Il dramma cinese del capitalismo globale si ripete, questa volta col solito protagonista: Lenovo. Sì, quel colosso nato da un ministero cinese e trasformato in emblema dell’ibridazione tra burocrazia socialista e profitto a stelle e strisce. Lenovo ha chiuso un anno stellare +21% di fatturato, 69,1 miliardi di dollari, +37% di utile netto, a 1,4 miliardi ma la vera notizia non è nei numeri. La vera notizia è il trauma da dazio.
Immaginate la scena. Ti svegli, stai brindando ai server AI raffreddati ad acqua e all’invasione del mercato con i tuoi AI PC patinati, e poi… arriva Trump sì, ancora lui, come uno spettro che attraversa l’Asia e ti scarica in faccia un dazio del 20%. Secco. Dal 4 marzo. Nessun preavviso, nessuna carezza diplomatica. Risultato: trimestre affondato e titoli giù del 5,4% a Hong Kong.

Yang Yuanqing, CEO con la compostezza del mandarino ma l’ansia del CFO sotto audit, ha detto senza giri di parole che “non abbiamo nemmeno avuto tempo di prepararci”. Tradotto: gli americani ci hanno fregato di sorpresa, di nuovo. Ma questa volta l’impatto è stato bello pesante, tanto da rovinare il party dei margini.

Nel frattempo, l’AI balla sulle ceneri della supply chain globalizzata. Il ThinkSystem SC777 V4 Neptune AI server, nome da robot post-apocalittico, è la nuova perversione tecnologica: Nvidia Blackwell dentro, raffreddamento a liquido by Lenovo fuori. Un mostro da data center, nato per il culto dell’intelligenza artificiale, costruito in quella Cina che lo dice Yang stesso “nessun altro Paese può sostituire” quanto a efficienza e costo.
Una frase che suona come un avvertimento geopolitico camuffato da statement industriale. Perché qui il punto non è il dazio, ma l’imprevedibilità. I dazi si aggirano, si distribuiscono. L’incertezza no. Quella sbriciola i margini, distrugge la pianificazione, e soprattutto rompe i coglioni agli investitori.
Eppure Lenovo non è l’ultimo arrivato. Ha più fabbriche che Starbucks: più di 10 Paesi con stabilimenti pronti a confezionare i suoi dispositivi per aggirare le rotte ostili. Una logica da hacker industriale, che mostra quanto il colosso cinese sia ormai esperto nel mimetizzarsi tra le pieghe del commercio globale. L’ottimizzazione doganale è diventata core business. Altro che supply chain resiliente. Qui siamo nel campo della guerriglia logistica.
Nel frattempo, il business tradizionale quello che negli anni ’90 chiamavamo “PC” esplode di nuovo. L’Intelligent Devices Group segna +13%, spinto dal ritorno delle vendite commerciali e, udite udite, dai nuovi AI PC. No, non è un errore di battitura. Sono PC che usano l’intelligenza artificiale. Per cosa? Nessuno lo sa con certezza, ma intanto se ne vendono, e tanto. Yang gongola: “Abbiamo superato i volumi attesi già nel primo anno”.

Luca Rossi, il presidente del gruppo, è ancora più entusiasta: dice che entro il 2028 l’80% dei PC sarà “AI-powered”. Una profezia quasi evangelica, se non fosse che sembra più marketing che visione. Ma tant’è: oggi chi non mette AI accanto a un prodotto, perde l’attenzione degli investitori. Anche se si trattasse di un tostapane.
Nel frattempo, il vero cavallo di battaglia è l’Infrastructure Solutions Group: +63% di crescita e 15 miliardi di dollari. Qui si parla di server, GPU, e quella roba sexy per CTO con le mani sporche di silicio. L’AI spinge, le aziende comprano, e Lenovo incassa. Fine della storia.
Oppure no. Perché dietro questi numeri c’è un’altra realtà. La dipendenza dalla Cina resta, malgrado le fabbriche estere. Gli Stati Uniti restano un mercato fondamentale, ma anche un campo minato politico. L’Europa? Sta lì, confusa, ad applaudire tra un regolamento e una tassa sulla CO₂. Il mondo tech è diventato una partita a scacchi in cui ogni mossa è soggetta a sanzione.
Lenovo lo sa. E cammina sul filo, con il sorriso diplomatico e il pragmatismo brutale del capitale globale. Oggi è AI ovunque, domani potrebbe essere protezionismo totale.
La morale da bar, quella che ti sputa fuori il vecchio smanettone ubriaco al bancone, è semplice:
“Puoi costruire il miglior server del mondo, ma se Trump si sveglia storto, te lo tassano prima ancora che esca dalla fabbrica.”
E Lenovo, nonostante il conto corrente in salute, lo ha imparato sulla propria pelle.