Il concetto di responsabilità ha l’aria di un vecchio fantasma: lo senti presente in ogni discussione morale, politica o giuridica, eppure resta sfuggente, come se sfuggisse a ogni definizione netta. Nel libro curato da Mario De Caro, Andrea Lavazza e Giuseppe Sartori, questa nebulosa viene sviscerata con un approccio che attraversa filosofia, neuroscienze e scienze sociali, mettendo a nudo la fragilità e la complessità della nostra idea di agire come individui responsabili.
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L’intelligenza artificiale non è più una promessa lontana o un espediente da film di fantascienza, è un fatto concreto che entra nella vita quotidiana senza bussare. Il nuovo volume Intelligenze, etica e politica delle AI, appena pubblicato per Il Mulino, affronta questo fenomeno con uno sguardo lucido e problematizzante, senza cedere alla fascinazione dei futuristi o al catastrofismo dei complottisti. L’idea centrale è semplice e ambiziosa: studiare come l’intelligenza artificiale modifichi, interferisca e reindirizzi le nostre vite nel bene e nel male, basandosi sui fatti più che sulle narrazioni precostituite.
Il Meeting di Rimini di Agosto ha aperto quest’anno un dibattito che più che accademico è quasi epico: “Siamo davvero liberi, il libero arbitrio fra condizioni e nuovi inizi?”. Domanda semplice sulla carta, capace di far vacillare le certezze di filosofi, neuroscienziati e sviluppatori di intelligenza artificiale. La libertà, quel concetto che gli occidentali celebrano come apice del valore individuale, si scopre fragile davanti ai dati, ai condizionamenti biologici e alle macchine che apprendono più di noi ogni giorno. Non era una discussione a tesi contrapposte: era un confronto serrato, quasi un duello tra chi difende la coscienza come fondamento della libertà e chi ricorda che il cervello è un organo condizionato dalla storia evolutiva.
Da una lettura di Mario de Caro
Libero arbitrio. Due parole che suonano quasi come una provocazione nel mondo iperconnesso delle Big Tech, dove ogni clic, swipe e acquisto sembra tracciato, catalogato e predetto da algoritmi che conoscono più di noi stessi. Filosofi hanno discusso se davvero possiamo fare altrimenti, se le nostre azioni siano frutto di autentica scelta o semplicemente l’espressione inevitabile di leggi causali. Oggi, però, il determinismo non è più solo un concetto astratto: ha codici, server e modelli statistici che ne incarnano la versione più precisa e spietata: il determinismo algoritmico.