
Non fatevi illusioni. Google Search resta il re assoluto del traffico globale, con i suoi 191 miliardi di referral in un solo mese. Ma chi continua a pensare che i click da piattaforme di intelligenza artificiale siano una curiosità marginale rischia di svegliarsi nel bel mezzo di quella che i più paranoici nel mondo editoriale chiamano già “Google Zero”. Sì, l’apocalisse del traffico organico non è ancora qui, ma il rumore di fondo è assordante. Secondo Similarweb, solo a giugno 2025 le piattaforme AI hanno generato oltre 1,13 miliardi di referral ai primi mille siti web globali, un balzo del 357% in un anno. In altre parole, i bot conversazionali iniziano a spingere traffico come fossero mini-motori di ricerca, e se oggi sono ancora un’onda, domani potrebbero diventare uno tsunami.

La categoria che più si sente minacciata è ovviamente quella dei media. Le testate vivono di pageview e di CPM, e l’idea di utenti che leggono riassunti generati da ChatGPT senza mai cliccare un link è una condanna a morte lenta. Il Pew Research Center ha messo i numeri sul tavolo: quando l’AI Overview appare nei risultati di Google, la percentuale di click crolla all’8%. Senza sintesi AI, il CTR raddoppia al 15%. Tradotto: ogni sintesi intelligente è una pagina vista in meno per un editore già in sofferenza. The Wall Street Journal ha definito il fenomeno un killer silenzioso per i siti di news, mentre le redazioni iniziano a prepararsi per il giorno in cui Mountain View deciderà di trattenere completamente gli utenti nei suoi walled garden.

C’è però un twist ironico in questa corsa alla sopravvivenza. Mentre il New York Times blocca l’accesso agli scraper AI e causa OpenAI in tribunale, testate come Yahoo e Reuters sorridono. A giugno 2025 Yahoo ha registrato 2,3 milioni di referral da piattaforme AI, Yahoo Japan 1,9 milioni, Reuters 1,8 milioni e The Guardian 1,7 milioni. Simileweb parla di un aumento del 770% nel traffico AI per il comparto media in un anno. Non è magia, è strategia: se lasci i modelli AI leggere i tuoi contenuti, loro ti citano e, sorpresa, ti portano click. È il nuovo SEO semantico, ma stavolta il crawler non è Googlebot, è ChatGPT.

Proprio ChatGPT è il dominatore incontrastato di questo gioco, generando oltre l’80% dei referral AI ai top mille siti. Seguono a distanza piattaforme come Gemini, DeepSeek, Perplexity e Claude. Qualcuno nel marketing inizia già a sussurrare la parola proibita: “ottimizzazione per LLM”. Non è più solo un vezzo per smanettoni, ma una disciplina emergente che potrebbe decidere chi sopravvive e chi no quando gli utenti preferiranno chiedere direttamente a un’AI piuttosto che digitare su una barra di ricerca.
Fuori dal mondo dell’informazione la situazione è ancora più interessante. L’e-commerce, per esempio, è già dentro questo gioco. Amazon guida con 4,5 milioni di referral da AI, seguita da Etsy con 2 milioni e eBay con 1,8 milioni. Chi pensa che l’intelligenza artificiale serva solo a scrivere mail dovrebbe farsi un giro nei numeri: un prompt ben formulato su ChatGPT può diventare un motore di vendita più efficace di un banner piazzato su una home page.
Nel settore tech e social, la fotografia è quasi grottesca. Google resta il più cliccato anche grazie alle AI, con 53,1 milioni di referral. Ironico, no? Il colosso che rischia di essere cannibalizzato dagli LLM oggi si alimenta di loro. Dietro di lui Reddit con 11,1 milioni, Facebook con 11,0 milioni e Github con 7,4 milioni. Microsoft, Canva, Instagram e LinkedIn seguono, a dimostrazione che le AI non generano solo curiosità ma indirizzano davvero traffico qualificato verso piattaforme dove si produce e si condivide valore.
C’è poi il dato che fa sorridere chi ama i paradossi: Wikipedia ha ricevuto 10,8 milioni di referral dalle AI, NIH.gov 5,2 milioni, Research Gate 3,6 milioni. In pratica, i modelli che si sono addestrati anche con questi contenuti ora li ricompensano, portando utenti affamati di fonti primarie. È un cerchio che si chiude, e forse una lezione per chi pensa di chiudere tutto dietro paywall senza una strategia chiara.
Il vero nodo però non è quanto traffico le AI portano oggi, ma come cambierà l’equilibrio nei prossimi due anni. Con una crescita del 357% anno su anno, è ingenuo credere che resteranno marginali. Chi produce contenuti deve decidere adesso se trattare le piattaforme AI come partner o predatori. La strategia del blocco totale è comprensibile per chi vive di copyright, ma rischia di essere un boomerang quando l’attenzione degli utenti si sposterà sempre più su risposte sintetiche e meno su pagine web piene di banner.
E qui arriva la provocazione finale. “Google Zero” non sarà un giorno preciso in cui i grafici crolleranno tutti insieme. Sarà un lento logoramento, una discesa che chi oggi ignora i referral da AI potrebbe nemmeno accorgersi di subire, finché sarà troppo tardi. I marketer intelligenti lo sanno già: ogni prompt è un micro-motore di ricerca, e ottimizzarlo è la nuova frontiera. Chi sta ancora discutendo se gli LLM siano una minaccia o un’opportunità ha già perso metà della partita.