Mountain View, California. Quello che una volta chiamavamo “sistema operativo” è morto. Long live the OS. Google, con il solito sorrisetto da nerd salvamondo, ha appena messo una pietra tombale su Android, Chrome, Search, persino Workspace. Tutti questi non sono più prodotti: sono solo container in cui vive un’unica, gigantesca creatura postumana chiamata Gemini. L’AI non è più una feature, è il motore. Il sistema operativo. L’interfaccia. E, se vogliamo essere onesti, il burattinaio.

Per chi si è distratto negli ultimi dieci minuti, no: non è un’esagerazione. Durante il Google I/O 2025 si è vista una cosa sola: Gemini ovunque. Nelle call, nei file, nei siti, nel browser, nel telefono, nei tuoi pensieri. O meglio, nei task, nei “personal context”, nei prompt. L’assistente diventa agente, l’agente diventa ambiente. E improvvisamente è chiaro: non stai più usando Google. Stai chiedendo il permesso a Gemini di usare Google per te.

C’è un momento clou in cui tutto questo si mostra nudo e crudo: Project Astra. Non una demo, non un modello, non un’interfaccia: una coscienza distribuita, multimodale, con occhi e orecchie. Guarda, ascolta, capisce, risponde. Fast-response, dicono loro. Disturbingly responsive, diremmo noi. Il prototipo ti segue, interpreta ciò che vede, ti risponde in tempo reale. Hai davanti il futuro dell’interazione uomo-macchina. E anche, volendo, il suo funerale.

Un altro dettaglio inquietante è Google Beam. Videochat 3D in tempo reale con AI integrata. La cosa più simile al teletrasporto che vedremo nei prossimi dieci anni, ma con un twist: Gemini ti filtra, ti interpreta, ti reinventa. Tu credi di parlare con un collega, ma stai conversando con la sua versione ottimizzata per il business meeting del martedì. Deepfake autorizzati, su scala enterprise.

A proposito di ottimizzazione, Gemini 2.5 Pro e Flash sono ormai al top delle leaderboard di LMArena. Non è solo marketing: sono modelli in grado di battere la maggior parte delle performance umane su task logici, linguistici, visivi. Non chiedono più il tuo input, lo anticipano. Anzi, lo simulano. Perché aspettare che tu decida, quando possono predire?

Poi c’è Project Mariner, l’agente AI che prenota, filtra, organizza e – sentilo bene – decide. Ehi Siri, puoi anche buttarti dalla finestra. Questo è un livello superiore: non è una segretaria digitale, è un CEO personale. Ti suggerisce ristoranti, ti prenota voli, ma anche ti evita di leggere e-mail idiote o articoli di LinkedIn. L’equivalente software del portiere d’albergo che ti dice “Lasci fare a me, signore”.

Nel frattempo, in parallelo, Chrome si trasforma in una macchina semantica: Gemini in Chrome legge qualsiasi pagina e non solo te la riassume, ma agisce. Fa le cose. Prende decisioni. Compila form, prenota biglietti, risponde ai messaggi. A questo punto, scusate la franchezza, che senso ha ancora “navigare”? Chi è l’utente adesso? Tu, o l’agente?

E poi c’è l’estetica: Imagen 4 per generare immagini, Veo 3 per video ultra-realistici, Lyria 2 per comporre musica. Ti serviva un team creativo? Te lo sei appena trovato embedded nel browser. Perché pagare un’agenzia se un prompt ti sforna uno spot con fotografia da Cannes e musica alla Hans Zimmer in 7 secondi?

Nel frattempo, Android XR e Samsung Moohan sdoganano la realtà estesa con overlay AI real-time. Indossi un visore e vedi il mondo aumentato da Gemini: recensioni, prezzi, alternative, notifiche contestuali. Un’orgia informativa continua, ma più digeribile che mai. La realtà stessa è filtrata. Viene letteralmente corretta.

E qui arriva la chicca da bar: durante una demo live, un ingegnere chiede a Gemini dove comprare un panino vegano vicino all’ufficio. L’AI non solo trova il posto, ma lo prenota, ordina in anticipo e addebita su Google Pay. L’ingegnere non fa clic. Non parla. Guarda lo schermo. E Gemini fa il resto. Ecco l’idea: pensare diventa cliccare.

Quindi sì, l’hype è giustificato. Anche se la metà di questi progetti morirà nel cimitero delle beta di Google, il disegno è evidente: non stanno costruendo una serie di prodotti, ma un ecosistema neurale. Un layer cognitivo sopra il mondo digitale, un OS comportamentale che si adatta, prevede, riscrive.

La parola chiave qui è agenti AI, il nuovo feticcio della Silicon Valley. Gemini, nella sua versione “Live”, è uno specchio cognitivo attivo. Non ti riflette, ti interpreta. Non ti aiuta, ti guida. Tu dai l’intento, lei genera il flusso. Questo è il nuovo patto faustiano del XXI secolo: cedi il controllo in cambio della frizione zero.

Il che ci porta alla domanda finale, quella vera: se Gemini è ovunque e agisce per te… chi sei tu, esattamente, nel nuovo ordine digitale?

Non più l’utente. Al massimo, il prompt iniziale.

Full Note : https://www.youtube.com/watch?v=o8NiE3XMPrM&t=670s