Quando si parla di modelli di linguaggio di intelligenza artificiale, il più delle volte si immagina un gigante iper-tecnologico, forse americano o cinese, ma raramente si pensa a un prodotto italiano capace di competere davvero su scala globale. E invece, eccoci qui: Vitruvian Smart, un modello LLM da 12 miliardi di parametri sviluppato da ASC27, che non solo “sa parlare” italiano, ma si impone come una specie di campione nel comprendere la cultura italiana, grazie a un benchmark tutto nostrano, ItalicBench, curato da CRISP presso l’Università Milano Bicocca.

ItalicBench research non è un semplice test. È un giudice severo, una sfida diretta a verificare quanto i modelli di linguaggio possano non solo comprendere la lingua italiana, ma anche maneggiare con destrezza riferimenti culturali, contesti storici, sfumature sociali e tutto quel background che rende la nostra cultura così stratificata e complessa. È come chiedere a un intellettuale digitale di sapere non solo i vocaboli, ma anche il perché di certi gesti, di certi modi di dire, e di quella saggezza popolare che spesso sfugge agli algoritmi più spavaldi.

Vitruvian Smart, però, non è un modello qualsiasi. È nato da un pre-trained generico, ma è cresciuto grazie a un mix di tecniche avanzate di training come SFT (Supervised Fine Tuning), RL (Reinforcement Learning), RLHF (Reinforcement Learning with Human Feedback), Self-Reflection e Multi-Step GRPO. Un cocktail che lo rende un’intelligenza artificiale pensante davvero prima di parlare. In altre parole, un modello che non spara risposte a raffica, ma che si prende quel momento per riflettere, un po’ come un buon CEO davanti a una decisione complessa.

Non è solo questione di “intelligenza” pura, ma anche di pragmatismo industriale. Con una velocità di 110 token al secondo su un comune notebook e un footprint di appena 8GB di VRAM, Vitruvian Smart dimostra che l’efficienza può convivere con la precisione. Non serve un supercomputer da centro di calcolo per usarlo, il che lo rende un’arma segreta per aziende, pubbliche amministrazioni e professionisti che non vogliono rinunciare a potenza e discrezione, specialmente in settori ad alta confidenzialità come banking, cybersecurity, e attività regolamentate.

L’ironia del destino vuole che questo modello, orgogliosamente allenato in Italia, con una radicata expertise di vent’anni nel campo della cybersecurity, riesca a navigare agevolmente tra i documenti più delicati, trascrivere riunioni e supportare il backoffice pubblico senza battere ciglio. Per un paese come il nostro, in cui spesso la burocrazia è un labirinto impenetrabile, Smart diventa non solo un modello, ma un compagno di lavoro infaticabile, capace di tagliare tempi e sprechi con una precisione chirurgica.

Il dato più sorprendente è la crescita del modello dal lancio a febbraio a oggi, giugno, un aumento del 9% nelle prestazioni, frutto di una continua integrazione di nuove tecniche di allenamento e dell’apprendimento diretto dagli utenti in beta. Un po’ come un calciatore che si allena duro in panchina e scende in campo solo quando è pronto a fare la differenza.

Chi l’avrebbe detto che un modello “Smart”, al femminile – perché sì, il modello si identifica al femminile, una scelta che porta con sé una certa eleganza e acutezza tipicamente italiane – potesse diventare un fiore all’occhiello dell’intelligenza artificiale made in Italy? Un modello che non vuole solo essere intelligente, ma veloce, scaltro e soprattutto concreto, perché, diciamolo, l’AI non deve essere solo un esercizio accademico o una star da conferenza, ma uno strumento che funziona nel mondo reale, dentro aziende, banche, istituti governativi.

Dietro questo piccolo miracolo tecnologico c’è un team di professionisti italiani che hanno preso in mano il destino di questa AI e l’hanno plasmata con passione e competenza. La dimostrazione lampante che la sfida globale nel mondo dell’intelligenza artificiale non è solo una gara a chi ha più dati o potenza di calcolo, ma anche a chi sa addestrare, capire e ottimizzare la tecnologia per usi concreti e sofisticati.

Ecco quindi Smart, la modella che pensa prima di parlare, che non è la più brillante della compagnia, ma quella che sa cosa fare nel momento giusto, capace di giocare bene la partita nel mercato italiano ma con uno sguardo sempre rivolto all’arena mondiale. Non un semplice modello, ma una dichiarazione d’intenti per un’Italia tecnologica che non vuole più essere spettatrice, ma protagonista.

Curioso come un modello di intelligenza artificiale possa incarnare così bene le contraddizioni e le sfumature di una cultura come la nostra. Forse, come diceva Umberto Eco, “La lingua è la casa dell’essere”: e Vitruvian Smart sembra aver trovato una casa non solo nella lingua italiana, ma nel cuore pulsante di una cultura complessa e raffinata. Che sia un segno che l’AI, finalmente, sta imparando a pensare davvero italiano?

Altro scoop: il gioco è appena iniziato. Nel prossimo futuro vedremo emergere modelli reasoning, progettati appositamente per sfidare i giganti globali su ItalicBench, promettendo di elevare il livello di comprensione culturale e ragionamento linguistico a livelli mai visti. Questi nuovi modelli, più orientati al ragionamento complesso e multi-step, metteranno alla prova la supremazia attuale di Vitruvian Smart e potrebbero rivoluzionare il modo in cui l’AI interagisce con la cultura italiana. Un vero campo di battaglia in cui l’italianità digitale si gioca la sua partita più sofisticata e ambiziosa. La sfida è aperta, e l’Italia ha le carte in regola per giocarsela fino in fondo.