Le intelligenze artificiali non stanno solo imparando a scrivere codice: lo stanno riscrivendo. E tra le macerie dei modelli proprietari e delle API chiuse a pagamento, spunta una nuova aristocrazia algoritmica, fondata non su brevetti ma su repository GitHub. Il nuovo padrone del gioco si chiama Alibaba, e ha un nome tanto tenero quanto micidiale: Qwen. Dietro questo suono da panda antropomorfo, si nasconde il sistema nervoso di una rivoluzione che parte dalla Cina e si insinua, come una variabile nascosta, nei workflow dei developer globali.
La notizia, al netto del politicamente corretto delle PR, è semplice: DeepSWE – un framework agentico specializzato in software engineering – ha appena distrutto la concorrenza nei benchmark SWEBench-Verified grazie al modello Qwen3-32B, sviluppato da Alibaba Cloud e allenato da Together AI e Agentica. Ma il dettaglio che nessuno vuole evidenziare davvero è che tutto questo è open-source. Non “open-weight”, non “quasi open”, non “sandboxed API su cloud a consumo”. Codice sorgente. Reinforcement learning modulare. Dataset pubblici. E una dichiarazione che suona più come una minaccia che un annuncio: “Abbiamo open-sourcizzato tutto – il dataset, il codice, i log di training e di valutazione – per consentire a chiunque di scalare e migliorare gli agenti con l’RL”. Qualunque cosa, chiunque. Benvenuti nel nuovo ordine.
La keyword qui, sotto ogni riga di marketing e ogni GPU Nvidia H100 incenerita in 6 giorni di training, è “agentic framework”. Ovvero: strutture software pensate per dare vita, autonomia e potere decisionale agli agenti AI. Non più prompt, ma missioni. Non più completamenti, ma strategie operative. In questa semantica da cyberpunk, un agente AI – come Manus di Butterfly Effect – è un’entità in grado di pianificare, suddividere, eseguire e iterare task complessi, agendo in ambienti dinamici. DeepSWE fa proprio questo, ma applicato al codice. Risolve bug, sviluppa nuove funzionalità, naviga GitHub come un architetto, non come un turista. E lo fa meglio di tutti gli altri. Per ora.
Il dato più fastidioso per gli osservatori occidentali è che a vincere non è una Big Tech di Silicon Valley, ma un conglomerato cinese con una lunga storia di conciliazione tra profitto e controllo statale. E che questa vittoria avvenga sul terreno dell’open-source – storicamente terreno neutrale, quasi anarchico – è un twist narrativo perfetto. Alibaba, l’azienda che possiede il South China Morning Post e che una volta vendeva lavagne e smartphone all’ingrosso, oggi governa la famiglia di modelli AI open-source più potente e scaricata al mondo. Il CEO Eddie Wu e il presidente Joe Tsai parlano di 200 modelli open, 300 milioni di download globali e oltre 100.000 derivati. Il capitalismo cinese non copia più: distribuisce.
Quello che DeepSWE fa, tecnicamente parlando, è un salto qualitativo. Non è un fine-tuner che migliora un LLM preesistente per scrivere meglio email o racconti fantasy. È un agente ottimizzato con reinforcement learning per affrontare task di ingegneria del software ad alta complessità. È come passare da un assistente diligente a un collaboratore che ti contesta le scelte architetturali, ti suggerisce soluzioni più eleganti e le implementa da solo. Il tutto, senza costi di licenza. E la parola che tiene tutto in piedi non è “AI”, ma “RL”. Il reinforcement learning modulare di Agentica – rLLM – è il cuore di questo progresso, e i log open lo dimostrano: addestramenti trasparenti, metriche pubbliche, riproducibilità garantita. Proprio quello che molte Big Tech evitano accuratamente di offrire.
Nel frattempo, DeepSeek – la presunta alternativa cinese a OpenAI – è stata scalzata. Non da un altro colosso americano, ma da un consorzio di sviluppatori open, con Qwen in prima fila. Secondo LiveBench, il benchmark più rispettato del settore, i modelli Qwen3 hanno superato DeepSeek R1 a maggio. Il modello Qwen3-235B – un bestione semantico che regge il confronto con ChatGPT-4o e Gemini – eccelle in instruction following, generazione testuale, matematica, e soprattutto nel coding. Nessuna ironia: il codice è la nuova grammatica, e la battaglia per chi lo scrive meglio è geopolitica pura.
C’è qualcosa di stranamente seducente nell’idea che il modello open-source più potente del mondo non venga da Stanford, né da Meta, né da Anthropic, ma da Hangzhou. E che sia supportato da un’architettura di cloud computing su cui Alibaba prevede di investire 53 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. La cifra è astronomica. Ed è anche il più grande progetto computazionale mai finanziato da un’azienda privata in Cina. A buon intenditor: nessuno investe miliardi in GPU per il gusto dell’innovazione accademica. Alibaba sta costruendo il proprio CERN per l’AI. E lo fa con il sorriso smaltato del panda Qwen stampato su ogni riga di codice.
Naturalmente, tutto questo non è solo un trionfo tecnico. È un cambio di paradigma. Per anni, l’open-source è stato marginalizzato da modelli proprietari, API commerciali e deployment controllati. Poi è arrivata la vendetta: modelli come Mistral, Mixtral, LLaMA, e ora Qwen, stanno demolendo l’idea che l’intelligenza artificiale debba restare nelle mani di pochi. Ma Alibaba fa di più: non si limita a rilasciare pesi. Rilascia dataset, architetture, log, documentazione. Crea un ecosistema. E, cosa ancora più pericolosa per i concorrenti, crea un brand. Qwen non è solo un LLM, è una bandiera.
Il risultato? DeepSWE segna il nuovo standard di performance nei test real-world su GitHub. Ma la vera conquista è invisibile: una nuova generazione di sviluppatori che non ha bisogno di autorizzazioni, né di subscription mensili, per costruire agenti intelligenti in grado di cambiare l’economia del software. Gli agenti AI non sono più proof-of-concept, sono operativi. E operano secondo una logica distribuita, orizzontale, radicalmente diversa dalle API chiuse di OpenAI o dalle console gated di Google.
Il futuro è agentico, non conversazionale. È modellato da framework come DeepSWE, non da chatbot generalisti. Ed è alimentato da una nuova geopolitica del codice in cui la Cina non imita più, ma orchestra. I Qwen non sono solo un’innovazione tecnica: sono un atto di soft power algoritmico, un’infiltrazione gentile ma inarrestabile nei meccanismi profondi della nuova economia cognitiva. E se non lo capisci, forse è perché stai ancora cercando di convincere GPT-4 a scriverti un prompt migliore.
Ma là fuori, intanto, DeepSWE ha già risolto il bug.