Una startup di Hong Kong, che fino a ieri confezionava tamponi per il COVID come fossero spaghetti istantanei, oggi ha raccolto 34 milioni di dollari per un test all’apparenza banale, ma con potenziale da unicorno biotech: rilevare l’HPV (virus del papilloma umano) con l’urina. Non un Pap test, non un prelievo, niente speculum medievali o stiramenti imbarazzanti sul lettino ginecologico. Solo pipì. In provetta. A casa.
Se ti suona troppo bello per essere vero, benvenuto nel mondo della medicina molecolare del 2025, dove i biomarcatori galleggiano in campioni che nessuno voleva, ma che ora sono oro liquido. Letteralmente: 34 milioni di dollari lo confermano.
La Phase Scientific International (PSI), nota per i suoi test COVID durante la pandemia, ha sviluppato il primo test al mondo per HPV su base urinaria. E non si tratta di fuffa med-tech, ma di un sistema brevettato per concentrare e purificare i biomarcatori in modo da ottenere 10 volte più “segnali” diagnostici rispetto agli attuali standard nei test liquidi. In parole povere: riescono a far parlare la pipì meglio di quanto un Pap test riesca a far parlare una cervice.

L’amministratore delegato Ricky Chiu, un tipo che pare uscito da un pitch permanente di Silicon Valley, promette che l’anno prossimo, dopo uno studio clinico su 20.000 partecipanti, il test sarà pronto per la grande distribuzione. E per “grande” intende a casa tua, in un kit con tanto di QR code e app. Non ci sarà più bisogno di prenotare la visita ginecologica con sei mesi d’anticipo o fingersi morte per evitare l’esame.
La parte davvero disturbante? Che serviva davvero qualcosa del genere. In Hong Kong, solo un terzo delle donne tra i 25 e i 64 anni fa lo screening consigliato ogni tre anni. E i casi di cancro al collo dell’utero sono cresciuti del 30% in dieci anni. Come dire: l’anacronismo delle pratiche mediche ha un costo, in vite umane.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità punta a far testare il 70% delle donne entro i 35 anni entro il 2030. Ma se l’unica opzione rimane un Pap test doloroso, invasivo e logisticamente complesso, non ce la faremo mai. Questo test urinario potrebbe cambiare tutto.
Nel trial clinico su 1.000 pazienti condotto con il Peking University Shenzhen Hospital, la sensibilità del test nell’individuare lesioni precancerose è stata del 93,4%. Una concordanza del 97% col Pap test. Praticamente identico, ma senza il trauma. È come confrontare il fax con l’email: stesso messaggio, esperienza utente radicalmente diversa.
PSI ha già preso il controllo di ONCO Medical Lab, il maggior operatore di test ginecologici di Hong Kong, capace di processare 80.000 Pap l’anno. Intenzione: fare lo stesso con i test su urina. Ma attenzione, qui c’è la vera bomba — il test funziona anche per gli uomini. Perché se nel mondo civilizzato le donne si vaccinano e si controllano (forse), il virus HPV continua a proliferare indisturbato tra maschi inconsapevoli, spesso vettori silenziosi.
E se negli USA i casi di tumori HPV-indotti alla testa e al collo hanno già superato quelli del cancro cervicale, il potenziale di mercato cambia scala. Non si parla più di ginecologia, ma di oncologia trasversale. L’oro della medicina predittiva non è solo “early detection”, ma ubiquità diagnostica. Dove non serve né un ospedale, né un medico, né la vergogna.
E qui torna la parte cinicamente geniale: PSI non si limita a “vendere un test”. Sta costruendo una piattaforma. Un’infrastruttura che combina biologia molecolare, user experience da e-commerce e intelligenza diagnostica. Da laboratorio centralizzato a sistema distribuito. Da “device” a “data factory”. In un contesto in cui la compliance — l’adesione dei pazienti — è il vero collo di bottiglia, trasformare il prelievo in una pratica domestica è come passare dall’ATM alla banca online.
Ma servono soldi, e molti. Dopo questa Serie A, la startup si prepara a una Serie B entro 18 mesi, cercando partner strategici per la commercializzazione globale. Cioè: qualcuno con abbastanza potere per penetrare i sistemi sanitari, bypassare burocrazie decennali, e distribuire il test su larga scala. Magari una Big Pharma, o un conglomerato tech con ambizioni sanitarie (cercasi Amazon Health, con urgenza).
Chiu intanto sogna FDA e approvazione in Cina. Due continenti, due regolatori, un solo algoritmo di purificazione brevettato. Scommette che la qualità del dato farà la differenza. Non la brand awareness, non le lobby mediche, ma la precisione. Il test sarà talmente affidabile da non poter essere ignorato.
Una curiosità da bar? Il fluido meno sexy del corpo umano è oggi il vettore di una delle innovazioni più promettenti della medicina preventiva. Mentre i venture capitalist ci mettono i milioni, tu non devi far altro che farla. Letteralmente.
Perché a volte, il progresso comincia con un bicchiere di plastica.