Quando Huawei annuncia un nuovo smartphone, la notizia non riguarda solo un altro rettangolo di vetro e silicio destinato a popolare le tasche cinesi. È geopolitica travestita da design industriale. È una dichiarazione di sovranità tecnologica. È, sempre più spesso, un sonoro schiaffo al blocco occidentale. E il prossimo Pura 80, atteso per l’11 giugno, si inserisce perfettamente in questa narrazione.
La gamma Pura, un tempo nota come P, ha assunto il ruolo di vetrina high fashion della tecnologia cinese, combinando estetica audace come quel modulo fotocamera triangolare che pare un omaggio all’Art Deco brutalista e innovazioni hardware che sfidano i dogmi dell’embargo. Il Pura 80 non sarà da meno: nuovi sensori, ottiche migliorate, e probabilmente un chipset progettato internamente, come a voler ricordare che l’autarchia digitale non è solo possibile, ma persino desiderabile.
Nel teaser pubblicato su Weibo, Huawei non menziona apertamente il chip, ma la stampa locale scommette su un’ulteriore evoluzione della famiglia Kirin, forse un Kirin 9030 o un 9050. Lo scorso anno il Kirin 9000s del Mate 60 fece saltare tutte le previsioni: un chip a 7 nm, prodotto dalla cinese SMIC, in barba al divieto USA sull’export di tecnologia litografica avanzata. Per chi lavora nel settore, fu come vedere un aereo a propulsione nucleare decollare da un campo di patate. Inaspettato. E molto, molto preoccupante.
I teardown successivi – vere e proprie autopsie al silicio – rivelarono che Huawei non solo aveva “fatto da sola”, ma che aveva anche messo insieme un’architettura custom che, pur non reggendo il confronto in raw performance con Apple o Qualcomm, puntava su efficienza energetica e banda memoria. Il Kirin 9020, ad esempio, batte l’A18 di Apple nella bandwidth. Dettaglio non trascurabile per un device pensato per imaging, AI on-device e multitasking spinto.
Ma il vero cuore dell’operazione non è solo il chip. È il sistema operativo. HarmonyOS Next segna un punto di non ritorno: non solo non è basato su Android, ma nemmeno è compatibile. Niente app APK, niente sideloading, nessuna Google-dipendenza. È una piattaforma a sé. Una mossa suicida sul piano commerciale, direte voi. Eppure Huawei la cavalca come se avesse già vinto.
Il motivo è semplice. In Cina, l’assenza dei servizi Google è irrilevante. WeChat è il sistema operativo. TikTok è il motore di ricerca. Alipay è il portafoglio. L’utente medio cinese vive già in un ecosistema parallelo, e Huawei ora vuole che questo ecosistema sia “by Huawei, for Huawei”. Non più Android travestito, ma Harmony nudo e crudo. Il “Next” non è solo nel nome.
Dietro le quinte, questa scommessa è orchestrata come una sinfonia da guerra fredda. La manifattura è affidata a SMIC, la TSMC cinese che sta correndo una maratona tecnologica con le scarpe zavorrate dall’embargo. Il design è opera di HiSilicon, l’ex-braccio R&D mutilato dalle sanzioni, oggi risorto come icona di resistenza nazionale. Se Huawei fosse una bandiera, sarebbe una cucita a mano su un sottomarino in immersione, destinata a riemergere a sorpresa nel Pacifico.
E intanto, le vendite… volano. Nel primo trimestre 2025, Huawei è diventata il secondo vendor in Cina. 12.9 milioni di unità vendute. +10% sull’anno. Apple, nel frattempo, perde colpi: il declino dell’iPhone è ormai misurabile. IDC prevede un calo dell’1.9% delle spedizioni in Cina. I giovani non vogliono più la mela, vogliono l’identità. E Huawei offre esattamente questo: un’estetica post-sanitaria, patriottica e lucidamente sfacciata.
Non è più solo una guerra di specifiche. È una guerra culturale. E il Pura 80 ne è l’arma più elegante.
Resta un’ultima domanda sospesa: quanto è realmente “interno” questo chip? Quanti componenti sono veramente made in China, e quanti sono ancora frutto di reverse engineering, scorte precedenti o triangolazioni dal Sud-Est asiatico? Nessuno lo sa. Huawei tace. E nel silenzio costruisce miti.
Come diceva un ingegnere a Shenzhen, sotto voce: “non ci serve battere Apple, ci basta dimostrare che possiamo esistere senza di lei”.
Il Pura 80, con tutta probabilità, sarà un altro passo verso questo obiettivo. Non il migliore smartphone al mondo. Ma forse il più strategico.