Amazon Web Services (AWS) ha appena firmato un accordo con HUMAIN, la nuova creatura di Mohammed bin Salman, per investire oltre 5 miliardi di dollari nella creazione di una “AI Zone” in Arabia Saudita. Un progetto che promette infrastrutture di calcolo avanzate, reti UltraCluster, servizi come SageMaker, Bedrock e Amazon Q, e un marketplace unificato per agenti AI.

Ma dietro questa patina di innovazione si cela una strategia ben più ampia: l’Arabia Saudita vuole diventare un hub globale per l’intelligenza artificiale, sfruttando la sua posizione geopolitica e le sue risorse finanziarie. E Amazon, insieme a colossi come Nvidia e AMD, non vuole perdere l’occasione di partecipare a questa corsa all’oro digitale.

Il progetto si inserisce nel contesto della Vision 2030 saudita, un piano ambizioso per diversificare l’economia del regno e ridurre la dipendenza dal petrolio. L’AI Zone è solo una delle iniziative in questo senso, ma rappresenta un passo significativo verso la trasformazione del paese in una potenza tecnologica.

Tuttavia, non mancano le perplessità. Molti analisti si chiedono se l’Arabia Saudita abbia realmente le competenze e le infrastrutture necessarie per sostenere un ecosistema AI di livello mondiale. E c’è chi vede in questi investimenti una forma di “AI washing”, un tentativo di migliorare l’immagine del paese attraverso la tecnologia.

In ogni caso, l’accordo tra AWS e HUMAIN è un segnale chiaro: l’intelligenza artificiale è diventata una questione di interesse strategico globale, e le grandi potenze sono pronte a investire cifre astronomiche pur di non restare indietro. Resta da vedere se questi sforzi porteranno a risultati concreti o se si riveleranno solo un’altra bolla destinata a scoppiare.