AI Nelle Aziende: La Verità Scomoda Che Nessuno Vuole Sentire
Chi pensa che il problema dell’AI nelle aziende sia l’AI stessa probabilmente non ha mai aperto un database aziendale senza svenire. Il 95% delle imprese dichiara di “usare l’intelligenza artificiale”, ma il 76% si ferma a uno, massimo tre casi d’uso. È come comprare una Ferrari e lasciarla parcheggiata in garage per paura di rigare la vernice. Il vero divario non è tra chi ha adottato l’AI e chi no, ma tra chi ha il coraggio (e le basi) per scalarla su tutta l’organizzazione e chi rimarrà bloccato in una sterile sfilata di POC per impressionare il board. Nei prossimi 24 mesi questa differenza farà vincitori e sconfitti, e no, non basteranno i soliti chatbot a salvare la faccia.
La qualità dei dati è la zavorra numero uno. Lo dice chiunque abbia provato a far girare un modello di machine learning su dati aziendali “ufficialmente puliti”. Ufficialmente, appunto. La verità è che la maggior parte dei dati corporate è un pantano di duplicati, inconsistenze e formati incompatibili. Senza dati curati, accessibili e affidabili, nessuna strategia AI sopravvive. Puoi avere i migliori LLM al mondo, GPU da un milione di dollari e consulenti che ti spiegano con grafici a torta come “l’AI cambierà il business model”, ma se la tua data lake sembra un magazzino di bancali rotti, i tuoi algoritmi produrranno solo insight spazzatura.
Il paradosso è che molti CEO si lamentano del ritmo lento con cui l’AI viene distribuita, ma il problema non è la tecnologia, è la governance. E meno male. Il 98% dei dirigenti preferisce essere “safe rather than first”. Un’affermazione che suona quasi banale, ma che rivela una verità cinica: nella prossima ondata di intelligenza artificiale vinceranno le aziende che sapranno costruire fiducia, non quelle che pubblicheranno per prime il comunicato stampa sull’ennesimo esperimento di generative AI. Perché nessuno perdonerà errori clamorosi su dati sensibili, soprattutto in settori regolati. La velocità è sexy nei pitch, ma la fiducia paga davvero i dividendi.
La differenza la faranno i casi d’uso specifici, disegnati su misura per il business, non le solite soluzioni “copiate e incollate”. La generative AI generica è ormai commodity. Chatbot, assistenti virtuali e generatori di testo sono il nuovo PowerPoint: tutti li hanno, nessuno ci guadagna più un vantaggio competitivo serio. Le aziende che vinceranno sono quelle che sapranno sviluppare applicazioni di AI verticali, cucite addosso ai propri processi e settori. Un algoritmo che ottimizza in tempo reale le scorte in una supply chain complessa o un sistema predittivo che riduce i fermi macchina nell’industria pesante valgono cento volte di più di un assistente che risponde alle FAQ.
Poi c’è l’elefante nella stanza: i sistemi legacy. Molte aziende stanno scoprendo che integrare l’AI in un’infrastruttura frammentata e obsoleta costa più che costruire da zero. Ma continuano a provarci, spendendo fortune in retrofit improbabili, come se fosse possibile trasformare una Fiat Panda in un’auto autonoma solo montandoci sopra qualche sensore. La verità? O ricostruisci le fondamenta o ti accontenti di fare marketing AI-friendly. Non esistono scorciatoie.
Ultimo punto, ma non meno brutale: i costi. L’AI non è gratis, e i conti veri iniziano ora. Le GPU costano, l’energia per addestrare e far girare i modelli costa, i talenti costano. Le aziende di medie dimensioni sono quelle più a rischio, perché non hanno la massa critica per assorbire i costi né la capacità di creare economie di scala. Chi ragiona solo in termini di “dobbiamo fare AI perché tutti la fanno” finirà per bruciare budget senza ROI. I più intelligenti stanno già costruendo modelli di ritorno realistici, lontani dalle slide patinate dei vendor.
“Le aziende non hanno un problema con l’AI, hanno un problema con se stesse.” Questa frase, sentita in una boardroom qualche mese fa, riassume perfettamente la situazione. Prima di sognare scenari di intelligenza artificiale pervasiva, bisognerebbe mettere ordine in casa propria. Qualità dei dati, infrastrutture moderne, governance solida. È noioso, costa tempo e non fa notizia, ma è l’unico modo per evitare di restare intrappolati nel limbo di progetti pilota eterni.
Il resto? Fuffa da conferenze.