C’è chi, guardando l’ultima intervista di Emmanuel Macron, ha sorriso di condiscendenza. “Scaricate Le Chat, è francese, è di Mistral, non usate ChatGPT”, ha detto con l’aria compiaciuta di chi invita a comprare camembert invece del cheddar industriale. Eppure, dietro quella frase apparentemente patriottica, si nasconde il vero dramma europeo dell’intelligenza artificiale: abbiamo un unico candidato che osa alzare la testa contro i giganti americani e cinesi, ma lo facciamo sventolando la bandiera della “sovranità digitale” più per orgoglio che per capacità di esecuzione. Mistral AI è l’unico nome che conta nel continente, e non è un caso che sia nata in Francia, dove la grandeur tecnologica è più una dichiarazione di intenti che un dato di fatto. La sua valutazione da 6 miliardi di dollari fa gola, certo, ma il suo market share globale è ancora un graffio sull’immenso muro eretto da OpenAI e Google DeepMind.
Parliamo chiaro, perché la retorica verde e indipendente non inganna chi mastica tecnologia. Mistral AI ama definirsi “il laboratorio di intelligenza artificiale indipendente e più green del mondo”. La verità? Il greenwashing nell’AI è il nuovo lusso che le startup possono permettersi quando hanno già capitali freschi e vogliono fare bella figura ai tavoli politici. Tutto meraviglioso sulla carta, ma un CEO esperto sa che l’efficienza energetica dei modelli linguistici non è ancora un reale driver di adozione di massa. Il vero problema è un altro: costruire modelli competitivi richiede infrastruttura, dati, distribuzione e, soprattutto, un ecosistema sviluppatori disposto a scommettere sul cavallo europeo.
Il lancio di Le Chat su iOS e Android è stato presentato come una piccola rivoluzione. Un milione di download in due settimane, numeri che, a Parigi, hanno fatto stappare champagne. Peccato che un milione di download, nel mondo AI, sia poco più di un aneddoto. La vera partita si gioca sull’uso attivo e sulla retention, non sul picco iniziale di curiosi patriottici. Macron può anche metterci la faccia in tv, ma convincere un developer americano o asiatico a integrare Le Chat nei suoi processi produttivi è un’altra storia. E qui Mistral deve ancora dimostrare di essere più di un fenomeno di marketing ben orchestrato.
Interessante, però, l’aggiornamento di luglio 2025. La nuova modalità “deep research” e il ragionamento multilingue nativo sono segnali di un posizionamento diverso, quasi una dichiarazione di guerra a chi domina l’arena dei chatbot full stack. Il supporto a editing avanzato delle immagini e la funzione “Projects”, che organizza chat, documenti e idee in spazi tematici, mostrano un’aspirazione a diventare una piattaforma produttiva, non solo un assistente conversazionale. Ma anche qui, l’impressione è che Mistral cerchi di rincorrere piuttosto che innovare davvero. È il tipico comportamento di chi ha un ottimo team di ingegneri, ma non un vantaggio competitivo strutturale. Per essere brutalmente onesti, OpenAI e Anthropic non stanno perdendo il sonno per Le Chat, almeno non ancora.
Il punto forte di Mistral AI rimane il suo manifesto open source. I modelli rilasciati nel 2023 e 2024 hanno fatto breccia in quella comunità di sviluppatori che odia i giardini recintati di OpenAI. E questo, se giocato bene, può essere un’arma potente. L’open source applicato all’AI non è solo un vezzo ideologico, ma una leva per creare un effetto rete che, nel tempo, può tradursi in standard industriali. Tuttavia, trasformare l’apertura in vantaggio commerciale richiede un equilibrio chirurgico: se regali troppo, ti auto-saboti; se chiudi troppo, tradisci la tua stessa narrativa. E questa tensione interna è evidente nelle scelte di Mistral, che ancora oggi sembra oscillare tra l’essere un laboratorio di ricerca etico e un’azienda che deve rispondere a investitori che vogliono ritorni a breve termine.
C’è anche la questione geopolitica. Ogni volta che un politico europeo pronuncia la parola “sovranità digitale”, un ingegnere in Silicon Valley ride. L’AI non si costruisce con dichiarazioni, ma con capitali, dataset enormi e una spietata cultura del rischio. Mistral AI ha raccolto capitali, sì, ma il vero confronto con OpenAI richiede ordini di grandezza superiori e partnership globali. Il fatto stesso che Le Chat sia celebrato come il “campione europeo” dimostra quanto siamo ancora lontani da una reale parità competitiva. È come se nel calcio ci vantassimo di aver pareggiato una partita amichevole con il Brasile.
Eppure, c’è un elemento quasi poetico in questa storia. Mistral AI, con tutti i suoi limiti, rappresenta una scintilla di ambizione in un continente che da anni si rassegna a importare tecnologia. Forse l’Europa non vincerà la corsa all’AI, ma la pressione politica e mediatica che Mistral esercita può almeno costringere i colossi americani a considerare l’Europa più di un semplice mercato passivo. È un ruolo da disturbatore, non da protagonista, ma anche i disturbatori possono spostare equilibri.
“Il vento mistral soffia forte ma non sposta le montagne”, avrebbe detto qualche cinico osservatore di geopolitica tecnologica. Ma il vento, a volte, cambia la direzione della polvere, e in un settore in cui le percezioni contano quasi quanto i risultati, anche questo è un inizio