Un annuncio pubblicitario basato sull’intelligenza artificiale diventa davvero dirompente quando riesce a fare tre cose insieme: creare un impatto emotivo profondo, mostrare in modo concreto e narrativo le potenzialità dell’AI e cambiare la percezione dell’intelligenza artificiale da semplice strumento a forza culturale. La campagna di Perplexity ispirata a Squid Game con Lee Jung-jae colpisce proprio per questo. La scelta dell’attore non è solo marketing da celebrity, è un simbolo: l’AI viene associata alla strategia ad alto rischio, alla competizione e all’istinto di sopravvivenza. Un messaggio subliminale che non parla di tecnologia, ma di potere: l’AI ci aiuterà o ci batterà al nostro stesso gioco? Questo tipo di tensione resta impressa molto più di uno spot aziendale generico o di un demo tecnico.

La pubblicità basata su AI influenza la percezione perché sposta la narrazione sul controllo: siamo noi a usare l’AI o è l’AI che guida noi? L’iper-personalizzazione e l’analisi predittiva, se confezionate in uno storytelling cinematografico, non vendono solo un prodotto, ma un’ideologia: l’AI come partner inevitabile nelle decisioni quotidiane. Più la narrazione è emotivamente sofisticata, più accettiamo inconsciamente l’idea che l’AI non sia software, ma un attore attivo nella nostra vita.

Il vero colpo da maestro? Quando lo spot sembra esso stesso progettato da un’intelligenza artificiale: ritmo basato su dati, storytelling interattivo, magari percorsi narrativi diversi a seconda dello spettatore. A quel punto la pubblicità smette di essere solo marketing e diventa un ecosistema di intrattenimento guidato dall’AI.