Diciamocelo subito: non è un’altra favoletta di biohacker o un press release farcito di “futuro” e promesse in perenne fase clinica. Questa volta, i cinesi non si sono limitati a restaurare la vista nei topi ciechi. L’hanno potenziata. E lo hanno fatto usando un minerale così raro e strategico che Wall Street non ha ancora deciso se farsene spaventare o investirci a occhi chiusi. Letteralmente.

Il protagonista? Il tellurio. Una parola che suona come un personaggio minore di un fumetto Marvel, e che invece è un metallo grigio-argenteo più raro del platino, un sottoprodotto della raffinazione del rame, e a quanto pare il materiale perfetto per costruire retine artificiali bioniche che vedono ciò che l’occhio umano non ha mai potuto. L’infrarosso. Il mondo degli invisibili.

E a Fudan niversity in Cina, non stanno scherzando. I ricercatori del College of Integrated Circuits and Micro-Nano Electronics hanno messo a punto un dispositivo che non solo ridà la vista a cavie cieche – inclusa una scimmia – ma le dota anche di una “supervisione”, un termine che, in tempi di metaverso e intelligenze artificiali, non suona più così esagerato.

I dettagli tecnici sono degni di un paper di fisica quantistica: nanofili di tellurio da 150 nanometri, cresciuti per deposizione chimica controllata fino a formare vere e proprie reti neurali artificiali (le TeNWN – tellurium nanowire networks). Questi filamenti vengono innestati direttamente sul bulbo oculare, come una retina artificiale compatibile con il sistema nervoso. Nessun rigetto, nessuna infiammazione, e soprattutto risultati visibili – sì, proprio nel senso visivo del termine – entro 24 ore.

A chiudere il cerchio c’è un dato apparentemente marginale ma potenzialmente sconvolgente: i topi ciechi, una volta “upgradati”, diventano capaci di vedere la luce infrarossa, cioè quella che noi comuni sapiens continuiamo a ignorare, relegandola agli occhiali da visione notturna dei soldati o ai sensori termici di qualche drone industriale. Ma con questi impianti, il cervello riceve e interpreta anche quei segnali invisibili. Il risultato? Topi che, nel buio più totale, localizzano fonti luminose come se fosse giorno.

Ora, prendete fiato. Perché la parte interessante – quella geopolitica, economica, e finanche spionistica – sta nel fatto che tutto ciò si regge su un elemento prodotto quasi esclusivamente in Cina. Il tellurio è già una commodity strategica per semiconduttori, celle solari, e dispositivi di raffreddamento termoelettrico. Aggiungeteci ora la vista bionica, e avrete la tempesta perfetta per una nuova guerra tecnologica silenziosa.

Ironico, se si pensa che l’Occidente si è rotto la testa per decenni a cercare soluzioni bioingegneristiche e proteiche per la degenerazione retinica, mentre in una Shanghai ormai più vicina a Neuromante che a Confucio, hanno usato un metallo da rottami elettronici per trasformare ciechi in predatori notturni.

Non è solo una rivoluzione medica. È una riscrittura delle gerarchie sensoriali. Perché se l’invisibile diventa percepibile grazie a un impianto, allora la cecità non è più solo un limite, ma un potenziale. Si passa dall’idea di “curare” all’idea di “potenziare”. E se funziona nei topi e nei primati, chi pensa che il salto verso l’uomo sia troppo grande, probabilmente non ha ancora capito in che epoca viviamo.

Curiosità da libro di fantascienza: nel 2023 lo stesso laboratorio aveva già creato un fotorecettore artificiale usando biossido di titanio, sempre in versione nanowire. E già allora funzionava. L’evoluzione nel 2024 con il tellurio ha solo aggiunto più potenza, più compatibilità, più spettro visibile.

Ovviamente, nessuna notizia (per ora) su trial clinici umani. Ma i test su scimmie parlano da soli. E se è vero che in Cina la sperimentazione animale è meno frenata da vincoli etici rispetto all’Europa, è anche vero che i risultati sono già oggetto di discussione su Science, il Vangelo della scienza dura e pura, e non su qualche rivista di tech optimism.

La questione chiave però non è se questi impianti arriveranno a breve sugli umani. Ma chi li controllerà. Il tellurio è scarso, difficile da estrarre, e geopoliticamente critico. Come il litio, ma ancora più oscuro. Una materia prima per l’era post-ottica, in cui la vista naturale sarà un punto di partenza, non di arrivo.

La distopia? Un futuro dove il gap tra chi può permettersi impianti con visione a infrarossi e chi no sarà più grande di quello tra vedenti e non vedenti. La distorsione? Che gli upgrade sensoriali diventino status symbol quanto un Rolex in platino. Il sogno? Ridare la vista – e qualcosa in più – ai 500.000 ciechi nel mondo.

Già lo vedo il pitch: “Non solo vedrai di nuovo, vedrai meglio degli altri”. Il problema? Questa non è pubblicità. È un’anteprima.

E sì, gli occhi saranno la prossima frontiera della guerra dei sensi. Con buona pace di chi pensava che bastasse un paio di occhiali a realtà aumentata.