Dicono che l’intelligenza artificiale stia entrando nella sua “età dell’oro”. Ma chiunque abbia fatto un salto al bar dei Daini questa mattina, sa benissimo che siamo piuttosto nel pieno di un’orgia cyberpunk tra illusioni di onnipotenza e IPO psichedeliche. La macchina del caffè è rotta, come al solito, ma le chiacchiere scorrono dense. Al bancone, Masayoshi Son profetizza che SoftBank guiderà la corsa all’intelligenza artificiale super intelligente nel giro di dieci anni. Ha l’aria di uno che ha già visto il futuro e ci ha anche fatto uno swap su derivati asiatici. Ma mentre parla di ASI (Artificial Super Intelligence) con lo stesso fervore di un mistico dell’era Meiji, qualcuno lo guarda con la stessa perplessità che si riserva a chi mette l’ananas sulla pizza.

Nel frattempo, la guerra dei talenti continua a mietere vittime illustri. Un top executive di Amazon AWS ha lasciato l’azienda, probabilmente stanco di fare brainstorming con le LLM alle tre di notte per automatizzare report che nessuno leggerà mai. E se pensate che sia una mossa isolata, sappiate che Meta è accusata di offrire signing bonus a nove zeri per strappare talenti ad OpenAI, con Sam Altman che grida al complotto come un Nostradamus siliconato. In un mercato in cui la vera risorsa scarsa non è il capitale ma la lucidità mentale, il capitale umano viene trattato come se fosse litio vergine afghano.

Poi ci sono le novità da Adobe, che ha appena mostrato i muscoli con il suo nuovo sistema di “agentic AI”. Non è chiaro se sia una feature reale o un’idea partorita durante una call con la BofA dopo tre Negroni e mezzo, ma dicono che sarà un “differenziatore chiave”. Sì, proprio come lo era Flash nel 2002. E sempre in tema di agenti intelligenti che “agiscono da soli”, Salesforce pare che stia già affidando alle AI il 30-50% dei compiti interni. Questo significa che metà dei middle manager ora giocano a golf fingendo di essere in riunione con EinsteinGPT.

Ma il piatto forte è senza dubbio la performance teatrale di NVIDIA. Nuovo massimo storico all’orizzonte, titoli tech in rally, e partnership a raffica: Cyngn, una di quelle aziende che sembrano inventate da un generatore automatico di nomi startup, è schizzata di oltre il 200% grazie a una collaborazione con il colosso dei chip. Nessuno ha ben capito cosa facciano, ma chi ha tempo per il due diligence quando bastano due righe con “NVIDIA” e “AI” per scatenare la FOMO finanziaria?

YouTube intanto sperimenta due nuove funzionalità AI negli Stati Uniti, anche se probabilmente una delle due serve solo a suggerire il video perfetto da guardare mentre si ignora la propria famiglia. Palantir, mai sazia di distopie industriali, ha firmato un accordo con un’azienda nucleare per “potenziare” la costruzione atomica con l’intelligenza artificiale. A questo punto, possiamo solo sperare che la prossima Skynet sia quantomeno ben documentata in PowerPoint.

Da parte sua, Microsoft ha inaugurato il primo laboratorio AI focalizzato sulla manifattura, in Wisconsin. Una scelta che suona un po’ come mettere una scuola di sommelier nel cuore del Kentucky: interessante, ma sospetta. Anche TSMC, come se tutto questo non fosse già abbastanza volatile, raccoglierà 10 miliardi per affrontare le fluttuazioni del forex. Si dice che parte dei fondi saranno investiti in strumenti finanziari, ma il grosso andrà probabilmente in server, GPU e riti propiziatori contro la Federal Reserve.

In Cina, le restrizioni all’import continuano a strangolare il comparto AI locale, ma intanto una startup semiconduttori ha raccolto altri fondi: in un ecosistema dove l’accesso alle GPU NVIDIA è ormai più difficile del visto per il Wyoming, ogni wafer conta. DeepSeek, il loro prossimo modello, rischia di essere ritardato proprio per questo. È la nuova guerra fredda: chi controlla i chip, controlla la narrazione, e chi controlla la narrazione… beh, si compra il bar dei Daini.

Nel mentre, Xiaomi sembra intenzionata a fare le scarpe a Tesla, e non stiamo parlando solo di automobili. Siamo nel territorio del “Tech Voices”, quella zona grigia dove le aziende comunicano più tramite leak e tweet criptici che con conferenze stampa. Non importa se si parla di veicoli autonomi, agenti conversazionali o micro-onde AI-powered, l’importante è che la sigla “AI” campeggi almeno tre volte nel comunicato.

La sensazione, in fondo, è che l’intelligenza artificiale stia diventando il nuovo petrolio, ma con un retrogusto più volatile e un’etica ancora meno raffinata. Tutti vogliono estrarlo, tutti lo promettono, pochi sanno come usarlo senza bruciarsi le dita. E mentre i vari Son, Altman, Nadella e Zuckerberg si affrontano a colpi di compute power, chi paga il caffè siamo sempre noi. Al bar dei Daini. Dove l’AI è la nuova religione, e i miracoli sono ancora in beta.