente per migliorare la vita del prodotto. Probabilmente esagera, ma non è un caso se molti osservatori la citano quando parlano dell’integrazione di AI in Windows 11. Il successo dello script mostra che il pubblico percepisce questa sottile distinzione e non è disposto ad accettarla passivamente.
Una curiosità interessante riguarda la gestione delle patch e degli aggiornamenti. Lo script include un pacchetto apposito per bloccare la reinstallazione automatica dei componenti rimossi. Questo dettaglio tecnico ha acceso la fantasia dei commentatori che hanno paragonato Windows Update a un fiume carsico che torna in superficie ovunque lo si provi a deviare. Alcuni utenti sostengono che la funzione potrebbe diventare una sorta di benchmark ironico, misurare quanto tempo impieghi Microsoft a ripristinare ciò che tu hai deciso di eliminare. È una dinamica che dice molto sul rapporto ormai evoluto tra utenti e piattaforme, non più fatto solo di accettazione ma di contrattazione, quasi un braccio di ferro per il controllo del dispositivo.
Una parte del discorso tocca anche le performance. Molti utenti vedono nelle funzionalità AI un peso aggiuntivo per CPU, memoria e soprattutto batteria, specialmente nei dispositivi meno recenti o non ottimizzati. Il problema non è solo l’impatto effettivo ma la percezione di opacità. Un CEO abituato a leggere tra le righe delle roadmap tecnologiche sa che l’AI integrata tende a portare con sé una certa complessità invisibile, processi che girano in background, modelli che devono essere indicizzati, cache che crescono nel tempo. La soluzione artigianale dello script diventa allora un gesto di autodifesa perfettamente coerente per una parte di utenza che pretende trasparenza, controllo e leggerezza operativa.
Una citazione spiritosa attribuita a un commentatore di Reddit recita che Windows 11 è diventato così proattivo che presto sarà lui a chiedermi cosa sto pensando. Questa battuta sintetizza una tensione culturale molto più ampia. L’intelligenza artificiale nei sistemi operativi non è solo una questione di feature ma di filosofia. Il successo di RemoveWindowsAI è la prova che la partita è appena cominciata e che l’equilibrio tra innovazione e autonomia diventerà uno dei terreni più caldi del futuro digitale. A volte basta davvero uno script per ricordare che la tecnologia può essere guidata non solo dalle aziende ma anche dalle scelte informate degli utenti, scelta dopo scelta, chiave di registro dopo chiave di registro.
Repository https://github.com/zoicware/RemoveWindowsAI/