AMD ha acceso i riflettori su sé stessa, ma lo spettacolo vero non era sul palco. Il lancio della nuova serie MI350, celebrata con il solito repertorio di slide scintillanti e testimonial di peso, ha in realtà lasciato il pubblico – e soprattutto gli investitori – con lo sguardo rivolto al futuro. E quel futuro ha un nome: MI400. Un numero, una promessa, forse una scommessa colossale per entrare finalmente nel ring di Nvidia.
Perché sì, AMD c’è. È viva, spinge, investe, compra (25 acquisizioni in 12 mesi, tanto per gradire) e si circonda dei nomi giusti: Microsoft, Meta, Oracle, OpenAI. Ma il MI350? È quello che ci si aspettava. Né di più, né di meno. E in un mondo in cui l’asticella si alza ogni tre mesi, “nessuna sorpresa” non è proprio una buona notizia.
Morgan Stanley ha sintetizzato il sentimento collettivo con una freddezza chirurgica: “Il focus resta sulla gamma MI400/450 del prossimo anno, che potrebbe rappresentare il vero punto di svolta. Se – e solo se – riusciranno a consegnarla.”
E qui comincia la vera storia.
Il MI400 non è un prodotto: è una narrazione
Nel mercato dell’hardware AI, la battaglia non si combatte più solo con i teraflops. È diventata una questione di percezione, di architettura, di roadmap credibile e — soprattutto — di execution. AMD questo lo sa bene. E infatti non ha nemmeno provato a vendere il MI350 come un “game changer”. Ha usato invece il palco per lanciare l’idea del MI400: la prossima frontiera, il possibile equivalente AMD della linea Vera Rubin di Nvidia.
Il messaggio subliminale è chiaro: “Sì, oggi non stiamo dominando. Ma guardate dove stiamo andando.”
Una strategia che profuma di quelle tipiche della Silicon Valley: vendere il futuro prossimo, creare un magnetismo intorno a una promessa ancora liquida, capitalizzare sull’entusiasmo latente per restare in partita.
Altman come validazione del sogno
Il momento che ha veramente scosso gli osservatori è stata la comparsa di Sam Altman, CEO di OpenAI, sul palco. Non ha annunciato nulla di nuovo, non ha firmato contratti in diretta, non ha detto “passeremo tutto su AMD”.
Eppure è bastato. Perché quando l’uomo che controlla la più potente organizzazione di AI generativa al mondo decide di validare pubblicamente la tua roadmap, anche solo col suo volto, il mercato ascolta. Joseph Moore di Morgan Stanley lo ha colto perfettamente: “Non cambia la tesi, ma aggiunge credibilità alle previsioni da decine di miliardi annuali di AMD”.
Non è poco. Anzi, nel mondo degli investimenti narrativi, è quasi tutto.
Il nodo resta la capacità di delivery
Chi conosce AMD sa che il talento non è mai mancato. Lisa Su ha guidato un turnaround epocale, passando da underdog a competitor rispettato in CPU, GPU e ora AI. Ma l’intelligenza artificiale, soprattutto nella sua forma generativa, è un’arena ancora più brutale. Non si tratta solo di progettare chip potenti, ma di costruire interi ecosistemi: software, librerie, ottimizzazioni, supply chain, partner.
Nvidia qui parte con un vantaggio mostruoso: CUDA è una religione, le sue GPU sono lo standard de facto, e la sua posizione dominante ricorda da vicino quella di Intel nel 2005. Il rischio, per AMD, è diventare lo Zune dell’AI: tecnicamente valido, strategicamente troppo tardi.
Eppure, c’è quella parola che ritorna spesso nel report di Morgan Stanley: “se”. Se AMD riuscirà a consegnare la serie MI400 con prestazioni davvero paragonabili alla Rubin, se riuscirà a scalare la produzione, se saprà attirare developer e workload reali…
Allora qualcosa potrebbe davvero cambiare. Forse non sarà una rivoluzione, ma un inflection point, come lo definisce Moore: un punto in cui la traiettoria prende una piega diversa.
L’ironia delle “25 acquisizioni”
Nel mezzo di tutto questo, AMD ha lasciato cadere una frase che merita più attenzione: 25 acquisizioni e investimenti nell’ultimo anno. Non è un dettaglio. È un indizio. Significa che, sotto il cofano, l’azienda si sta armando, costruendo muscoli, assorbendo know-how. Perché sa benissimo che la partita AI non si vince con una GPU brillante, ma con una catena del valore completa.
È una mossa da scacchista. Non si vede subito. Ma fra sei mesi, o un anno, potremmo scoprire che una piccola startup canadese acquistata in silenzio oggi è il pezzo chiave del software stack che rende il MI400 realmente competitivo.
Il mercato, intanto, resta in attesa. Con pazienza. E un pizzico di scetticismo. Il titolo AMD è ancora fermo su un rating Equal-Weight, il che è una maniera elegante di dire “aspettiamo e vediamo”. Ma sotto la superficie, qualcosa si muove.
Come spesso accade in tecnologia, il successo futuro dipende non solo da cosa fai, ma da quanto riesci a farlo sembrare inevitabile.
E AMD, con questo evento, ha fatto esattamente quello: non ha promesso miracoli, ma ha lasciato intendere che il miracolo potrebbe essere già in costruzione.
Che poi, a ben guardare, è il modo in cui ogni vera disruption ha sempre cominciato.