C’è una differenza sottile, ma fondamentale, tra “sicurezza” e “sorveglianza vestita da comodità”. Microsoft l’ha appena calpestata con gli stivali sporchi di marketing AI. E no, non c’è nessun complotto: c’è solo il solito business model americano, che trasforma ogni tua interazione digitale in un dato monetizzabile, anche quando pensi di parlare al sicuro, magari su Signal.

Benvenuti nell’era in cui anche la memoria è un prodotto, e si chiama Recall: un nuovo “feature” di Windows 11 che, con l’aria innocente di un assistente proattivo, fa esattamente quello che suonerebbe inquietante in qualsiasi bar del mondo scatta screenshot di tutto ciò che fai, ogni 5 secondi, e lo archivia per sempre. Letteralmente. Benvenuti nel futuro secondo Microsoft.

Naturalmente, il comunicato ufficiale racconta un’altra storia: Recall serve a “ritrovare facilmente cose viste in precedenza”, come se la tua mente fosse un campo minato di tab chiuse male e mail dimenticate. Loro la chiamano AI-powered memory, un diario segreto da nerd con l’ossessione del controllo. Ma quello che veramente è? Un keylogger visuale di nuova generazione. Perché sì, è intelligente, sì, è automatico, ma soprattutto: è invasivo da fare paura.

E qui entra in gioco Signal, l’app di messaggistica usata da chi non si fida né di Zuckerberg né di Musk e a ragione. Davanti all’ennesima aberrazione ideata a Redmond, il team di Signal ha fatto l’unica cosa sensata in uno scenario simile: bloccare per default gli screenshot della propria app su Windows 11. Esattamente come succede con Netflix, dove non puoi “fermare l’immagine” mentre guardi un film. Qui però non si tratta di evitare la pirateria, ma di evitare che un algoritmo frughi nelle tue conversazioni criptate, magari mentre racconti a un amico qualcosa di delicato, personale, potenzialmente compromettente.

Il paradosso è che questa protezione, che dovrebbe essere lo standard, è stata implementata come workaround. Una patch. Un rattoppo alla mancanza di buon senso (e API) da parte di Microsoft, che non ha ancora previsto un modo per consentire agli sviluppatori di escludere certe app dal tritacarne digitale del suo “AI memory recorder”. Come ha scritto Joshua Lund, dev di Signal, “è inaccettabile che siano gli sviluppatori a dover proteggere l’utente da una funzione di sistema che invade la privacy”.

Ma non preoccupatevi: l’opzione per disattivare il blocco c’è, nel caso vogliate davvero fare uno screenshot a una chat crittografata. Basta andare in impostazioni > privacy > screen security. Il problema, però, è proprio questo: perché deve essere l’utente a sapere cosa sta succedendo, e non il sistema a garantire che non accada mai?

Già oggi Recall filtra di default le attività nei browser in modalità incognito, ma si ferma lì. Non distingue tra dati sensibili e meme. Se non si ha la voglia, la capacità o anche solo l’informazione necessaria per disattivare manualmente il tracciamento app per app, ecco che le conversazioni su Signal — o in qualsiasi altro ambiente teoricamente protetto — diventano fruibili da un sistema di intelligenza artificiale che vive nel cuore del tuo PC. Della serie: la privacy selettiva è come la castità selettiva — una contraddizione in termini.

Il tutto, naturalmente, in un contesto dove Microsoft ha già lanciato Recall due volte per poi rimandarlo, segno evidente di una feature problematica anche per i loro standard interni. E ora che finalmente è “in produzione”, ci troviamo con un sistema operativo che scatta screenshot in background e li indicizza per “aiutarti a ricordare”. Ma ricordare cosa, di preciso? Che abbiamo accettato, scrollando in fretta i termini di servizio, di vivere in una distopia da Black Mirror versione enterprise?

Qui non si tratta solo di privacy, parola ormai inflazionata e spesso fraintesa. Si tratta di sovranità informativa individuale. Signal rappresenta l’eccezione etica in un panorama tecnologico sempre più compromesso dalla logica del “default open”, dove ogni gesto è tracciato, ogni conversazione memorizzata, ogni utente potenzialmente profilato anche offline.

E se pensate che sia un’esagerazione, fate questo esercizio: immaginate un futuro dove Recall integra anche il riconoscimento vocale in tempo reale, magari combinato con un assistente AI sempre attivo. Lavori da casa, partecipi a una call su Zoom, mandi un messaggio su Signal, cerchi un file privato. Il tuo PC, mentre lavori, registra ogni clic, ogni parola, ogni faccia, in nome della produttività. A quel punto, la linea tra sicurezza e sorveglianza non è sfumata: è scomparsa.

Ma tranquilli, Microsoft dirà che è “per migliorare l’esperienza utente”.

Nel frattempo, per fortuna che esistono progetti come Signal. Ancora capaci di dire no, anche quando dire sì sarebbe più facile. Anche quando l’utente medio non capisce il pericolo. Anche quando l’intera industria sembra viaggiare nella direzione opposta, a colpi di buzzword e dashboard.

In conclusione? No, non concludiamo. Perché questa storia è tutt’altro che chiusa. Anzi, è solo all’inizio. E ci riguarda tutti, anche se preferiamo non pensarci. Per ora, ricordatevi solo questo: la vostra memoria dovrebbe appartenere a voi. Non a Windows.