La Germania, l’economia più pesante d’Europa, ha appena rispolverato il suo strumento preferito nei confronti degli Stati Uniti: il moralismo regolatorio. Sotto la patina del “fair play competitivo” e della protezione del mercato interno, si cela in realtà il più classico dei giochi geopolitici: colpire i gioielli della corona digitale americana – Amazon, Meta, Google – perché sono le uniche entità che contano davvero in un’economia immateriale dominata dagli algoritmi.
Amazon, nel mirino dell’ente antitrust tedesco, è accusata di abusare del proprio potere di mercato nei confronti dei venditori terzi. Troppo controllo sui prezzi, troppa opacità nelle penalizzazioni algoritmiche, troppe decisioni unilaterali nella visibilità dei prodotti. Tutto vero, certo. Ma tutto anche già noto, documentato, e in parte già perseguito negli Stati Uniti dall’FTC con una causa antitrust iniziata sotto Biden e, curiosamente, portata avanti (per ora) anche dall’amministrazione Trump. E qui arriva la parte divertente. Perché se Berlino insiste, potrebbe spingere proprio Trump – che detesta qualsiasi cosa odori di europeismo elitario – a mollare Amazon non per le sue pratiche scorrette, ma solo per non sembrare “d’accordo con i tedeschi”.
Sì, siamo a questo livello di teatro geopolitico digitale.
La mossa tedesca arriva in un contesto già infiammato: da una parte gli USA che minacciano tariffe sull’export europeo, dall’altra l’Europa che rilancia con nuove tasse “digitali” – e guarda caso solo sui colossi a stelle e strisce. Google, Meta, Amazon. Per Apple c’è un discorso a parte, meno visibile ma non meno presente: basti guardare come i regolatori europei hanno gestito il Digital Markets Act, costruito su misura per tagliare le unghie a iOS e App Store. Ma nel caso tedesco, il bersaglio preferito resta Amazon, e la ragione è semplice: è popolare, è centrale nella vita quotidiana del consumatore medio, e soprattutto non paga abbastanza tasse (secondo Berlino).
Lo schema è sempre quello: attaccare gli americani dove fa più male, ossia sul piano delle piattaforme. Non puoi colpire la Silicon Valley militarmente, né puoi batterla in innovazione. Ma puoi tassarla. Puoi regolarla. Puoi inchiodarla su tecnicismi giuridici e usarla come cavallo di Troia per far passare una narrazione europea di “mercato equo e sovrano”.
Il fatto che l’Europa, nel frattempo, non abbia prodotto una singola piattaforma in grado di competere con quelle statunitensi viene elegantemente ignorato. Ah, certo: c’è Zalando. O Booking. O Spotify, se allarghiamo il concetto di “Europa” alla Svezia post-neutralità. Ma parliamo di pesci piccoli. Nessuna delle big tech europee è in grado di dettare standard globali. Nessuna possiede un’infrastruttura cloud paragonabile a AWS. Nessuna ha un ecosistema integrato con miliardi di utenti attivi giornalieri.
E allora scatta il riflesso pavloviano del continente: se non puoi innovare, regola. Se non puoi vincere, tassalo.
Ma attenzione: il terreno su cui Berlino si sta muovendo è minato. Perché le accuse mosse ad Amazon in Germania sono quasi speculari a quelle della FTC. E qui succede qualcosa di surreale: gli stessi argomenti giuridici e normativi che uniscono (per ora) le due sponde dell’Atlantico potrebbero esplodere politicamente nel momento in cui un’amministrazione Trump – visceralmente ostile a Bruxelles – decidesse che questa convergenza non conviene.
E quindi? Quindi potrebbe accadere l’inimmaginabile: che un governo americano ritiri il sostegno a un’azione antitrust giusta, solo per evitare di sembrare “europeo”. E questo, per chi lavora nel tech, è un paradosso pericoloso. Perché segnala che la regolamentazione non è più solo una questione tecnica o economica, ma è diventata puro campo di battaglia culturale.
Nel mezzo ci finiscono, come sempre, gli operatori. I venditori terzi su Amazon, che oscillano tra l’essere coccolati e maltrattati dall’algoritmo. I consumatori, che vogliono prezzi bassi ma anche pluralità di scelta. Gli sviluppatori, che si barcamenano tra regole nazionali e policy globali. E infine gli investitori, che assistono attoniti mentre la tech governance diventa un’arma di ritorsione commerciale e ideologica.
Una curiosità storica: nel 1932, la Repubblica di Weimar impose un dazio sull’importazione di macchine da scrivere americane. La ragione ufficiale? Proteggere l’industria nazionale. Il risultato? La Remington continuò a dominare il mercato e la Olivetti si affermò non grazie ai dazi, ma grazie a un design superiore. Forse c’è una lezione in tutto questo.
Il problema non è Amazon. Il problema è non avere un’alternativa credibile ad Amazon. E l’illusione che regolamentare chi vince equivalga a costruire un ecosistema per vincere. Il digitalismo europeo non è una strategia industriale. È una giustificazione postuma per l’assenza di strategia.
Ma hey, almeno possiamo dire che noi non usiamo i vostri algoritmi. Li tassiamo.