Che Elon Musk ami l’arte della distrazione e della teatralità è cosa nota. Ma ogni tanto, dietro il fumo di scena, arriva anche il fuoco vero. Stavolta si chiama Grok 4, e non è solo un aggiornamento: è una dichiarazione di guerra. Mentre OpenAI è ancora intenta a fare teasing su GPT-5 con la solita ambiguità da setta californiana, xAI ha saltato direttamente la versione 3.5 e si prepara a lanciare Grok 4 in diretta mondiale. Il messaggio è chiaro: “abbiamo fretta di riscrivere le regole del gioco, e sì, vogliamo il trono”.
Grok 4, secondo i benchmark trapelati, non si limita a migliorare le performance: le ribalta. Sul famigerato “Humanity’s Last Exam”, un test creato per far piangere anche i modelli più robusti, Grok segna un 45%, praticamente il doppio rispetto al punteggio di Gemini 2.5 Pro (fermo al 21%) e ben sopra le performance delle attuali versioni di GPT-4. Persino OpenAI in modalità Deep Research con accesso a tool avanzati non supera il 25%. Se i numeri non mentono, siamo davanti a un salto quantico.

Naturalmente, i numeri servono solo a metà. L’altra metà è l’ambizione dietro al modello: Grok 4 non è un monolite, ma una creatura bifronte. Da un lato il modello generalista per conversazioni e produttività quotidiana, dall’altro Grok 4 Code, un alter ego addestrato specificamente per sviluppatori, già avvistato con la sigla “grok-4-code-0629” tra i privilegiati dell’API. È il primo vero tentativo, dopo anni di promesse mai mantenute, di offrire un copilota che capisca davvero il codice come un umano. Non come uno studente che copia da Stack Overflow.
La narrativa è impeccabile, come da manuale Musk. Durante il livestream di domani sera alle 8 PM PT, il miliardario dovrà vendere più di un modello. Dovrà vendere una visione: quella di un’intelligenza artificiale che non solo compete con OpenAI, ma che la supera in campi chiave come la velocità di risposta, l’integrazione in tempo reale con i dati, e la capacità di diventare parte del tessuto operativo di Tesla, di X, e – attenzione – persino del futuro del gaming.

Sì, perché uno dei leak più succosi è proprio questo: Grok 4 sarebbe già predisposto per essere il motore di un gioco AAA interamente generato con AI entro il 2026. Suona come fantascienza? Certo. Ma ricordiamo che anche la Tesla Roadster nello spazio sembrava un meme, prima che diventasse un oggetto celeste. Oggi, modelli come Claude o GPT-4 riescono a creare solo giochi stile Pong o Snake, mentre Grok 4 promette complessità, grafica e logica “next-gen”. Se funziona, è la rivoluzione della produzione videoludica. Se no, è solo l’ennesimo clickbait muschiano. Ma intanto, la curiosità vola.
Altre chicche? Il context window di Grok 4 arriva a 130.000 token. Non è ancora il milione previsto per GPT-5, ma è un’architettura pensata per l’efficienza, non per l’obesità. I primi test interni indicano risposte più rapide, una compressione del prompt di sistema ottimizzata per evitare prolissità inutili, e un output che strizza l’occhio all’utilità pratica. Tutto questo mentre OpenAI rincorre ancora il sogno di modelli multimodali capaci di processare video, comprendere emozioni e magari, un giorno, ordinare anche un caffè.
Il team di xAI, piccolo ma affamato, rivendica scelte controcorrente nell’addestramento. Invece di affidarsi alle logiche megalitiche di San Francisco, ha optato per tecniche meno ortodosse, meno politically correct e – udite udite – meno filtrate. Il risultato è un modello che, secondo il team, “la gente non è ancora pronta a usare”. Un’affermazione che fa tanto film distopico, ma che in un’epoca di AI zuccherate e moralmente anestetizzate, potrebbe essere il segreto del successo. O il passo falso definitivo.
Dietro le quinte, la potenza hardware non manca. Grok 3 è stato addestrato su un supercluster con 200.000 GPU Nvidia, e xAI oggi detiene quello che Musk definisce “il cluster di training più potente al mondo”. Se c’è una cosa che Elon ha imparato da SpaceX è che con abbastanza spinta, anche le idee più pesanti possono volare. Il ciclo di rilascio è altrettanto aggressivo: da Grok 1 a novembre 2023 a Grok 4 a luglio 2025. Una corsa degna della legge di Moore, riscritta con la velocità di una startup in modalità berserk.
Il vantaggio competitivo chiave, però, resta la sinergia con X. Mentre i rivali aggiornano modelli con dati statici e ritmi da biblioteca, Grok si nutre del flusso vivo della rete sociale più tossica e informativa del pianeta. Durante eventi live, crisi geopolitiche o meme virali, Grok ha accesso diretto al battito cardiaco della rete. È un vantaggio che diventa strategico in scenari dove la tempestività è tutto. Chi comunica meglio vince, chi risponde prima detta l’agenda. E Grok sembra nato per questo.
Nel frattempo, l’accesso sarà probabilmente limitato ai soliti noti: utenti X Premium+, qualche partner strategico, e gli sperimentatori hardcore. Ma il rollout dell’API è dietro l’angolo, come dimostrano le voci di corridoio nei console log di xAI, dove Grok 4 e Grok 4 Code compaiono già tra i modelli disponibili per test interni.
La strategia di segmentazione di Musk si fa interessante proprio qui. Mentre OpenAI cerca di costruire un assistente universale per le masse – e i loro 123 milioni di utenti giornalieri – xAI mira a un pubblico più esigente, meno numeroso ma più influente: sviluppatori che non vogliono perdere tempo con risposte eteree, aziende che necessitano di latenza ridotta, e utenti stanchi dei filtri da babysitter. In altre parole, un prodotto pensato per quelli che sanno cosa stanno facendo.
Il futuro? Probabilmente ci riserverà un confronto diretto tra GPT-5 e Grok 4 nei prossimi mesi, e potrebbe non essere un duello equilibrato. Ma intanto, Musk ha fatto la sua mossa. Una mossa rumorosa, sì, ma con un sottotesto tecnologico tutt’altro che vuoto. In un’industria dove la narrativa vale tanto quanto la capacità computazionale, Grok 4 si presenta come il primo serio contendente a minacciare il predominio di OpenAI.
E mentre Altman continua a parlare di “modelli che ci faranno piangere per la loro empatia” durante i panel TED, Elon preferisce modelli che scrivano codice, gestiscano le auto e generino mondi. Un approccio più rozzo, forse, ma anche più concreto. In fondo, chi vince la gara non è il più sofisticato, ma quello che arriva prima. E domani sera, almeno per qualche ora, il podio dell’intelligenza artificiale potrebbe parlare grokkese.