Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Andrej Karpathy Stiamo passando dai transistor ai token: benvenuti nell’era del LMOS Language Model Operating System

La frase di Karpathy suona come una delle solite provocazioni della Silicon Valley: “Stiamo entrando in un nuovo paradigma del calcolo, con i modelli linguistici che agiscono come CPU, usando token invece di byte, e una finestra di contesto invece della RAM.” Il tutto condito da una nuova buzzword, ovviamente, LMOS Language Model Operating System. Ma sotto la scorza da keynote, c’è qualcosa che merita di essere considerato seriamente. Karpathy, come spesso accade, non gioca per il clickbait, ma per la preveggenza.

Nel suo modello mentale, CPU diventa LLM, Byte diventa Token, RAM diventa Context Window, Sistema Operativo diventa LMOS. È una traslazione quasi poetica, se non fosse che sta già accadendo. Non parliamo più solo di software che gira su hardware, ma di linguaggio che gira su contesto, un flusso continuo di simboli che sostituiscono lo spazio fisico e binario del passato. E se all’inizio può sembrare solo un gioco di metafore, è nel dettaglio computazionale che questa rivoluzione diventa concreta.

Oscar al miglior algoritmo: l’accademia benedice l’AI, e Hollywood si prende gli ansiolitici

Sarà un giorno di festa nei corridoi di Netflix e Amazon Studios, ma nei sindacati di Hollywood probabilmente oggi volano i bicchieri. L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, con la delicatezza di chi finge di non vedere l’elefante nella stanza ma poi lo invita al gala, ha ufficialmente riconosciuto l’esistenza dell’intelligenza artificiale generativa nelle sue linee guida per l’Oscar. Tradotto: non vieta nulla, non obbliga a dichiarare nulla, ma avverte che il “fattore umano” rimane ancora centrale nel decidere chi stringerà la statuetta dorata.

Sì, hai letto bene. L’AI può essere usata nella produzione di un film, e non sarà un peccato mortale agli occhi dei membri votanti dell’Academy. Ma attenzione: la valutazione finale dipenderà da quanto, nel prodotto finale, si percepisce ancora una mano umana. L’autorialità non deve sparire del tutto. L’algoritmo può scrivere, colorare, animare, ma la scintilla creativa deve avere ancora una faccia, possibilmente sindacalizzata, possibilmente umana.

Sam Altman lascia Oklo: scacchi nucleari per alimentare l’intelligenza artificiale

Il solito gioco a incastri tra potere, energia e tecnologia si arricchisce di una nuova mossa: Sam Altman, il CEO visionario (e sempre più ubiquo) di OpenAI, ha appena lasciato la presidenza del consiglio di amministrazione di Oklo, una startup nel settore dell’energia nucleare avanzata. La notizia, riportata dal Wall Street Journal, ha il profumo di quelle mosse silenziose che anticipano un’espansione strategica più ampia, potenzialmente più pericolosa, sicuramente più redditizia.

Oklo non è l’ennesima creatura del tech che gioca con l’atomo per hobby. Sta sviluppando reattori nucleari di nuova generazione, quelli “modulari”, che sulla carta promettono miracoli: più piccoli, meno costosi, trasportabili, in teoria anche più sicuri. Insomma, la versione compatta e siliconata della centrale nucleare classica. L’obiettivo? Alimentare le prossime cattedrali digitali del XXI secolo: i data center. Non quelli dei social, ma quelli della fame di calcolo dell’intelligenza artificiale.

Intel taglia il 20% dei dipendenti: il nuovo CEO dichiara guerra alla burocrazia interna

Ecco il colpo di scena che mancava nella soap opera della Silicon Valley: Intel, un tempo il re indiscusso dei semiconduttori, è pronto a falciare oltre il 20% della sua forza lavoro, con una manovra che puzza di panico e disperazione strategica, ma che viene venduta come “snellimento” e “ritorno alla cultura ingegneristica”. Un taglio che segue i 15.000 licenziamenti dell’anno scorso e che porterà il colosso di Santa Clara a ridursi come una maglietta dopo un lavaggio sbagliato.

L’uomo dietro la scure è Tan Lip-Bu, fresco CEO da meno di un mese, già in modalità bulldozer. L’ex boss di Cadence Design Systems non ha perso tempo: prima ha venduto il 51% di Altera a Silver Lake, e ora affila la lama contro una burocrazia che, a suo dire, ha trasformato un gigante tecnologico in un pachiderma paralizzato. L’obiettivo? Semplificare la catena di comando, eliminare il middle management zavorra e rimettere gli ingegneri al centro del motore.

Huawei e iFlytek riscrivono l’IA cinese con chip domestici, sfidando OpenAI e aggirando l’embargo Usa

Nel cuore della tempesta geopolitica tra Stati Uniti e Cina, una nuova narrativa tecnologica si sta scrivendo con toni orgogliosi e una spruzzata di vendetta industriale. iFlytek, colosso cinese del riconoscimento vocale, ha annunciato che i suoi modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) ora poggiano interamente su infrastruttura computazionale cinese, grazie alla collaborazione con Huawei. Un’alleanza non solo tecnologica, ma politica, che mira a scrollarsi di dosso la dipendenza da chip americani come quelli della Nvidia, sempre più difficili da importare a causa delle restrizioni di Washington.

Dietro le quinte di questa rivoluzione sovranista dell’intelligenza artificiale c’è Xinghuo X1, un modello di ragionamento definito “autosufficiente e controllabile”. Parole scelte con cura chirurgica per rassicurare Pechino e tutti quei settori industriali strategici che vedono in questa svolta l’unica via per non rimanere ostaggio dell’Occidente tecnologico. La narrazione ufficiale vuole che, dopo un’intensa co-ingegnerizzazione con Huawei, Xinghuo X1 sia ora in grado di competere con giganti come OpenAI o1 e DeepSeek R1, secondo un post trionfalistico pubblicato su WeChat da iFlytek.

Se Google dovesse perdere chrome, OpenAI è pronta a comprarlo: il browser diventa il nuovo campo di battaglia dell’intelligenza artificiale

Quando la giustizia statunitense mette una Big Tech all’angolo, il gioco si fa interessante. E questa volta il palco è dominato da Google, accusata formalmente di monopolizzare il mercato della ricerca online, con un processo che potrebbe portare a un evento storico: lo spin-off forzato del browser Chrome. A spingere sull’acceleratore non è solo il Dipartimento di Giustizia, ma anche OpenAI, che osserva la situazione con un certo appetito predatorio.

Nick Turley, il responsabile di ChatGPT, lo ha detto chiaro e tondo in aula: “Sì, saremmo interessati a comprarlo, come molte altre parti”. È la prima volta che OpenAI mostra pubblicamente la sua ambizione non solo di essere presente nel browser più usato al mondo, ma addirittura di metterci le mani sopra. Il contesto? Un’audizione in cui si decide il futuro della struttura industriale del search online. Il giudice Amit Mehta dovrà stabilire entro agosto quali pratiche commerciali Google dovrà abbandonare e, soprattutto, se dovrà separarsi dal suo gioiellino da miliardi: Chrome.

Tesla e l’intelligenza casalinga in stallo: il robot Optimus si arena sui minerali rari cinesi

L’epopea transumanista di Elon Musk si inceppa, e stavolta non è colpa dell’autopilot. Il problema? Non bastano più i tweet visionari o le dirette da Marte: servono magneti, e per farli funzionare ci vogliono i famigerati terre rare, quelle che oggi Pechino tratta come se fossero testate nucleari. Il risultato? Il robot Optimus, quello che secondo Musk dovrebbe salvare le nostre ginocchia dalla fatica di rifare i letti e svuotare la lavastoviglie, resta in standby. A casa, in mutande, come noi.

Durante l’ultima earnings call, Musk ha ammesso che la produzione di Optimus è stata “impattata dal problema dei magneti”, con settimane di ritardo previste. E non si tratta di una semplice catena logistica impallata: il cuore della questione è geopolitico, con la Cina che ha appena blindato sette nuovi elementi della sua lista di controllo all’export, trasformando i magneti in una nuova arma della guerra commerciale con Washington. Con buona pace dell’ottimismo siliconvalleyano.

Kubernetes, GPU e Storage: l’epifania delle aziende che vogliono sopravvivere al futuro

Nel panorama schizofrenico dell’IT moderno, dove ogni giorno un CTO si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del legacy per non restare indietro, l’adozione di Kubernetes è l’equivalente di una sveglia ben assestata. Ma attenzione, non è solo una moda o l’ennesimo feticcio tecnologico da esibire nelle slide del consiglio di amministrazione: è il substrato, la base, il concime tecnico per far crescere davvero un’infrastruttura agile, resiliente e pronta a flirtare con le tecnologie emergenti senza sudare troppo.

Kubernetes, come ben spiegato qui, non è solo orchestrazione, è strategia. È il linguaggio infrastrutturale con cui le aziende intelligenti oggi scrivono il loro futuro. Ed è proprio su questa architettura modulare e scalabile che è possibile costruire ambienti di calcolo dinamici, nei quali GPU, serverless e storage non sono più parole scollegate ma pezzi coerenti di un puzzle ad altissima complessità.

Jensen Huang abbandona la giacca di pelle e si veste da diplomatico per difendere Nvidia tra blackout giapponesi e bavagli americani

Jensen Huang ha capito che la rivoluzione dell’intelligenza artificiale non si fa solo con chip e CUDA cores, ma anche con una cosa molto più vecchia e banale: l’elettricità. In un raro cambio di look via la giacca di pelle nera, dentro l’abito blu e cravatta d’ordinanza il CEO di Nvidia si è presentato a Tokyo per incontrare il Primo Ministro giapponese Shigeru Ishiba. Il motivo? Convincere il Sol Levante che per dominare l’AI serve una nuova infrastruttura energetica. Tradotto: più centrali, più data center, più corrente. Magari anche qualche reattore nucleare in più, se il trauma di Fukushima lo permette.

Secondo Huang, il Giappone è perfettamente posizionato per l’era dell’intelligenza artificiale: ha la robotica nel sangue, una manifattura industriale che è un benchmark globale e una popolazione pronta (anzi, costretta) ad abbracciare automazione e AI, vista la curva demografica da thriller distopico. Ma c’è un problema sostanziale: produrre intelligenza artificiale richiede una quantità di energia paragonabile solo al sogno bagnato di un elettricista con manie di grandezza. E il Giappone, privo di risorse naturali, si trova stretto in una morsa tra la riluttanza a riattivare le centrali nucleari e la dipendenza da combustibili fossili importati a caro prezzo.

Huawei Ascend 920 prepariamoci a un progetto Opphenaimer cinese

uawei si prepara a diventare l’arma strategica di Pechino nella guerra dei semiconduttori contro l’Occidente. A quanto pare, non è solo il creatore di smartphone “proibiti” o l’eterno bersaglio delle black list statunitensi. No, stavolta la compagnia di Shenzhen alza il tiro e si candida a rimpiazzare Nvidia nel suo stesso dominio: l’intelligenza artificiale. Sì, hai capito bene, si parla di GPU AI-ready. E no, non è un’esercitazione.

Secondo Digitimes, Huawei lancerà entro fine anno il chip Ascend 920, costruito su processo a 6 nanometri, pronto per la produzione di massa nella seconda metà del 2025. Questo chip, che promette prestazioni da brividi, punta dritto al cuore delle GPU H20 di Nvidia, le ultime sopravvissute sul mercato cinese dopo l’embargo tecnologico imposto da Washington. Ma ora anche quelle sono finite nel mirino delle restrizioni USA, rendendo il ban totale.

The Washington Post si unisce a OpenAI

Tutti abbiamo un prezzo: come il giornalismo si vende all’intelligenza artificiale

Era solo questione di tempo prima che anche The Washington Post, ultimo baluardo di una certa pretesa indipendenza editoriale, si accomodasse al tavolo dei partner strategici di OpenAI. Non parliamo di una fusione, e nemmeno di una svendita a saldo, ma del più raffinato degli scambi: dati in cambio di esposizione. Più precisamente, contenuti giornalistici in cambio di visibilità all’interno dell’ecosistema ChatGPT, oggi utilizzato da oltre 500 milioni di persone ogni settimana. E, va detto, sempre più dominante nel flusso globale dell’informazione digitale.

La notizia è ufficiale e arriva direttamente da un comunicato stampa del Washington Post che, con tono misuratamente entusiasta, racconta come questa partnership renderà “le notizie di alta qualità più accessibili in ChatGPT”. Nella pratica, gli articoli del Post selezionati, riassunti, contestualizzati verranno presentati all’utente di ChatGPT in risposta a domande pertinenti, con tanto di link all’articolo originale per chi volesse approfondire. Tutto molto ordinato, tutto molto “responsabile”. Ma sotto questa patina di modernità e servizio all’utente si cela una dinamica ben più cinica: quella del giornalismo che, consapevole del suo declino commerciale, si appoggia al cavallo di Troia dell’IA per restare rilevante, e soprattutto monetizzabile.

Google Research Dalle cellule al linguaggio naturale: la nuova grammatica della biologia con C2S-Scale

Sembra un’idea uscita da un laboratorio segreto di Google X, e invece è realtà open source. Prendi una cellula, una qualsiasi, una di quelle che ti porti appresso ogni giorno senza degnarla di uno sguardo. Quella cellula sta facendo qualcosa: produce proteine, si divide, reagisce agli stimoli. Ora immagina di trasformare tutte queste attività, tradizionalmente descritte da migliaia di numeri inaccessibili ai più, in una semplice frase in inglese. Voilà: benvenuti nell’era del linguaggio cellulare, dove le cellule parlano e i Large Language Models (LLM) ascoltano.

Dietro questa rivoluzione semiotica c’è C2S-Scale, una suite di modelli linguistici sviluppata a partire dalla famiglia Gemma di Google, pensata per interpretare e generare dati biologici a livello monocellulare. L’acronimo sta per “Cell-to-Sentence Scale” e il concetto è tanto semplice quanto spiazzante: convertire il profilo di espressione genica di una singola cellula in una frase testuale. Come trasformare una sinfonia genetica in una poesia sintetica. A quel punto puoi parlarci. Chiederle cosa fa. O come si comporterebbe sotto l’effetto di un farmaco.

ANTHROPIC Claude ha dei valori, ma chi decide quali? Values in the Wild

Nel momento in cui affidiamo a un’intelligenza artificiale compiti sempre più delicati, non ci chiediamo più solo quanto è brava a rispondere, ma come risponde. Non parliamo di grammatica, sintassi o velocità di calcolo, ma di etica, priorità, giudizi di valore. Il nuovo studio “Values in the Wild” di Anthropic prende Claude il loro modello linguistico di punta e lo butta nella mischia del mondo reale, per capire se e come interiorizza e riflette quei valori che i suoi creatori vorrebbero veder emergere.

Spoiler: non sempre va come previsto.La premessa è brutale nella sua semplicità: quando interagiamo con un’IA non ci limitiamo a chiederle la capitale della Mongolia.

Le chiediamo come scrivere una mail di scuse, come risolvere un conflitto con il capo, come dire al partner che vogliamo una pausa.

Queste non sono semplici domande; sono dilemmi morali, emotivi, situazionali. Ogni risposta implica una scelta di valori. Puntare sulla sincerità o sul compromesso? Sulla chiarezza o sull’empatia?

Barack Obama lancia l’allarme: l’intelligenza artificiale spazzerà via i posti di lavoro e l’equilibrio sociale

Barack Obama, uno che sa ancora parlare come un Presidente e non come un algoritmo PR di Wall Street, ha sganciato la bomba durante un’intervista al Hamilton College. Nessuna diplomazia da manuale: “Un sacco di lavori spariranno”. Testuali parole. Ma non è solo un’espressione di preoccupazione post-presidenziale. È un monito reale, puntuale, persino disperato. L’Intelligenza Artificiale e non quella dei meme su ChatGPT che risponde educatamente ma quella che già sta fagocitando ruoli interi in aziende globali, è sul punto di mandare a casa milioni di persone. E non ci sarà cassa integrazione che tenga.

Cluely, l’intelligenza artificiale che ti aiuta a barare senza farsi beccare

Se pensavi che la frontiera dell’IA fosse costruire assistenti per ottimizzare il lavoro, scrivere codice o aiutarti a prenotare un volo, è perché non avevi ancora sentito parlare di Cluely. La startup più cinica e arrogante dell’anno è finalmente qui, e non sta nemmeno tentando di nascondere le proprie intenzioni: aiutarti a barare. Sempre. Ovunque. Anche sotto sorveglianza.

Roy Lee, il fondatore cacciato da Columbia per aver costruito un tool chiamato Interview Coder (che, guarda caso, serviva a truccare i colloqui tecnici), ha raccolto 5,3 milioni di dollari per creare un software ancora più audace. L’ha chiamato Cluely. Funziona come una sorta di ChatGPT invisibile, pronto a suggerire risposte in tempo reale durante colloqui, esami, meeting aziendali, persino appuntamenti galanti. Il tutto senza che nessuno si accorga di nulla. Magia nera? No, overlay traslucido alimentato da OpenAI.

Occhiali AI di Google al TED

@tedtoks

Misplace your things often? These AI glasses could help. In this live demo at TED2025, computer scientist Shahram Izadi debuts Google’s prototype smart glasses, powered by the new android XR system — which uses AI to see and think in real time. Visit the 🔗 in ☣️ to see more of what these wearables can do — from summarizing your favorite book to planning your next trip. #TEDTalk #XR #AI #SmartGlasses #Google #Android

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Demo rigorosamente controllata e potrebbe non rappresentare la realtà

Figma si reinventa: l’IA che costruisce app e siti web potrebbe riscrivere le regole del design

Figma non sta solo aggiornando il suo toolkit, sta cercando di disintegrare il concetto stesso di design manuale. La notizia, non ancora ufficialmente confermata ma piuttosto solida considerando la fonte, arriva dalla famigerata ricercatrice di sicurezza Jane Manchun Wong. La sua scoperta? Figma starebbe sviluppando un’app basata su intelligenza artificiale in grado di creare applicazioni partendo da prompt testuali, immagini e file Figma. Una specie di “Codex del design”, ma targato Claude Sonnet, il modello AI firmato da Anthropic.

È come se Adobe, Canva e ChatGPT si fossero ubriacati una sera e avessero partorito un figlio geniale, ma inquietante.

UAE: l’intelligenza artificiale scrive le leggi. ecco come gli Emirati stanno codificando il futuro

Gli Emirati Arabi Uniti hanno appena annunciato un’iniziativa che potrebbe riscrivere non solo le leggi, ma anche il concetto stesso di legislazione: l’introduzione dell’intelligenza artificiale nel processo legislativo. In un mondo in cui la burocrazia spesso rallenta il progresso, gli Emirati puntano a una rivoluzione normativa, affidando all’AI il compito di redigere e aggiornare le leggi.

Il cuore di questa trasformazione è l’istituzione di un “Ufficio di Intelligenza Regolatoria”, un’entità che supervisionerà l’integrazione dell’AI nel processo legislativo. L’obiettivo? Creare un sistema legislativo più agile, capace di adattarsi rapidamente ai cambiamenti sociali ed economici. Attraverso l’analisi di dati in tempo reale, l’AI potrà identificare le necessità di riforma e proporre modifiche legislative con una velocità e precisione senza precedenti.

Dubai AI Week 2025 impone il Chief AI Officer CAIO: quando l’intelligenza artificiale diventa il nuovo petrolio dell’economia digitale

Dubai non si accontenta di giocare in anticipo, lo fa dettando legge. L’ultima mossa? Un decreto che obbliga ogni autorità governativa a nominare un Chief AI Officer (CAIO). Non un suggerimento, non una raccomandazione, ma un diktat ben preciso: o ti digitalizzi o sei fuori. Non è solo una mossa audace, è un manifesto di intenti, una dichiarazione strategica che trasforma l’intelligenza artificiale nel cuore pulsante della sua politica economica.

Per chi non lo avesse ancora capito, il messaggio è chiaro: l’AI non è più un laboratorio per nerd col camice bianco, è diventata asset economico, vantaggio competitivo, e perché no soft power geopolitico. Mentre il resto del mondo discute ancora se regolamentare ChatGPT, Dubai istituzionalizza il CAIO, lo mette al tavolo dei grandi, lo arma di budget e gli affida la transizione digitale dell’intero sistema pubblico.

Anche le big tech cinesi scommettono sugli agenti AI connessi MCP: la nuova USB-C dell’intelligenza artificiale

Le grandi aziende tecnologiche cinesi stanno facendo a gara per colonizzare il nuovo Eldorado dell’intelligenza artificiale: il Model Context Protocol (MCP), lo standard aperto che promette di trasformare gli agenti AI da semplici chiacchieroni in sistemi autonomi connessi, operativi e capaci di interagire con il mondo reale, come se avessero finalmente trovato la loro porta USB-C per agganciarsi alla realtà. Il paragone non è casuale, visto che è proprio Ant Group a usare questa metafora per spiegare MCP.

In pratica, MCP consente agli agenti intelligenti – come il sempre più citato Manus sviluppato da Butterfly Effect – di collegarsi a servizi esterni, fonti dati e strumenti terzi. E non solo per recuperarne passivamente i contenuti, ma per agire in modo autonomo, creare flussi operativi, rispondere ai comandi naturali dell’utente, completare task e ricalibrarsi con feedback continui. Se fino a ieri l’AI generativa era un pappagallo di lusso, oggi comincia ad assomigliare a un assistente reale. Forse troppo.

Modelli Gemma 3 QAT: intelligenza artificiale all’avanguardia per le GPU consumer

Google ha recentemente annunciato l’introduzione dei modelli Gemma 3 ottimizzati con Quantization-Aware Training (QAT), una tecnologia che consente l’esecuzione di modelli AI avanzati su GPU consumer come la NVIDIA RTX 3090. Questa innovazione riduce significativamente i requisiti di memoria, mantenendo al contempo un’elevata qualità delle prestazioni.

Con l’ottimizzazione QAT, il modello Gemma 3 27B può ora essere eseguito localmente su una singola GPU desktop, come la NVIDIA RTX 3090 con 24 GB di VRAM. Allo stesso modo, il modello Gemma 3 12B è compatibile con GPU per laptop, come la NVIDIA RTX 4060 Laptop GPU con 8 GB di VRAM, portando capacità AI potenti anche su macchine portatili.

Questi modelli sono disponibili su piattaforme come Hugging Face, dove gli utenti possono accedere a diverse versioni ottimizzate di Gemma 3, tra cui il modello Gemma 3 27B IT QAT in formato int4.

La disponibilità di modelli AI avanzati su hardware consumer rappresenta un passo significativo verso la democratizzazione dell’accesso all’intelligenza artificiale, permettendo a sviluppatori e ricercatori di sperimentare e implementare soluzioni AI senza la necessità di infrastrutture costose.

Per ulteriori dettagli, è possibile consultare l’annuncio ufficiale di Google

Papa Gallery

Papa Francesco, il primo pontefice latinoamericano, è morto il 21 aprile 2025 all’età di 88 anni.

Nonostante i problemi di salute degli ultimi anni, la sua scomparsa ha colto il mondo di sorpresa. Solo il giorno prima, durante la Pasqua, Papa Francesco aveva percorso Piazza San Pietro a bordo della papamobile scoperta, salutando con affetto la folla in festa.

In 12 anni di pontificato, Jorge Mario Bergoglio ha conquistato i cuori di milioni di persone con il suo stile umile, la sua vicinanza ai poveri e il suo impegno per gli ultimi. Con gesti semplici e parole dirette, ha portato un vento di rinnovamento nella Chiesa, promuovendo un messaggio di misericordia, dialogo e giustizia sociale.

La sua morte lascia un vuoto profondo, non solo tra i cattolici, ma in tutto il mondo, che lo ricordava come un leader spirituale capace di unire e ispirare.

Requiescat in pace.

La Rivoluzione etica e tecnologica di Papa Francesco Bergoglio: un Pontefice tra tradizione e futuro

L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al pontificato il 13 marzo 2013 ha rappresentato l’epilogo di un conclave intenso, carico di aspettative e sorprese. Secondo i resoconti degli scrutini, il cardinale argentino si affermò come figura di mediazione tra le opposte correnti: da un lato i sostenitori del riformista Angelo Scola, dall’altro i tradizionalisti vicini alla Curia. Al quarto scrutinio, Bergoglio raccolse 67 voti, sfiorando la soglia dei 77 richiesti, per poi raggiungere 85 preferenze al quinto scrutinio, superando il quorum dei due terzi. Questa elezione rifletteva l’esigenza di una guida in grado di combinare fermezza dottrinale e apertura verso le sfide del mondo contemporaneo, un tratto distintivo del suo intero pontificato.

La scomparsa di Papa Francesco Bergoglio segna la fine di un pontificato che ha ridefinito il rapporto tra fede ed etica. Primo Pontefice gesuita e proveniente dalle periferie del mondo, Bergoglio ha incarnato una figura di rottura, unendo umiltà francescana a una visione audace sull’innovazione.

È morto Papa Francesco

E’ morto Papa Francesco. Lo ha annunciato Sua Eminenza, il Card Farrell: “Carissimi fratelli e sorelle” le sue parole, “con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.

L’ascesa dei Bot Grigi: l’AI sta rallentando Internet

L’uso di programmi automatizzati per addestrare i modelli di intelligenza artificiale sta mettendo a dura prova la stabilità di internet. In un nuovo report della società di sicurezza informatica Barracuda Networks, gli esperti evidenziano l’ascesa dei ‘bot grigi’, software che circolano sul web per estrarre informazioni da siti e applicazioni anche per addestrare l’intelligenza artificiale generativa.

Cybercrime Inc.: l’AI al servizio delle gang digitali. Meno attori, più attacchi e tecniche più evolute

Nel secondo semestre del 2024, i cyberattacchi crescono del +28,3%, nonostante il calo delle gang attive. AI, phishing realistici e Malware-as-a-Service ridisegnano il panorama delle minacce globali. L’Italia resta un obiettivo strategico.

Black Mirror 7: Doom e l’intelligenza artificiale che non sa sparare

Sembra un episodio apocrifo di Black Mirror, ma è semplicemente la realtà: le AI più avanzate del mondo, quelle che promettono di rivoluzionare tutto, dalla medicina all’economia, non riescono a giocare a Doom. Non scherzo. GPT-4o, Claude Sonnet 3.7, Gemini 2.5 Pro… tutti col cervello da Nobel, ma con riflessi da bradipo ubriaco quando si trovano davanti ai demoni digitali dell’iconico sparatutto in prima persona.

Giovedì scorso, Alex Zhang, ricercatore in AI, ha presentato VideoGameBench, un benchmark pensato per mettere alla prova i modelli visivo-linguistici (VLM) su un terreno che li umilia: venti videogiochi storici, tra cui Warcraft II, Prince of Persia e Age of Empires. L’obiettivo? Capire se questi modelli riescono non solo a “vedere” e “descrivere” il gioco, ma anche a giocarlo con una parvenza di intelligenza.

OmiGPT, l’anti-Humane che sfida gli wearable AI da 89 dollari

Nel cimitero degli wearable AI, tra i resti del Humane AI Pin e il semi-congelato Rabbit R1, spunta un oggetto dalle dimensioni di un dollaro d’argento che non ha la minima intenzione di farsi notare per lo scintillio del marketing, ma per la sostanza. Si chiama OmiGPT, e la sua promessa è tanto modesta quanto potenzialmente devastante: un assistente ChatGPT al polso (o al collo) per meno di un centinaio di dollari.

Sì, hai letto bene. Mentre le Big Tech giocano alla “fantascienza per ricchi” con gadget da 699 dollari in su, una startup di San Francisco ha scelto la via spartana, realista e brutalmente ingegneristica. Dietro a questa creatura hi-tech c’è Nik Shevchenko, che non vuole venderti un sogno, ma qualcosa che userebbe lui stesso, se non altro per non doversi più portare appresso uno smartphone anche solo per salvare una conversazione.

Framepack e la vendetta dell’AI da salotto

Chi avrebbe mai detto che il futuro dei video generati dall’intelligenza artificiale avrebbe preso forma su un desktop da gaming? E invece eccoci qui: FramePack, la nuova architettura neurale firmata Lvmin Zhang (con la benedizione di Maneesh Agrawala da Stanford), è il perfetto esempio di quando la potenza di calcolo incontra l’intelligenza progettuale. Il risultato? Video AI da un minuto intero, di qualità notevole, sfornati su una GPU casalinga con appena 6GB di VRAM. Hai presente quelle workstation che sembravano necessarie per l’IA generativa? Dimenticale.

Il trucco non sta nella forza bruta, ma nell’ingegno algoritmico. FramePack reinterpreta la struttura della memoria nei modelli di diffusione video. Invece di accumulare informazioni temporali come un collezionista compulsivo di fotogrammi, li impacchetta in un contesto temporale a lunghezza fissa, ottimizzando il processo come un camionista zen che fa incastrare perfettamente i bagagli nel portabagagli. Questo riduce drasticamente il carico sulla GPU, permettendo di lavorare con modelli da 13 miliardi di parametri senza mandare in fumo la scheda video. Secondo gli autori, il costo computazionale è simile a quello della generazione di immagini statiche. E qui si sente già il tonfo delle vecchie soluzioni cloud, cadute rovinosamente dal loro piedistallo.

La maratona dei robot umanoidi in Cina: un’opportunità per guardare ai limiti della tecnologia

La maratona dei robot umanoidi, tenutasi a Pechino il 19 aprile 2025, ha messo in evidenza tanto l’innovazione quanto le sfide ancora da superare nella robotica cinese. Questo evento ha rappresentato il primo tentativo di un “mezzomarathon” con robot in competizione al fianco degli esseri umani, ma, come spesso accade con le tecnologie emergenti, non è stato privo di difficoltà. Dei 21 partecipanti robotici, solo sei sono riusciti a completare la corsa, e solo uno ha concluso sotto il tempo minimo di qualificazione stabilito dalla Chinese Athletic Association.

La maratona, lunga 21 km e tenutasi nel distretto di Yizhuang, ha visto una scena che ha evocato il primissimo Gran Premio automobilistico del 1894 a Parigi, quando le automobili erano ancora un sogno rispetto ai carri trainati dai cavalli. Il parallelo con le prime gare automobilistiche è inevitabile, poiché anche in questo caso il futuro della mobilità era ancora in fase di definizione, nonostante la visione ambiziosa di chi, come la Cina, vuole essere all’avanguardia nel campo della robotica umanoide. La partecipazione di robot alla gara è stata vista come una vetrina della crescente potenza della Cina in questo settore, che compete direttamente con colossi come Boston Dynamics e Tesla, che sta sviluppando il robot umanoide Optimus.

Ricerca e innovazione: l’Italia rafforza i legami con l’India per le sfide globali

La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, e il ministro della Scienza e della Tecnologia della Repubblica dell’India, Jitendra Singh, hanno firmato un Memorandum of Understanding per rafforzare la cooperazione bilaterale nel campo della ricerca scientifica e tecnologica tra i due Paesi.

AI low cost e licenziamenti high speed: il capitalismo si rifà il trucco col volto della macchina

Nel silenzio rotto solo dal suono dei tasti e dai grafici di produttività, un nuovo paradigma si consolida nel cuore pulsante della corporate economy globale: l’intelligenza artificiale non è più una tecnologia da laboratorio, è una manodopera da trincea. E soprattutto, è una manodopera che non sciopera, non chiede ferie, non si ammala e non organizza sindacati. Da PayPal a EY, passando per Meta, Pinterest e l’intera Silicon Valley, si assiste a una mutazione darwiniana dove il lavoratore umano è una specie in via d’estinzione, rimpiazzata da algoritmi affamati di dati e GPU a 5 cifre.

Trump e l’economia del disincanto: la luna di miele è finita, il conto arriva ora

La narrativa trionfale che ha accompagnato la rielezione di Donald Trump si sta sbriciolando sotto il peso delle aspettative mancate. L’ultimo sondaggio economico nazionale CNBC All-America fotografa un Paese più cupo, deluso e (cosa ancora più letale in politica) impaziente. Il consenso economico nei confronti del presidente ha toccato i livelli più bassi del suo secondo mandato, segnando un’inversione di rotta drammatica rispetto all’impennata di ottimismo che aveva accompagnato la sua riconferma. Con un approvazione economica al 43% e un netto 55% di disapprovazione, Trump entra ufficialmente nella zona rossa della fiducia pubblica, per la prima volta anche sul tema economico, da sempre il suo cavallo di battaglia.

Il dato più preoccupante per la Casa Bianca non è tanto la resistenza della base repubblicana, che regge, quanto la frattura profonda con gli indipendenti e l’ostilità feroce dei democratici. Tra questi ultimi, la disapprovazione netta sulle politiche economiche di Trump ha raggiunto il -90, un abisso politico mai visto nemmeno durante il primo mandato. E anche tra i lavoratori blue collar, una delle colonne portanti del trionfo trumpiano del 2024, il supporto mostra crepe evidenti: sì, ancora positivi nel complesso, ma con una crescita di 14 punti nei tassi di disapprovazione rispetto alla media del primo mandato. Il tempo della gratitudine è finito, ora si pretende il dividendo.

La Cina insegna l’AI ai bambini di sei anni: rivoluzione educativa o distopia travestita da progresso?

Col termine “Zhuazhou” (抓周)si indica una cerimonia tradizionale cinese che si tiene il giorno del primo compleanno per celebrare la crescita dei bimbi e augurargli tanta prosperità. Da quest’autunno al compimento del 6 anno, i bambini di Pechino inizieranno il loro percorso scolastico con qualcosa di più del solito abbecedario: l’intelligenza artificiale. E no, non si tratta di semplici giochini educativi per stimolare la mente, ma di un curriculum vero e proprio che comprende l’uso di chatbot, le basi dell’etica dell’AI, e l’impatto sociale delle tecnologie emergenti. In pratica, mentre in Europa ci si scanna ancora sul divieto dei cellulari in classe, la Cina sta insegnando a bambini delle elementari come interagire consapevolmente con ChatGPT.

Black Mirror 7: le tecnologie dietro gli incubi, già in fase di sviluppo nei vostri laboratori preferiti

Mentre gli spettatori meno attrezzati emotivamente si struggono per le sorti dei protagonisti, tra abbracci digitali e intelligenze artificiali con più empatia di uno psicoterapeuta abilitato, i veri appassionati — quelli col badge da sviluppatore e il cronogramma di release di OpenAI stampato sopra la scrivania sanno benissimo che il cuore della settima stagione di Black Mirror non è la distopia. È la roadmap.

Charlie Brooker non inventa il futuro. Lo interpreta sei mesi prima che qualcuno lo carichi su GitHub. Ogni episodio di questa nuova stagione è una riflessione, neanche troppo velata, su tecnologie già esistenti, alcune delle quali in fase di testing in laboratori pubblici e privati. Di seguito, un’analisi giornalistica dettagliata, senza fronzoli narrativi e con lo sguardo cinico di chi sa che la distopia è un business scalabile.

AI Continent Action Plan, Capitolo II Europa continente dell’intelligenza artificiale o continente delle burocrazie?

L’ultima trovata della Commissione Europea si chiama AI Continent Action Plan e, se la retorica dovesse corrispondere alla realtà, ci troveremmo già nel pieno della seconda rivoluzione industriale digitale, made in Europe. Henna Virkkunen, eurodeputata finlandese e voce tra le più entusiaste, ha dichiarato che “L’intelligenza artificiale è il cuore della competitività, della sicurezza e della sovranità tecnologica dell’Europa.” Fa effetto, certo. Ma l’entusiasmo istituzionale è spesso inversamente proporzionale all’esecuzione pratica delle politiche UE.

Il piano, presentato il 9 aprile 2025, mira a cavalcare l’ondata AI per trasformare un’Unione lenta, divisa e normativamente labirintica in un “leader globale” nel settore. L’ambizione è tanta, ma la realtà è, come sempre, più intricata. La Commissione tenta di poggiare il suo piano su cinque pilastri: infrastrutture computazionali, accesso a dati di qualità, sviluppo di algoritmi e adozione strategica, formazione di talenti e guarda un po’ semplificazione normativa.

L’Europa si prepara a combattere il cyberattacco con la sua armatura legale: strategia EU, NIS2 e Cyber Resilience Act in azione

Se c’è un settore dove l’Europa ha storicamente arrancato — tra proclami vaghi e mille “strategia comuni” mai implementate — è proprio la cybersicurezza. Troppa frammentazione, troppe gelosie nazionali, troppi piani che si fermavano alla slide. Ma nel 2023 qualcosa è cambiato. E stavolta non si tratta solo di un fondo da annunciare a Davos.

Parliamo di 27 Centri Nazionali di Coordinamento per la Cybersicurezza, uno per ogni Stato Membro UE. Non centri “di facciata” piazzati in qualche capoluogo per dare una carezza alla politica locale, ma strutture operative, tecniche, integrate in una rete continentale che punta a un obiettivo tanto ambizioso quanto necessario: la difesa digitale coordinata e distribuita.

Digital Europe Programme L’Europa digitale che non esiste ancora ma su cui stiamo mettendo miliardi

Il Digital Europe Programme, come lo chiama Bruxelles in uno slancio di creatività anglofona, è l’ennesima colata di miliardi che l’Unione Europea decide di investire per scrollarsi di dosso l’etichetta di vecchia zia lenta della trasformazione digitale. È stato pensato per rendere l’Europa meno dipendente dai cugini americani (Big Tech) e meno vulnerabile alle grinfie digitali di chi, come la Russia, ha capito prima e meglio come si combattono le guerre anche nei cavi di rete.

Parliamo di un pacchetto da oltre 8,1 miliardi di euro, già stanziati all’interno del bilancio pluriennale 2021-2027. Roba seria, in teoria. In pratica, stiamo cercando di correre dietro a un treno che è già passato. Il programma si concentra su cinque aree strategiche: supercalcolo, intelligenza artificiale, cybersicurezza, competenze digitali avanzate e diffusione massiva delle tecnologie digitali, anche e soprattutto tra le PMI e le pubbliche amministrazioni. Esattamente quei settori dove l’Europa ha sempre balbettato tra mille progetti pilota e piani strategici con acronimi inquietanti.

Key Figures. / The DIGITAL Dashboard / Programme in a Nutshell

Hero Esports rilancia l’intelligenza artificiale: il vero gioco ora è scalare il mondo

Se pensavate che l’eSport fosse solo un passatempo per adolescenti nerd con troppo tempo libero, preparatevi a rivedere i vostri pregiudizi. Hero Esports, colosso cinese del gaming competitivo sostenuto dalla colossale ombra finanziaria di Tencent Holdings e dal muscoloso capitale saudita del fondo Savvy Games Group, ha appena deciso che l’unico modo per vincere davvero è giocare d’anticipo. E lo fa con l’arma più potente del momento: l’intelligenza artificiale.

Lo ha detto chiaramente Danny Tang, co-fondatrice e CEO di Hero Esports, in un’intervista che più che una dichiarazione strategica sembra un manifesto per la conquista dell’intera industria: “Stiamo testando diversi modelli di AI, incluso DeepSeek, in ogni area del business”. Tradotto: dal controllo qualità alla produzione dei contenuti, dall’analisi legale fino al modo in cui si muove la camera durante un torneo di PUBG (PlayerUnknown’s Battlegrounds Videogioco), tutto viene analizzato, ottimizzato, reinventato dalla macchina.

Alibaba Damo Panda vuole diagnosticarti il cancro prima ancora che tu stia male

La notizia ha un suono familiare, ma stavolta c’è una sfumatura inedita: la Food and Drug Administration americana ha appena concesso la designazione di “breakthrough device” al modello AI per la diagnosi del cancro sviluppato da Alibaba, noto come Damo Panda. E no, non è uno scherzo: un colosso tecnologico cinese, spesso sotto tiro per questioni geopolitiche e cybersicurezza, ottiene un timbro di eccellenza da parte dell’ente regolatore sanitario più influente al mondo. Questo, più che un’apertura, sa tanto di resa strategica: l’intelligenza artificiale, ormai, parla mandarino anche nel cuore del biomedicale USA.

Damo Panda è un modello deep learning pensato per scovare il cancro al pancreas nelle sue fasi iniziali, quelle che i radiologi umani spesso si perdono, soprattutto se il paziente non ha ancora sintomi. Lo fa elaborando immagini da TAC addominali non contrastografiche, una sfida clinica e computazionale niente male. Allenato su una base dati di oltre tremila pazienti oncologici, Panda ha dimostrato di battere i radiologi in sensibilità diagnostica del 34,1%. E non stiamo parlando di un benchmark simulato: in Cina ha già operato su 40.000 casi reali presso l’ospedale di Ningbo, individuando sei tumori pancreatici in fase precoce, di cui due erano sfuggiti completamente alle analisi umane. Un colpo basso alla medicina difensiva e ai cultori della seconda opinione.

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