Quest settimana, con l’aria densa di attese e avvocati pronti a caricare a testa bassa, la US Copyright Office ha rilasciato la terza parte del suo corposo rapporto sull’Intelligenza Artificiale generativa e il diritto d’autore. Un documento complesso, per certi versi ambiguo, ma che finalmente cercava di mettere dei paletti normativi in un settore che corre a una velocità che Washington fatica anche solo a immaginare. E poi, puff: stamattina Shira Perlmutter, la direttrice dell’USCO e autrice morale di quel rapporto, è stata silurata dal Presidente. Silenziosamente, senza clamore mediatico. Tempismo perfetto, se sei un romanziere distopico.

Ed è proprio questa combinazione esplosiva — un rapporto delicatissimo appena pubblicato, e la decapitazione della sua leadership a rendere il momento stranamente poetico, ma anche straordinariamente instabile. Perché quel documento, già vulnerabile per la sua natura consultiva, ora è un orfano politico. E in America, le leggi senza padrini muoiono giovani.

Ma cosa dice, davvero, questo report? E soprattutto: avrà ancora un senso tra venti giorni?

Il testo è un esercizio chirurgico di equilibrismo. Ammette che ogni fase dello sviluppo di un sistema GenAI — dalla raccolta dei dati fino all’uso in modalità Retrieval-Augmented Generation (RAG) ha implicazioni dirette per il diritto d’autore. Non è una bomba nucleare, ma è una mina ben piazzata nel percorso degli sviluppatori. L’USCO suggerisce un approccio “volontario”, fatto di licenze individuali o collettive, ma lascia intendere che la tolleranza indiscriminata sta finendo. E lo fa con una prosa che sembra scritta da un avvocato con crisi d’identità filosofica.

Particolarmente pungente è l’idea che l’“uso trasformativo” concetto centrale nel fair use non dipenda più dallo statuto dell’entità (profit o nonprofit), ma dalla natura d’uso stessa. In altre parole, anche se sei una ONG, se il tuo dataset serve per un prodotto commerciale, allora… buon per l’IRS, ma male per la giurisprudenza. E sul fronte del “quanto si può copiare”, il tono cambia rispetto ai tempi pionieristici di Google Books: stavolta, dice l’USCO, l’uso integrale di opere protette da copyright non è chiaramente giustificabile.

Il rapporto afferma esplicitamente che “gli sviluppatori AI copiano opere intere per utilizzare il loro contenuto espressivo”, mettendo fortemente in discussione l’equilibrio fair use. E sì, sebbene riconosca che per generalizzare serva un enorme corpus di opere, la linea è sottile e spesso arbitraria. C’è il riconoscimento implicito che l’AI non sia solo una copia-carbone, ma nemmeno un genio autonomo. Sta nel mezzo. E quel mezzo, legalmente, è una palude.

E il cuore del problema? Il mercato. L’USCO riconosce esplicitamente che l’output generato dall’AI rischia di cannibalizzare — o peggio, diluire — i mercati stessi delle opere d’origine. Un’allusione diretta ai casi ormai proverbiali dei modelli che imitano lo stile di un autore o artista vivente, senza pagarne i diritti o riconoscerne l’opera. Come dire: lo stilista guadagna milioni, il modello prende un panino.

Ora, il punto chiave della tua domanda: sarà ancora rilevante tutto questo alla fine del mese?

Tecnicamente sì. Politicamente? Decisamente no.

La rimozione di Perlmutter è uno spartiacque. Non per la qualità del report che rimane un punto di riferimento — ma per la sua autorità. Ogni parola in quel testo è oggi potenzialmente soggetta a revisione, riformulazione o, più semplicemente, oblio. Una nuova leadership all’USCO potrebbe avere idee diametralmente opposte, o peggio, nessuna idea proprio. E mentre Big Tech chiama i suoi lobbisti e i creativi scrivono lettere aperte ai membri del Congresso, il rischio è che questa analisi cada nella categoria delle “buone intenzioni mal digerite”. Una reliquia di un’era che è durata cinque giorni.

L’industria non aspetta. Gli sviluppatori AI stanno già calcolando nuovi margini di rischio, le società di gestione collettiva stanno limando le fauci legali, e i politici come sempre cercheranno di stare nel mezzo fino a quando non sarà inevitabile scegliere un lato.

Rilevante, dunque? In teoria, fondamentale. Ma se non diventa legge, o almeno base concreta per un’azione normativa, resterà solo un altro PDF scaricato da chi già sa di essere in causa.