Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Ambrogio Regolo AI e il sogno infranto della gestione documentale

Martedì 27 maggio abbiamo partecipato al convegno “Intelligenza Artificiale e Business Application”, organizzato da Soiel International a Roma.

Nel corso dell’evento, Paolino Madotto (CISA, CGEIT) ha presentato Ambrogio, l’assistente virtuale sviluppato da Intelligentiae – data enabling business. Quante volte vi siete trovati a cercare un documento, un file o un’informazione dentro una selva oscura di cartelle digitali, archivi confusionari, backup che sembrano ordinati solo agli occhi di chi li ha creati? Nel 2025, quando ormai dovremmo parlare di “smart working” e “digital first” come un dogma, le aziende continuano a perdere tempo e denaro inseguendo dati che sembrano evanescenti.

Ambrogio, l’AI made in Italy targata Intelligentiae, si propone come il deus ex machina di questa tragedia moderna, promettendo una rivoluzione nella gestione documentale aziendale che ha il sapore di una rinascita digitale.

Tradurre l’intelligenza: DeepSeek-R1 sfida GPT-4o sulle GPU MI300X di Seeweb

Siamo ormai nel pieno del barocco dell’intelligenza artificiale. Gli LLM (Large Language Models) sono diventati le nuove cattedrali digitali, costruite con miliardi di parametri e sorrette da GPU che sembrano più reattori nucleari che schede video. In questo panorama di potenze mostruose, dove i soliti noti (OpenAI, Google, Anthropic) dettano legge, si insinua un nome meno blasonato ma decisamente audace: DeepSeek-R1. Non solo open source, ma anche titanico 671 miliardi di parametri, per chi tiene il conto.

La provocazione è chiara: “possiamo competere con GPT-4o, Gemini e soci… e magari anche farlo girare nel vostro datacenter, se siete abbastanza matti da provarci”. Ma è davvero così? Ecco dove entra in scena Seeweb, con la sua Cloud GPU MI300X una vera bestia, con 8 GPU AMD MI300X e un terabyte e mezzo di VRAM a disposizione. E abbiamo deciso di scoprire se tutto questo è solo hype o se c’è ciccia sotto il cofano.

Aiip compie 30 anni e non li dimostra: visione, rete e un futuro tutto da cablare

Trent’anni e non sentirli: Aiip festeggia, l’Internet italiano resiste 🇮🇹

Oggi, nella sfarzosa Sala della Regina a Montecitorio dove di solito riecheggiano discorsi impolverati e cerimonie da Prima Repubblica è andata in scena una celebrazione che, in un Paese che ama seppellire l’innovazione sotto regolamenti arcaici, ha il sapore della piccola rivoluzione.

Trent’anni di Aiip. L’Associazione Italiana Internet Provider. Fondata quando i modem facevano rumore, i bit costavano caro e parlare di “concorrenza” nel settore telecom era un eufemismo. O una bestemmia. Eppure eccola lì, viva, vegeta, e paradossalmente più lucida di molti dei suoi (presunti) eredi digitali.

E no, non è la solita autocelebrazione da ente stanco. Perché Antonio Baldassarra che non si limita a esserci, ma ci mette del suo è salito sul palco con quella combinazione rara di competenza tecnica e provocazione lucida che solo chi ha il coraggio di dire la verità riesce a maneggiare.

“Il futuro non si prevede, si costruisce”, ha detto. Chi lavora con la rete lo sa: non si tratta solo di cavi e pacchetti IP, ma di visione. Di scegliere da che parte stare. E Aiip, in questi decenni, ha fatto una scelta netta: quella della libertà, della neutralità, della concorrenza vera.

L’inferenza invisibile che controlla il mondo

In un angolo buio delle architetture cloud, là dove le CPU sussurrano segreti e le GPU si trastullano con petabyte di dati, esiste un’entità di cui nessuno parla: l’inference provider. È l’anima silente dei servizi AI, la colonna sonora non registrata del grande spettacolo dell’intelligenza artificiale. Eppure, non troverete articoli in prima pagina, né conferenze che osino mettere sotto i riflettori questi demiurghi dell’inferenza.

Ha dell’assurdo: i modelli di inferenza stanno diventando la linfa vitale di ogni applicazione smart, dall’analisi predittiva al riconoscimento vocale. Eppure, restano in ombra, considerati “commodity” o “eri low level” da marketer in cerca di titoli roboanti. Come se parlare di inference provider fosse banalizzare l’AI, ridurla a una scatola nera senza fascino.

L’inferenza in Europa: tra sovranità digitale e rincorsa tecnologica AI

In un continente dove la burocrazia è più veloce della fibra ottica e l’innovazione spesso si arena tra commi e regolamenti, l’Europa tenta di ritagliarsi uno spazio nel panorama dell’intelligenza artificiale. Mentre Stati Uniti e Cina avanzano a passo spedito, il Vecchio Continente si barcamena tra ambizioni di sovranità digitale e una realtà fatta di frammentazione e ritardi.

Eppure, nonostante tutto, qualcosa si muove. Una nuova generazione di provider di inferenza AI sta emergendo, cercando di offrire soluzioni che rispettino le normative europee e, al contempo, competano con i colossi d’oltreoceano.

DHH e il warrant da record: quando il mercato ti spalanca le porte con otto volte la domanda

Quando il mercato ti dice “Sì, grazie, ne vogliamo di più”, non è mai solo fortuna. DHH S.p.A. ha appena passato un crocevia decisivo con la presentazione della domanda a Borsa Italiana per l’ammissione a quotazione del “Warrant DHH S.p.A. 2025-2028”, ma la notizia più succosa non è questa. Il vero scoop è che il collocamento del warrant ha fatto il botto: l’intera emissione di poco più di un milione di titoli è andata esaurita in un battito di ciglia, con richieste che hanno superato la soglia degli otto milioni.

Cloud made in Europe: sovranità, GDPR e il sogno norvegese che forse non c’è

Let’s be honest, the European cloud narrative is tired of playing second fiddle to AWS, Google Cloud e Microsoft Azure. La retorica dell’autonomia digitale europea è una litania da Bruxelles, ma finalmente, nel concreto, qualcosa si muove. E mentre gli americani si mangiano il 70% del mercato cloud europeo, qualcuno — in Europa — ha deciso che forse è ora di cambiare musica. Più che una rivoluzione, è un’inferenza: si chiama REGOLO:AI, e la parola d’ordine è cloud europeo.

Dietro al sipario dei big tech si agita un ecosistema in fermento, composto da provider nativi europei che mettono al centro sovranità dei dati, conformità GDPR e un pizzico di sostenibilità ambientale — non solo come marketing greenwashing, ma come parte dell’architettura stessa. Il punto? Il cloud è infrastruttura critica. Affidarlo a entità sotto giurisdizione USA è come lasciare le chiavi della cassaforte a un vicino affabile ma con precedenti per furto con scasso.

E allora: esiste un’alternativa europea? Sì. Anzi, esistono almeno 13 provider che dovresti già conoscere. Ma… aspetta. Prima la domanda cruciale.

Kubernetes, GPU e Storage: l’epifania delle aziende che vogliono sopravvivere al futuro

Nel panorama schizofrenico dell’IT moderno, dove ogni giorno un CTO si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del legacy per non restare indietro, l’adozione di Kubernetes è l’equivalente di una sveglia ben assestata. Ma attenzione, non è solo una moda o l’ennesimo feticcio tecnologico da esibire nelle slide del consiglio di amministrazione: è il substrato, la base, il concime tecnico per far crescere davvero un’infrastruttura agile, resiliente e pronta a flirtare con le tecnologie emergenti senza sudare troppo.

Kubernetes, come ben spiegato qui, non è solo orchestrazione, è strategia. È il linguaggio infrastrutturale con cui le aziende intelligenti oggi scrivono il loro futuro. Ed è proprio su questa architettura modulare e scalabile che è possibile costruire ambienti di calcolo dinamici, nei quali GPU, serverless e storage non sono più parole scollegate ma pezzi coerenti di un puzzle ad altissima complessità.

Sovranità digitale e AI: perché il DDL Meloni è l’inizio di una rivoluzione strategica per l’Italia

C’è una certa retorica che, quando si parla di tecnologia e pubblica amministrazione, tende a oscillare tra l’allarmismo catastrofista e l’idealismo tecno-utopico. Il DDL sull’intelligenza artificiale, noto come Atto 1146, approvato dal Senato il 20 marzo 2025, ha acceso entrambe le micce. Eppure, al netto del rumore, c’è una verità semplice: per la prima volta, l’Italia sta tentando di scrivere una strategia industriale coerente in un ambito — quello dell’AI e del cloud, in cui finora abbiamo giocato solo da comparse.

Certo, il dibattito si è acceso in particolare sull’articolo 5 del disegno di legge, che stabilisce che “lo Stato e le altre autorità pubbliche” devono orientare le proprie piattaforme di e-procurement verso fornitori di AI che garantiscano la localizzazione e l’elaborazione dei dati strategici su data center in Italia. Non è un vezzo autarchico, ma un segnale preciso: i dati strategici, come l’energia o la difesa, non possono essere affidati a chiunque. Pretendere che il cloud della PA risieda in territorio nazionale significa affermare un principio di accountability e controllo operativo che non è più rimandabile. E non è affatto una provocazione: è una scelta politica e tecnologica matura.

L’illusione della neutralità: perché le IA pendono tutte a sinistra, Grok compreso

Nel disperato tentativo di sottrarsi a una tempesta mediatica, il deputato di La France Insoumise (LFI) Paul Vannier ha deciso di giocarsi la carta dell’Intelligenza Artificiale. La polemica è nata da un manifesto del partito in cui Cyril Hanouna, noto conduttore televisivo francese, veniva raffigurato in un modo che molti hanno ritenuto essere una caricatura antisemita. Quando le critiche sono esplose, Vannier ha provato a dare la colpa a Grok, l’IA generativa sviluppata da XAI, l’azienda di Elon Musk. Il ragionamento? Grok sarebbe intriso delle “idee nauseabonde” del suo creatore, e quindi responsabile del risultato finale.

Se non fosse grottesco, sarebbe quasi brillante: l’IA diventa una comoda scusa per l’irresponsabilità politica. Vannier non si ferma a dire che il suo partito ha fatto un errore, ma scarica la colpa direttamente su un software. Il sottotesto è chiaro: non è colpa di chi ha usato l’IA, né di chi ha pubblicato l’immagine, ma di Musk e del suo algoritmo. Insomma, una colpevolizzazione tecnologica che permette agli Insoumis di schivare l’accusa di antisemitismo.

Il problema? L’Intelligenza Artificiale non è un’entità autonoma con opinioni o pregiudizi propri. Non fa altro che generare output sulla base di input umani. Se l’algoritmo ha prodotto un’immagine problematica, è perché qualcuno gli ha chiesto qualcosa in un certo modo, e poi qualcun altro ha deciso di pubblicarla. Non è stato Musk a postarla sui social ufficiali di LFI, né tantomeno a validarne la diffusione.

Il futuro della governance dell’intelligenza artificiale: Private AI, AI Act e sostenibilità per un modello più sicuro nelle imprese

L’intelligenza artificiale è la grande rivoluzione tecnologica del nostro tempo, ma la sua governance resta un tema aperto e controverso. Durante l’evento organizzato da Seeweb ed EuropIA, l’esperto di affari istituzionali Dario Denni ha sottolineato come l’attenzione normativa dovrebbe essere posta più sui dati che sui sistemi. Un’affermazione che sembra quasi scontata, ma che in realtà tocca il cuore di uno dei problemi più rilevanti del momento: mentre sui dati personali esiste una solida normativa, come il GDPR, e una giurisprudenza consolidata, lo stesso non si può dire per i dati aziendali. Eppure, questi ultimi rappresentano un asset strategico fondamentale, spesso più prezioso di qualsiasi brevetto o proprietà industriale.

Le imprese che affidano i propri dati a sistemi globali di IA devono essere consapevoli di un rischio sottovalutato: la perdita del diritto di sfruttamento esclusivo. I dati, una volta elaborati da un modello IA, possono diventare parte del suo “know-how”, alimentando sistemi che potrebbero non solo imparare da essi, ma anche utilizzarli per generare output che avvantaggiano terze parti. Questo scenario crea un problema di governance enorme, che non può essere ignorato.

Stefano Quintarelli: Come Microsoft ha testato 100 prodotti di intelligenza artificiale generativa per scovarne le vulnerabilità

All’evento di Seeweb e Istituto EuropIA.it “Private AI”, Stefano Quintarelli Informatico, imprenditore seriale ed ex professore di sistemi informativi, servizi di rete e sicurezza, ha portato un esempio, tra i tanti, reti neurali, sistemi predittivi etc, che ho trovato interessante e vorrei condividere con i nostri lettori: “Lessons from red teaming 100 generative AI products Authored by: Microsoft AI Red Team”, che trovate in allegato.

Stefano Quintarelli, ha recentemente sollevato un punto cruciale riguardo alla sicurezza dell’intelligenza artificiale (IA), evidenziando una verità fondamentale che spesso viene sottovalutata. La sua affermazione che la sicurezza dell’IA non sarà mai “completata” è una riflessione profonda che tocca uno degli aspetti più critici nell’evoluzione della tecnologia. Con il costante avanzamento delle tecnologie, la protezione da minacce potenziali diventa un campo in continua espansione, mai definitivo. Questo concetto va oltre la semplice sicurezza dei sistemi: implica una continua adattabilità delle misure di protezione e una vigilanza costante rispetto alle vulnerabilità emergenti.

La Vespa dell’Intelligenza Artificiale: Nicola Grandis e il Modello Vitruvian, fare scala

Il 6 marzo a Milano si è parlato di Private AI in un evento in collaborazione con Seeweb e Istituto EuropIA con il keynote dell’esperto Nicola Grandis. Con la sua esperienza in ASC27, si occupa di Intelligenza Artificiale dal 2020, collaborando con numerose industrie italiane ed europee. Da novembre 2022, con l’avvento di ChatGPT, ha notato un fenomeno interessante: il modello suscitava sorpresa, ma anche perplessità. Questo perché ChatGPT è essenzialmente un prodotto consumer, non business, e non può essere scalato a dismisura con risorse energetiche come centrali nucleari da 5GW.

ASC27, partecipando a gruppi di ricerca internazionali, ha percepito l’arrivo di una nuova tendenza nell’IA: il post-training dei modelli. Questo è dovuto al raggiungimento di un plateau nei Large Language Model (LLM). ASC27 ha intercettato questa parabola, ma a differenza del modello Deepseek da 250B, ha scelto di concentrarsi su un modello più agile da 14B, Vitruvian, adatto alle esigenze dell’industria italiana ed europea.

Seeweb e mii-llm: l’influenza occulta dei bias: strategie politiche e sicurezza nell’era degli LLM

In un contesto globale in cui l’intelligenza artificiale si sta rapidamente affermando come motore di innovazione e trasformazione, Seeweb (CEO Antonio Baldassara) un Cloud Computing Provider italiano ha affidato a (Made in Italy LLM) mii-llm – un collettivo di ricerca italiano d’avanguardia composto da Alessandro Ercolani, Edoardo Federici, Samuele Colombo, Mattia Ferraretto – un compito di straordinaria rilevanza: verificare se e come sia possibile indirizzare l’orientamento politico dei modelli LLM, le “menti digitali” che alimentano chatbot e sistemi di assistenza virtuale.

La ricerca di mii-llm, pioniera nella realizzazione di modelli open source come Zefiro e Maestrale, ha evidenziato un fenomeno sconcertante: questi sistemi, anziché essere entità neutre e asettiche, possono essere facilmente indirizzati verso specifiche ideologie, sollevando interrogativi cruciali in termini di trasparenza, etica e sicurezza.

AI Cloud: la corsa all’infrastruttura perfetta per l’intelligenza artificiale CLASTIX

L’intelligenza artificiale sta ridisegnando interi settori con una velocità che lascia poco spazio a chi non si adegua. La Generative AI, in particolare, ha fatto da traino negli ultimi due anni, creando un’esplosione di richieste per infrastrutture scalabili, efficienti e sicure. Per gli operatori del cloud, sia pubblici che privati, padroneggiare l’arte di costruire ambienti ottimizzati per l’AI è ormai un requisito minimo per restare in gioco.

Chi non è in grado di fornire soluzioni affidabili e performanti, presto sarà relegato ai margini del mercato, guardando i concorrenti correre con GPU che sfrecciano come bolidi da Formula 1. Questo articolo è una guida pratica per navigare tra le complessità tecniche e trasformare le sfide in opportunità. Perché, che piaccia o no, il cloud AI è il nuovo campo di battaglia.

Rivoluzione Digitale a Costo Zero: Come l’Italia può utilizzare le risorse Europee per potenziare le aziende IT locali

Nel contesto economico attuale, l’Europa è chiamata ad affrontare sfide enormi, tra cui il crescente debito pubblico che, in particolare per l’Italia, ha superato i 3.000 miliardi di euro. Questo rapporto debito/PIL, che ha raggiunto il 136,8%, rappresenta sia un segno tangibile delle difficoltà finanziarie del paese, sia una spinta per cercare soluzioni innovative che possano risollevare l’economia e, allo stesso tempo, risolvere problematiche strutturali. Una via che sta emergendo come fondamentale è l’investimento strategico in tecnologie innovative, soprattutto nel settore IT, un campo in cui l’Italia e l’Europa hanno il potenziale per eccellere, stimolando la crescita economica, l’occupazione e riducendo al contempo la dipendenza da attori esterni, come gli Stati Uniti.

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