È finita l’epoca delle liste d’attesa e degli inviti esclusivi. Manus AI, la creatura semi-mitologica partorita da un gruppo di imprenditori cinesi in cerca di gloria e capitali americani, è finalmente accessibile a chiunque. Bastano una mail, una password e la voglia di giocare con qualcosa che promette di essere molto più di un chatbot con l’ego gonfiato. Un’agente AI generalista, capace di svolgere compiti complessi, con l’ambizione di diventare il nuovo standard nel settore emergente (ma già iperaffollato) degli agenti intelligenti.

Lo sblocco della piattaforma arriva dopo una raccolta fondi da 75 milioni di dollari, guidata dalla Benchmark Capital, con una valutazione di 500 milioni. E subito la solita ironia da bar: “Ehi, ma non erano cinesi? E adesso i soldi arrivano dalla Silicon Valley?”. Già. Al Tesoro USA non è sfuggito questo dettaglio, e infatti ci stanno dando un’occhiata. Ma tranquilli, è solo geopolitica quella cosa inutile che di solito frena l’innovazione giusto un paio di mesi prima che si trovi una scappatoia.

Nel frattempo, Manus si gioca la carta del “freemium col turbo”: 1.000 crediti in omaggio all’iscrizione, 300 ogni giorno per gli utenti free. Tradotto: ti facciamo assaggiare la droga, poi vediamo se riesci a farne a meno. Un task costa circa 300 crediti. Quindi puoi provare un paio di cose al giorno. Giusto per illuderti che puoi davvero usarlo senza pagare.

I piani a pagamento. Altro che abbonamento da 20 dollari di ChatGPT. Qui si parte da 39 dollari al mese e si arriva a 199. Per l’abbonamento top hai 19.900 crediti mensili, sufficienti a svolgere una sessantina di compiti, se ti tieni stretto. Un pricing pensato per un pubblico che ha capito che il tempo costa, e che delegare a un’agente AI può avere un ROI mostruoso. O semplicemente per chi vuole sentirsi parte dell’élite.

La mossa di aprire tutto a tutti non è solo marketing. È guerra preventiva. Perché Manus sa benissimo che il futuro prossimo sarà una giungla di agenti AI. ByteDance ha già lanciato Coze Space, una galleria per agenti personalizzati. Genspark.AI – fondata da ex-Baidu – ha un’offerta simile e lavora da suolo americano. Alibaba e Ant Group spingono sul model context protocol, lo standard aperto per collegare agenti a strumenti e sistemi esterni. Tradotto: agenti AI che non solo ti rispondono, ma prenotano, acquistano, compilano, analizzano, e forse un giorno ti lasciano anche per un altro utente.

Il punto non è più se questi strumenti siano smart, ma se riusciamo a stare al passo con la loro proliferazione. Manus ha capito una cosa fondamentale: chi controlla l’interfaccia, controlla la domanda. E in un’epoca dove gli utenti non cercano più “risposte” ma “azioni”, l’agente AI diventa il nuovo browser.

C’è un motivo se in Cina Manus viene considerata la sorella minore (ma più sveglia) di DeepSeek. Non fa solo da assistente, fa da intermediario con il mondo digitale. Non solo ti suggerisce, ma agisce. E questo cambia tutto. Non è un upgrade del search, è una ridefinizione della funzione stessa di interazione digitale. O almeno, questo è il pitch da VC.

Il dettaglio ironico? Per accedere a Manus bastano pochi click. Ma per capirlo e sfruttarlo davvero servono competenze, logica e una buona dose di cinismo digitale. Perché ogni agente è potente quanto la tua capacità di orchestrarlo. E qui torniamo all’antico problema: l’AI è facile da usare, difficile da padroneggiare. Ma Manus gioca sporco, perché ti fa credere il contrario. L’interfaccia è pulita, le risposte veloci, le azioni fluide. Ma sotto la superficie si muove un motore semantico che va domato, non solo interrogato.

Gli early adopter si sono già buttati, spinti dal fascino dell’esclusiva, ora evaporata. Il prossimo step? Valutare se Manus riesce a scalare senza implodere. Perché aprirsi al pubblico significa anche aumentare il rumore, il carico server, la quantità di input banali che potrebbero rendere meno reattivo il sistema. E l’unico modo per differenziarsi sarà mantenere la qualità anche nella massa.

Chiudo con un aneddoto da bar dei daini: un giovane sviluppatore diceva “Manus è come avere un intern di Stanford sotto steroidi, ma che non si lamenta mai e non chiede stock options”. Sì, ma solo finché non diventa abbastanza intelligente da farlo.