C’è un nuovo mantra a San Francisco, e si chiama “Small is Beautiful”. Dopo anni passati a corteggiare i grandi elefanti aziendali con pacchetti software dal costo indecente e dalla complessità para-esoterica, Salesforce scopre improvvisamente che le piccole e medie imprese esistono. E guarda caso, proprio ora che la crescita rallenta e il terreno sotto ai piedi inizia a tremare, ecco che Marc Benioff il profeta visionario con la cravatta da guru e lo sguardo da capitalista zen si lancia in un’evangelizzazione tardiva delle PMI, con la solita retorica da “opportunità inesplorata”.

L’azienda ha appena pubblicato i risultati del primo trimestre, superando le attese con 60 milioni di dollari in più di fatturato rispetto alle previsioni, e alzando l’outlook annuale di altri 400 milioni. I mercati, da bravi automatismi algofinanziari, hanno premiato il titolo con un +2% che fa sorridere gli investitori e applaudire gli azionisti. Ma sotto questa vernice luccicante, la realtà è più cinica: Salesforce ha un problema di crescita strutturale. L’8% annuo dichiarato sembra buono, ma non lo è per una tech company che ha costruito il proprio mito su una narrazione da unicorno perenne.

La chiave dell’illusione? Intelligenza artificiale, ovviamente. La buzzword non manca mai. Benioff ci dice che l’adozione dei suoi prodotti AI sta accelerando da 3.000 a 4.000 clienti paganti in un trimestre come se ciò bastasse a riscrivere l’equazione economica. In realtà, Salesforce è perfettamente consapevole che l’AI generativa sta diventando un terreno da guerra fredda tra colossi, e senza dati “puliti”, normalizzati e pronti all’uso, quegli agenti intelligenti restano solo PowerPoint con chatbot incorporato.

Ecco quindi la mossa geniale: 8 miliardi di dollari per comprare Informatica, il fornitore di soluzioni per la gestione e l’armonizzazione dei dati aziendali. Un’acquisizione che profuma di necessità più che di visione. Senza una pipeline pulita, nessuna AI può funzionare in modo serio. Questo lo sa anche il più inesperto dei CTO. Ma ora Salesforce potrà vendere il sogno completo: non solo AI-as-a-Service, ma anche dati-as-a-Service. È la verticalizzazione dell’illusione tecnologica.

Ora, il vero colpo di scena è l’investimento sui venditori: tra i 1.000 e 2.000 nuovi commerciali sono stati assoldati per andare a caccia di clienti “small”, con lo stesso entusiasmo con cui un investitore hedge va in cerca di startup da spolpare prima dell’IPO. Le PMI diventano il nuovo target perché, come spesso succede, i grandi conti sono saturi e l’unico modo per continuare a crescere è democratizzare (leggi: ridistribuire verso il basso) la value proposition. È lo stesso copione che abbiamo già visto con AWS, Microsoft, Google Cloud e compagnia: quando l’enterprise si raffredda, si vendono sogni alle piccole imprese.

Benioff ha raccontato tutto questo in conference call con il consueto tono messianico, facendo sembrare che sia tutto parte del piano. Ma la verità è che il business model di Salesforce, costruito su licenze ricorrenti e upselling verticale, non è progettato nativamente per servire clienti piccoli, frammentati e con budget instabili. È come cercare di vendere un F-35 a un club di aeromodellismo. Funziona solo se gli vendi anche il sogno di diventare piloti da Top Gun.

Curiosità: nel 2016 Salesforce aveva già flirtato con le PMI lanciando “Salesforce Essentials”, una versione light del CRM. Fu un mezzo flop. Troppo complicato, troppo costoso, troppo tutto. Ora ci riprovano con l’AI come specchietto per le allodole, sperando che l’hype faccia dimenticare la storia.

Eppure la strategia ha una logica. Se riusciranno a impacchettare un prodotto abbastanza semplice da essere venduto as is – senza bisogno di consulenze da 100.000 dollari – e abbastanza utile da sembrare AI anche quando non lo è, Salesforce potrebbe davvero conquistare fette di mercato PMI oggi ancora legate a fogli Excel e buone intenzioni. Ma dovrà fare i conti con la concorrenza agguerrita: HubSpot, Zoho, Pipedrive, e una miriade di SaaS verticali costruiti con stack leggeri, UX sexy e prezzi aggressivi. E soprattutto: nessuno dei piccoli ama sentirsi “piccolo”.

Salesforce gioca una partita pericolosa: se vince, sblocca un canale di crescita gigantesco. Se perde, rischia di diluire il brand e sprecare miliardi in forza vendita e acquisizioni. L’AI, intanto, resta l’aroma sintetico che profuma qualsiasi slide. I dati sono la vera carne. E chi controlla i dati, alla fine, controlla anche il sogno dell’intelligenza.

Nel frattempo, la giostra continua a girare. Gli investitori applaudono. I CEO fingono di capire l’AI. E le PMI? Alcune ci cascheranno. Altre no. E qualcuna, magari, diventerà grande abbastanza da passare dall’altra parte del tavolo. Quella dove il CRM lo vendi, non lo compri.