C’è una frase che circola tra gli addetti ai lavori da mesi, con l’insistenza di una profezia sottovoce: “L’intelligenza artificiale consumerà più energia di quanto l’umanità ne abbia mai avuto bisogno.” Non è retorica. È uno scenario. E Google, che di futuri se ne intende, ha già scelto il proprio carburante: il nucleare. Non quello vecchio, carbonizzato dalla paura post-Chernobyl, ma quello nuovo, avanzato, strategico, “intelligente” almeno quanto le macchine che deve alimentare.

Come già anticipato, e ampiamente previsto da chi sa leggere il codice dietro le scelte geopolitiche, Mountain View ha formalizzato una partnership con la startup nucleare Elementl Power. Obiettivo? Tre impianti negli Stati Uniti, ognuno da 600 megawatt, per una botta da 1.800 MW complessivi. Non per la rete nazionale, non per la sicurezza energetica del Midwest: per i suoi data center. Quelli che macinano miliardi di parametri, inferenze, LLM, e quegli stessi algoritmi generativi che ci stanno cambiando la pelle, l’etica e ora il clima.

La fame energetica dell’intelligenza artificiale non ha paragoni storici. Stiamo parlando di strutture digitali che vivono di corrente come i dinosauri vivevano di piante. E con una fame altrettanto preistorica. Le rinnovabili? Carine, da brochure ESG. Ma troppo intermittenti. Troppo lente. Troppo ottimistiche per chi ha deadline settimanali su modelli da 100 trilioni di parametri.

E allora: via libera all’atomo.

Il piano, tanto audace quanto chirurgico, coinvolge l’Oak Ridge National Laboratory (già cuore pulsante del Manhattan Project, per chi ha memoria lunga) e il programma GAIN del DOE americano. Tradotto in parole concrete: accesso prioritario a infrastrutture, know-how, e — attenzione — un voucher tecnico per saltare anni di pre-sviluppo. La burocrazia nucleare, normalmente un labirinto kafkiano, è stata ridotta a un’autostrada. Non è solo accelerazione. È vantaggio competitivo geopolitico.

David Faherty di Elementl lo dice chiaramente, con quella sicurezza da venture capitalist che ha annusato il sangue: “Abbiamo risparmiato anni di lavoro.” Leggasi: Google è già in fase operativa. Non siamo a livello di PowerPoint visionari. Qui si parla di mappa geospaziale OR-SAGE, un sistema sviluppato da ORNL che analizza migliaia di territori con un algoritmo degno di un war game della DARPA. Sicurezza, risorse, domanda energetica vicina: la logica è quella del micro targeting, stile Cambridge Analytica, ma con l’uranio al posto dei dati.

Nel frattempo, Google ha anche messo il gettone su Kairos Power, un’altra stella nascente della rinascita nucleare americana. Reattore Hermes, sali fusi ad alta temperatura, primo impianto commerciale operativo nei primi anni ’30. Lasciano ai governi la decarbonizzazione a parole, mentre loro si comprano il futuro con i reattori.

Perché è qui il punto. I data center non sono più centri di costo. Sono centri di potere. Politico, strategico, cognitivo. Senza elettricità, il machine learning è solo “machine”. E con le emissioni globali che nel 2024 sono cresciute del 450%, di cui buona parte direttamente imputabile al boom computazionale, l’ipocrisia green è ormai uno sport da LinkedIn. Non da consiglio di amministrazione.

L’Unione Europea, sempre in ritardo di una legislatura, sta finalmente parlando di “neutralità tecnologica” sulle emissioni. Una forma elegante per dire: fate come volete, basta che i numeri quadriano. E i numeri, nel caso del nucleare, sono spietatamente efficienti. Zero CO₂, carico stabile, footprint ridotto. E, con la giusta narrazione, anche “cool”.

Questa non è solo transizione. È verticalizzazione energetica. Le big tech si stanno costruendo da sole la propria sicurezza energetica, scavalcando la rete pubblica, bypassando i governi, decentralizzando il concetto stesso di utility. È il ritorno dell’atomo, ma sotto una nuova egida: quella delle AI company. In un futuro dove il potere non sarà più nei silos di grano ma in quelli di calcolo, chi possiede l’elettricità possiede l’intelligenza.

Una volta si diceva che la guerra fredda si combatteva a colpi di testate nucleari. Oggi si combatte a colpi di watt, megawatt, terawatt. Con le AI al posto dei missili, e i chip al posto delle testate. E chi ha il reattore ha la chiave.

C’è un cinismo sotterraneo, quasi elegante, nel fatto che Google, paladina della sostenibilità algoritmica, abbia scelto la fonte di energia più controversa e sottovalutata della storia moderna per alimentare la prossima generazione di intelligenza artificiale. Ma chi ha detto che la transizione ecologica debba essere democratica?

O peggio: rinnovabile.

Perché nell’era dell’AI, la vera risorsa rinnovabile è la narrazione. E in questo, Google è già alimentata a pieno regime.