C’è un momento, nel progresso tecnologico, in cui l’illusione di libertà si trasforma in un reality show a cielo aperto. Quel momento, per Google, ha un nome preciso: Live Search. Un’idea tanto brillante quanto inquietante, il cui debutto è stato ufficializzato all’I/O 2025 e che ora si appresta a diventare parte integrante di Google Search, nella sua nuova, tanto chiacchierata, AI Mode. La stessa modalità che promette di farci interagire con la rete come se fosse un assistente personale onnisciente. O, più verosimilmente, come se fosse la nostra mamma ficcanaso, ma con accesso a tutti i database del mondo.
Ma cosa fa davvero questo Live Search? Semplice: trasforma la tua fotocamera in un oracolo. O, più precisamente, in un canale diretto con l’intelligenza artificiale di Google, che guarda attraverso i tuoi occhi digitali e ti risponde in tempo reale su qualsiasi cosa tu stia inquadrando. Dal contenuto della tua dispensa, alla marca del vino sulla tavola del vicino, passando per quella pianta in soggiorno che continua a morire nonostante le tue attenzioni.
Il visore del futuro è il tuo smartphone
Questa funzione, già testata con il nome di Gemini Live su Android, ora entra ufficialmente a far parte di Google Search e, udite udite, anche dell’app Gemini su iOS. Un tempo privilegio degli utenti Android, oggi il “Live Mode” varca i confini dell’ecosistema Apple — ironico, se si pensa che per anni Google è stata trattata da Cupertino come l’inquilino sgradito nel piano interrato del castello. Ma evidentemente, anche gli aristocratici della mela hanno capito che l’occhio dell’algoritmo porta soldi, dati, e tanto engagement.
La logica è semplice quanto diabolica: tu inquadri, l’AI capisce, risponde, propone, collega, suggerisce. Il tutto in tempo reale. Un esempio? Apri il frigo, inquadri gli avanzi, e chiedi: “Che ci faccio con mezzo avocado, una birra scaduta e due uova?” Et voilà: Gemini ti proporrà una frittata gourmet da influencer vegano con tanto di link per comprare le spezie mancanti su uno shop partner, ovviamente ottimizzato per le tue preferenze e i tuoi precedenti acquisti.
Dalla ricerca testuale alla percezione aumentata: la SEO non sarà più la stessa
Dietro le quinte di questo miracolo si cela una trasformazione ancora più profonda: Google non indicizza più solo contenuti testuali, ma esperienze visive e contestuali. La vecchia SEO basata su keyword, link building e ottimizzazioni da nerd non basta più. Entra in campo una nuova logica di Search Generative Experience, dove la visione artificiale si fonde con la comprensione semantica in tempo reale.
Il tuo sito di e-commerce ha immagini sgranate o titoli troppo generici? Addio. Il tuo blog di cucina non mostra il piatto finale ben fotografato? Buonanotte. Per apparire nei risultati suggeriti da Live Search, devi essere visivamente rilevante, semanticamente preciso e, soprattutto, contestualmente utile. La battaglia si sposta dal testo all’immagine, dalla keyword all’intento, dall’ottimizzazione alla reazione immediata.
Come se non bastasse, Live Search si integra anche con Deep Search, l’agente AI che Google promette sarà in grado di eseguire azioni sul web per conto tuo. Una specie di commesso virtuale che non solo capisce cosa vuoi, ma lo compra, lo ordina, lo confronta, lo prenota. Tu chiedi, lui agisce. A patto che, ovviamente, tu stia dentro il recinto dei servizi compatibili e monetizzabili.
La privacy? No, dai, ci facciamo due risate
Chiariamo una cosa: per quanto Google ci tenga a parlare di privacy, trasparenza e controllo dell’utente, stiamo assistendo a un’espansione silenziosa dell’occhio dell’algoritmo. Con la scusa dell’assistenza visiva, si apre un canale continuo tra il tuo mondo e l’intelligenza artificiale di Mountain View. Non più “cerca quando vuoi”, ma “vivi mentre noi guardiamo”.
E mentre ci viene assicurato che tutto è locale, criptato, temporaneo (bla bla bla), la realtà è che ogni interazione visiva è una miniera d’oro per profilazione, pubblicità predittiva e perfezionamento del modello. Altro che cookies: benvenuti nella stagione dei video-cookie, ovvero la tua realtà ripresa, interpretata e suggerita indietro sotto forma di contenuto iper-personalizzato.
La corsa all’AI visiva: chi si ferma è perduto (o acquisito)
Se ti stai chiedendo se tutto questo sia un passo avanti o un salto nel buco nero, la risposta dipende da chi sei. Sei un marketer? È il nuovo Eldorado. Sei un utente medio? Benvenuto nel Truman Show. Sei un competitor? Sbrigati, o ti svegli domani comprato da Alphabet.
Il fatto che Google abbia deciso di non bloccare questa feature dietro il paywall del piano Gemini Advanced è un segnale forte: la posta in gioco non è il fatturato diretto, ma la dominanza dell’esperienza di ricerca visiva. Più utenti coinvolti significa più dati, più contesto, più vantaggio competitivo. Gli utenti iOS, abituati a pagare per tutto, ora ricevono Live Search “gratis” – in cambio, ovviamente, della loro vista.
Curiosità da bar per chi ama i paradossi
Un ingegnere di Google, intervistato off the record, ha detto che nei test interni una delle richieste più comuni era: “Cos’è questa roba nella mia mano?” Una domanda che detta così sembra filosofica, ma che in realtà nasce da utenti che inquadrano una medicina, un cibo sconosciuto o, in qualche caso, il telecomando del loro hotel.
Perché sì, il futuro è questo: l’AI ti spiega il mondo che hai dimenticato di comprendere. Ma lo fa con una voce melliflua, accesso alle tue fotocamere e un’ottima memoria. Troppo buona.
E adesso che ci vede, non smetterà più di guardare.