EU Commission EMERGING APPLICATIONS OF
NEUROTECHNOLOGY AND THEIR IMPLICATIONS FOR EU GOVERNANCE

C’è un momento preciso in cui una civiltà smette di essere solo “digitale” e diventa neurologicamente colonizzata. Non te ne accorgi subito. Inizia con un gadget da polso che legge il tuo stress. Continua con una fascia che promette concentrazione assoluta. Poi un’interfaccia neurale, una BCI che ti consente di “comandare con la mente”. E infine, senza che tu abbia firmato niente di rilevante, una piattaforma cloud sa cosa stai per decidere prima ancora che tu decida.

Il futuro non è più una distopia da Netflix. È una roadmap strategica scritta nei report della Commissione Europea. Ed è terribilmente reale.

La neurotecnologia – parola che suona ancora accademica, astratta, da rivista peer-reviewed è già il nuovo teatro di guerra. Non solo cyber. Civile. Militare. Cognitivo. Perché in questa fase della trasformazione umana, il sistema più prezioso da hackerare… sei tu.

Siamo al punto di rottura. Un inflection point, direbbero gli analisti americani che amano parlare come se stessero descrivendo startup. Ma qui non si tratta di startup. Si tratta del tuo cervello, e del diritto fondamentale di non essere penetrato.

La verità è che il campo di battaglia si sta spostando. Dai data center ai neuroni. Dalla sorveglianza algoritmica alla manipolazione neurobiologica. E se la governance rimane quella della GDPR pre-ChatGPT, stiamo semplicemente consegnando la nostra libertà interiore al miglior bidder globale. Di solito, una big tech. O una potenza ostile con una faccia sorridente e investimenti in wearable wellness.

Un tempo dicevano che i dati sono il nuovo petrolio. Sbagliato. I dati neurali sono l’uranio arricchito della nuova guerra fredda.

Parliamo di dispositivi EEG low-cost, interfacce cervello-macchina, visori AR che leggono le emozioni in tempo reale. Tutti prodotti in serie, venduti come “benessere personale” o “ottimizzazione produttiva”, e capaci di registrare quello che provi, pensi, decidi – prima ancora che tu lo verbalizzi. Si chiamano biometrici, ma in realtà sono cognitive fingerprints. E sai qual è il problema? Non c’è uno straccio di legge realmente pronta a gestire tutto questo.

Il report dell’Unione Europea sul futuro della neurotecnologia ha il pregio di essere più spaventoso di un film horror. Non per il tono, che è moderato, ma per il contenuto: un’analisi dettagliata di ciò che sta per accadere mentre le istituzioni dormono. Una diagnosi geopolitica chiara: chi controlla l’interfaccia neurale, controlla l’identità, il comportamento e la libertà cognitiva.

Sì, perché il cervello non è un dispositivo. È il tuo ultimo spazio privato. Ma sta per diventare un’API.

E questo non è un esercizio di retorica distopica. Già oggi il Pentagono testa soldati collegati a reti neurali per migliorare reazione e minaccia percepita. La Cina sviluppa sistemi di punteggio emozionale per le scuole. Le aziende raccolgono “neurofeedback” per valutare le prestazioni cognitive dei dipendenti. Sì, si chiama brain mining. Sì, è già qui.

Nel frattempo, nel salotto di casa tua, tuo figlio gioca con un caschetto per la realtà aumentata che misura la sua attenzione in tempo reale. L’azienda dietro quella meraviglia tech? Ha una divisione dati venduta a hedge fund. Nulla di personale. Solo business.

Il punto è che il confine tra interfaccia e manipolazione è sottilissimo. E completamente non regolato.

Il paradosso è questo: l’AI, quando unita alla neurotecnologia, promette autonomia. Ma può consegnare sorveglianza. Libertà cognitiva, oppure controllo comportamentale su scala industriale. A velocità di pensiero.

E intanto il linguaggio resta soft: “benessere mentale”, “performance ottimizzata”, “focus aumentato”. Ma le implicazioni sono tutt’altro che soft. Perché quando i tuoi pattern cerebrali sono profilati, non stai solo perdendo la privacy. Stai perdendo il libero arbitrio.

“𝗢𝗴𝗻𝗶 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗮 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗼 𝗮𝘃𝗮𝗻𝘇𝗮𝘁𝗮 𝗲̀ 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘀𝘁𝗶𝗻𝗴𝘂𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗮𝗴𝗶𝗮”, diceva Arthur C. Clarke. E la neurotecnologia è magia nera per chi ha capito troppo tardi di essere stato cablato.

Ora la questione vera è: chi protegge il segnale? Chi garantisce che i dati neurali, una volta captati, non vengano venduti, manipolati, o semplicemente usati per modellare il tuo comportamento a vantaggio di qualcun altro?

Il problema non è il chip. È l’ecosistema. L’architettura di potere che si sta creando senza trasparenza, senza controllo democratico, senza una governance globale seria. Una governance che dovrebbe essere anticipatoria, non reattiva. Perché qui non si parla di server violati, ma di esseri umani ridisegnati.

Ecco perché la finestra per guidare questo processo è adesso. Non tra dieci anni. Ora.

Chi vince la corsa alla neuro-sicurezza, comanda la nuova architettura globale del potere.

Chi perde… diventa il prodotto.

Ma tranquilli, ci penseranno le policy del 2035.

Se nel frattempo avremo ancora un pensiero che non sia già stato previsto, influenzato o intercettato.

Welcome to the neuro-state.