A prima vista, la scena ha il sapore grottesco di una diplomazia tecnologica postmoderna: Jensen Huang, CEO di Nvidia, col suo solito outfit da guru tech in pelle nera, atterra nei palazzi severi di Bruxelles per spiegare ai burocrati europei che sovereign AI non è un’utopia continentale, ma una strategia industriale concreta. Una strategia, però, che per ora si compra… da lui.

Sì, perché dietro l’apparente cortesia dei briefing istituzionali e dei sorrisi plastici dei commissari, si cela una realtà imbarazzante: l’Europa non solo è dipendente da infrastrutture statunitensi per la sua intelligenza artificiale, ma deve anche importare la narrazione stessa della propria autonomia digitale.

E così, Huang parla e loro annuiscono. Con deferenza.

Da mesi, il CEO di Nvidia martella il concetto di AI sovrana con la costanza di un predicatore in tournée. Non è un caso che il termine sia stato ripreso con entusiasmo da Ursula von der Leyen e dai ministri dell’economia di Francia e Germania. Il linguaggio del potere ha cambiato registro: non si parla più (solo) di modelli, chip o data center, ma di indipendenza, resilienza, controllo geopolitico del calcolo.

Ma come spesso accade, quando gli americani parlano di “indipendenza”, il sottotesto è: comprate da noi per essere liberi da noi. Ironico, no?

In questo contesto, la keyword Nvidia diventa sinonimo di “liberazione assistita”. Il suo dominio nell’hardware AI — con le GPU H100 e il nuovo B200 Grace Blackwell — non è più solo un vantaggio competitivo, ma una leva strategica di politica internazionale. L’Unione Europea ha cominciato a rendersene conto con imbarazzo. Così oggi accoglie Huang come si accoglie un fornitore necessario ma inquietante. Una sorta di Bezos con l’uranio arricchito.

Durante i suoi tour in Europa, Huang ha incontrato capi di stato, startup, e istituzioni accademiche, seminando ovunque una promessa: Nvidia può aiutare i paesi europei a costruire i propri AI data centers, i propri foundational models, la propria sovranità algoritmica. Ma a un prezzo. Alto. Sempre più alto. E soprattutto: con tecnologie Nvidia dentro ogni bullone.

Del resto, chi altri? Le GPU di AMD sono ancora lontane dalla parità. Le soluzioni cinesi, come quelle di Huawei e Biren, sono tabù geopolitico. E gli europei? Nessuno all’orizzonte. L’unico chip europeo su cui il Parlamento sembra avere opinioni è quello delle carte di credito.

Siamo al paradosso: l’Europa può finalmente parlare di AI sovrana, ma solo usando la lingua di Nvidia.

Il linguaggio del sovereign AI, per come lo intende Huang, non è solo tecnologico. È una visione politica mascherata da architettura tecnica. Significa avere i modelli AI ospitati in data center nazionali, addestrati su dataset localizzati, regolati da norme europee, ma — dettaglio scomodo — con hardware americano. Anzi, Nvidia.

Eppure l’illusione di autonomia piace. Piace ai regolatori europei che vivono nel trauma digitale del GDPR, piacciono alle aziende telecom francesi e tedesche che si riscoprono improvvisamente custodi dell’identità digitale europea, piace perfino ai giornali, che iniziano a titolare entusiasti su “nuove alleanze tecnologiche” con… Nvidia.

Nel frattempo, il titolo NVDA continua a salire. Più gli europei si illudono di diventare sovrani, più Nvidia diventa imperatore. Con capitalizzazione monstre sopra i 3.5 trilioni e un monopolio di fatto sulla produzione di chip AI avanzati, Huang ha trasformato Nvidia da tech company a diplomazia computazionale.

Sì, perché oggi possedere la catena produttiva di GPU equivale ad avere il controllo del petrolio del XXI secolo. Non è un caso che Paesi come l’India, l’Arabia Saudita e la Corea del Sud stiano negoziando direttamente con Nvidia come se fosse uno Stato. E l’Europa? L’Europa spera di ottenere un data center sovrano in ogni paese membro, come se bastasse mettere un server sotto la Torre Eiffel per non dipendere più da Palo Alto.

Un piccolo dettaglio che i politici sembrano dimenticare: l’infrastruttura si può localizzare, ma il firmware no. Il controllo reale sta nel backend, nei microcodici, nei driver, nelle ottimizzazioni CUDA. Tutto ancora rigidamente made in USA.

Se l’Europa vuole davvero parlare di sovranità, dovrebbe guardare oltre le forniture Nvidia. Dovrebbe pensare a costruire una vera industria dei semiconduttori AI. Ma ci vogliono decenni, miliardi, e una visione politica che oggi semplicemente non c’è.

Preferisce la scorciatoia: la “sovranità a contratto”.

Un modello di outsourcing ideologico in cui l’indipendenza è ridotta a un’infrastruttura managed da altri, ma pagata in euro. E intanto i dati — quelli veri, quelli che nutrono i modelli — continuano a transitare su stack tecnologici che solo formalmente sono europei.

A Bruxelles fanno finta di non saperlo. Huang invece lo sa benissimo. Sorride. E incassa.