Ci sono nomi che funzionano come metafore. No White Strawberries. non parla di frutti, ma di eccezioni. Di ciò che non dovrebbe esistere e invece esiste, sfidando il prevedibile. È esattamente questo lo spirito della nuova serie di podcast dedicata ai temi di frontiera, dove l’intelligenza artificiale incontra la filosofia, l’ingegneria dialoga con l’etica e la cultura tecnologica si intreccia con le domande che ancora non sappiamo formulare.
Il titolo è un invito alla curiosità, all’anomalia. In un mondo saturo di contenuti omologati, No White Strawberries si impone come un esperimento sonoro, un laboratorio di pensiero in movimento. Qui non si ripetono le stesse opinioni su AI e futuro, ma si ascolta come menti diverse filosofi, ingegneri, accademici e manager visionari decostruiscono le certezze della modernità digitale. “Noi accendiamo le voci, tu liberi la curiosità”: più che uno slogan, una filosofia.
La prima stagione parte dal punto in cui la fantascienza ha smesso di essere finzione e ha iniziato a confondersi con la cronaca. Il primo episodio, “I sistemi artificiali e la comprensione”, con Mario De Caro, Professore di Filosofia Morale a Roma Tre e docente alla Tufts University negli Stati Uniti, esplora i limiti della comprensione umana di fronte alle nuove forme di intelligenza sintetica. Dall’inquietante bagliore rosso di HAL 9000 ai paradossi cognitivi delle reti neurali contemporanee, si apre un dialogo che scuote certezze, ribalta prospettive e interroga la stessa idea di coscienza.
De Caro parla di linguaggio, emozioni e consapevolezza con la serenità di chi sa che il confine tra l’uomo e la macchina non è più una linea, ma una zona grigia dove entrambi si riflettono. È una conversazione che richiama il pensiero di Turing e il sarcasmo di Alan Watts, in cui la tecnologia smette di essere strumento e diventa interlocutore. Un gioco di specchi in cui ci si chiede chi, esattamente, stia osservando chi.
A costruire questa architettura di idee ci sono altri nomi di peso. Sergio Barbarossa, docente alla Sapienza e ricercatore della SSAS, che esplora l’intelligenza distribuita come ecosistema e non come macchina singola. Alessandro Melis, professore al New York Institute of Technology, che porta la prospettiva dell’architettura adattiva e della città come organismo cognitivo. Enrico Panai, presidente dell’Associazione di Etica dell’Intelligenza Artificiale, che mette in discussione il mito della neutralità dei dati e ancora Gino Roncaglia, Giovanni Guzzetta e Giampiero Obiso, ognuno con una prospettiva che aggiunge profondità a questo dialogo collettivo sulla nostra era algoritmica.
No White Strawberries. è una serie che non vuole dare risposte, ma innescare cortocircuiti mentali. È costruita per chi non si accontenta delle semplificazioni da social media e vuole capire come la tecnologia stia riscrivendo la grammatica della realtà. In un panorama dove la parola “innovazione” è ormai inflazionata, questo progetto restituisce alla riflessione tecnologica una dimensione umana, imperfetta, ma autentica.
Ogni episodio è una sfida all’ascoltatore. Non si tratta di consumare contenuti, ma di partecipare a un esperimento di comprensione collettiva. La voce diventa strumento di scoperta, il suono un territorio da attraversare. L’obiettivo non è convincere, ma provocare.
Nel mondo delle white strawberries., tutto appare perfettamente calibrato, prevedibile, privo di attrito. Qui invece regna l’attrito, la frizione creativa che genera idee e, a volte, nuove domande. È la differenza tra ascoltare e pensare.
La curiosità non è più un lusso, ma una necessità. Ed è proprio questa la promessa implicita del progetto: offrire spazi di pensiero in un’epoca che tende a cancellarli. Perché comprendere l’intelligenza artificiale non significa solo studiare le macchine, ma osservare come esse ci costringono a ridefinire la nostra stessa intelligenza.
No White Strawberries. è, in fondo, un invito a non smettere di stupirsi. A ricordare che il futuro non va temuto, ma interrogato. Con ironia, con rigore e con quella dose di disobbedienza intellettuale che distingue le menti curiose da quelle semplicemente informate.