La maggior parte dei CEO che annunciano un calo del 12% delle entrate trimestrali mantiene un tono prudente nelle call con gli analisti. Elon Musk no. Ha aperto la conference call di Tesla con una battuta che sembrava un’allusione sessuale, degna di un pub più che di un boardroom, e poi ha lanciato la previsione che metà della popolazione americana avrebbe accesso ai Tesla robotaxi entro la fine dell’anno. “Soggetto alle approvazioni regolamentari”, ha aggiunto, con quella postilla che suona come una clausola da assicuratore più che come una promessa tecnologica. Poco dopo, è scoppiato a ridere da solo. Un grande classico del Musk-show.
Gli investitori hanno riso meno. Il calo delle consegne dei veicoli nel secondo trimestre, annunciato già il 2 luglio, aveva anticipato un trimestre complicato. Ma adesso è evidente che il declino delle entrate Tesla sta accelerando, mentre Musk sembra sempre più distratto dai progetti a lungo termine, come i robot umanoidi e appunto i robotaxi. La fine imminente di molti incentivi governativi per i veicoli elettrici negli Stati Uniti rischia di spingere ancora più in basso le vendite nella seconda parte dell’anno. Musk stesso ha ammesso la possibilità di “qualche trimestre difficile”, prima di rassicurare che i balzi tecnologici dell’azienda compenseranno le difficoltà entro la metà del 2026. L’affermazione sembra più un esercizio di fede che un piano industriale.
Prendere sul serio la sua ultima previsione sui Tesla robotaxi richiede un atto di fede supplementare. Musk aveva già annunciato nel 2023 che il servizio sarebbe partito quest’anno in California e Texas. È vero, qualcosa è stato avviato a Austin il mese scorso, ma si tratta di un test su scala ridicola. In California, dove i regolatori non si fanno incantare dalle slide in PowerPoint, nulla si è mosso. Durante la stessa call un altro dirigente ha confermato che il prossimo obiettivo è la Bay Area di San Francisco, ma senza fornire date precise e con l’ammissione imbarazzante che, per rispettare le regole, in certi casi un umano dovrà restare seduto al volante. Nel frattempo i test proseguono in Florida e Nevada, ma l’espansione vera sembra ancora lontana.
Il problema è che Tesla sta rincorrendo. Waymo, di proprietà di Alphabet, opera già con un servizio robotaxi reale in cinque città e ha piani per altre due nel 2026. È come se Tesla, anche raggiungendo un volume rispettabile, rischiasse di ritrovarsi nel ruolo di Lyft contro un Uber molto più maturo. La narrativa di Musk suona visionaria, certo, ma la realtà operativa non sembra allineata alla retorica.
Un segnale, almeno, indica che Tesla prende sul serio il rallentamento delle vendite. L’azienda ha annunciato l’avvio della produzione di un modello più economico nella seconda metà dell’anno. Un tentativo di fermare l’emorragia provocata dai veicoli elettrici cinesi a basso costo, che stanno erodendo margini e quote di mercato. Il mercato azionario non si è lasciato commuovere e le azioni Tesla hanno perso circa il 4% durante la call. La battuta iniziale di Musk, in questo contesto, suonava come la colonna sonora di un Titanic tecnologico che preferisce continuare a scherzare mentre il ghiaccio si avvicina.