Elon Musk ha riaperto il fuoco contro il nuovo disegno di legge sostenuto da Donald Trump, etichettandolo come “folle e distruttivo”, accusandolo di voler “distruggere milioni di posti di lavoro in America e causare un danno strategico immenso al Paese”. Il bersaglio delle critiche non è (più) Trump in persona, ma il contenuto del cosiddetto Big Beautiful Bill, versione aggiornata presentata al Senato, che penalizza con decisione il settore delle energie rinnovabili.

Secondo quanto riportato da The Hill, la legge prevede lo stop ai crediti d’imposta per progetti eolici e solari che non inizieranno a produrre energia entro il 2027. Non solo: per quelli avviati dopo quella data, è previsto un incremento delle tasse. In pratica, si introduce una scadenza forzata e una zavorra fiscale per l’unico comparto industriale americano che ancora compete con la Cina senza dover chiedere l’elemosina a Washington.

Musk ha usato il suo solito megafono preferito, X, per denunciare un provvedimento che, a suo dire, “regala sussidi a industrie del passato mentre danneggia gravemente quelle del futuro”. Non ha tutti i torti. In un’America che annaspa nel tentativo di restare rilevante nella corsa alla transizione energetica globale, la mossa appare a dir poco controcorrente. O forse solo coerente con una visione che confonde il carbone con la sovranità, e l’auto elettrica con un complotto woke.

Il dietrofront di Musk rispetto al suo riavvicinamento a Trump è altrettanto indicativo. Dopo aver criticato duramente il provvedimento nelle scorse settimane, si era vociferato che Elon avesse fatto una telefonata di scuse a Trump, nel tentativo di mantenere aperti canali con il possibile futuro inquilino della Casa Bianca. Ma il suo ultimo sfogo segna un nuovo distacco, questa volta più tecnico che personale: niente attacchi diretti, ma una bordata precisa sull’impatto concreto della legge, soprattutto per aziende come Tesla.

Al netto del tono e della teatralità del personaggio, è difficile non cogliere la verità dietro l’allarme: se si tolgono incentivi all’eolico e al solare proprio mentre l’Europa, la Cina e perfino alcuni Stati conservatori americani (Texas in primis) stanno investendo pesantemente in queste tecnologie, si rischia di condannare gli Stati Uniti a un ruolo secondario nella più grande riconversione industriale del secolo.

La mossa appare anche economicamente suicida. Le stime parlano di centinaia di migliaia di posti di lavoro legati alle rinnovabili a rischio, in un contesto in cui l’industria automobilistica, l’edilizia e l’energia stanno convergendo sempre più su modelli sostenibili. Tagliare gli incentivi equivale a dire a interi distretti industriali di “fermarsi qui”. Un assist a Pechino, che nel frattempo domina la catena di fornitura del solare e spinge le sue auto elettriche (più economiche, più moderne) nei mercati occidentali.

Musk ha ovviamente un interesse diretto: Tesla vive anche grazie all’ecosistema delle rinnovabili, delle batterie, delle politiche climatiche e dei crediti d’imposta. Ma il punto non è solo la difesa del proprio business. È l’idea stessa di futuro industriale americano che viene messa in discussione da una legge che sa di nostalgia per un mondo che non esiste più. O, peggio, di sabotaggio consapevole mascherato da patriottismo.

Il paradosso è che la legge viene presentata come uno strumento per rafforzare la sicurezza energetica e difendere l’occupazione americana. Ma a conti fatti, rischia di rendere il Paese più dipendente da tecnologie estere e meno competitivo sui mercati globali. Se la priorità è riportare in vita le miniere di carbone e difendere le raffinerie di petrolio texane, allora il Big Beautiful Bill è perfettamente in linea. Ma se si guarda ai numeri, agli investimenti globali, alla corsa all’AI energetica, allora l’America rischia seriamente di diventare un cliente d’importazione, non un fornitore d’innovazione.

Chi crede che Elon stia solo proteggendo i suoi margini non ha capito il punto. L’intelligenza artificiale, la produzione distribuita di energia, le reti intelligenti e l’industria dell’auto sono già interconnessi. Tagliare uno di questi rami significa far crollare l’intero albero. E la tempesta che si avvicina non farà sconti a nessuno. Nemmeno ai miliardari con l’X nel nome.