Alibaba ha appena lanciato il guanto di sfida in uno dei campi più controversi e promettenti dell’elettronica di consumo: quello degli occhiali intelligenti. Non poteva farlo in un palcoscenico più teatrale e simbolico del World Artificial Intelligence Conference (WAIC) di Shanghai, la fiera più importante del settore AI in Cina. Come dire: benvenuti nella guerra dei mondi, dove le lenti sono aumentate, la realtà è aumentata e l’intelligenza artificiale, seppur ancora imperfetta, pretende di vedere e sentire per noi.

Il prodotto si chiama Quark AI glasses e il nome non è scelto a caso. “Quark”, come l’assistente AI sviluppato da Alibaba, ma anche come quelle particelle subatomiche che formano la materia: un nome che suggerisce potenza invisibile, presenza ovunque, controllo sottile. A differenza della concorrenza – Rokid, Xreal e compagnia cantante – Alibaba non si limita a infilare uno schermo davanti agli occhi degli utenti, ma promette di ridisegnare l’interfaccia uomo-macchina. Il risultato? Occhiali dotati di processori Snapdragon AR1, doppio sistema operativo (Android e Real-Time OS) e un design ottimizzato: aste il 40% più sottili dello standard, struttura compatta, stile minimamente futurista per utenti massimamente integrati.

La strategia è chiara: conquistare il volto dell’utente, letteralmente. Perché mentre il mondo discute se gli occhiali intelligenti siano un fallimento annunciato o un segmento in attesa della sua “iPhone moment”, Alibaba gioca la carta dell’ecosistema. I Quark AI glasses non sono un gadget isolato, ma un’estensione dei servizi già dominanti del gruppo: Taobao per lo shopping visivo, Alipay per i pagamenti contactless via QR code, Amap per la navigazione contestuale. Come dire: vedo, pago, mi muovo. Il tutto senza toccare lo smartphone. O, idealmente, senza nemmeno pensarci.

In un passaggio che sembra più profezia che keynote, Song Gang – responsabile dei terminali intelligenti di Alibaba – ha dichiarato: “Gli occhiali AI diventeranno la forma più importante di intelligenza indossabile. Saranno i nostri occhi e orecchie supplementari”. Un’affermazione ardita, ma coerente con una visione in cui l’utente diventa cyborg per default, potenziato da un layer invisibile di AI per interpretare e reagire al mondo in tempo reale. Nessun bisogno di tastiere, swipe o click: basta guardare, e l’intelligenza fa il resto.

La notizia arriva in un contesto dove Alibaba ha già messo sul tavolo 53 miliardi di dollari per infrastrutture AI nei prossimi tre anni. Non spiccioli. Non una comparsata. Ma un piano industriale, che coinvolge sia la componente software che quella hardware. Il motore dietro tutto ciò è la serie di modelli Qwen, la risposta interna di Alibaba all’ondata LLM (large language model), pensata per alimentare applicazioni proprietarie e, con ogni probabilità, diventare lo standard linguistico per l’interazione utente-AI nel mondo Alibaba.

E non si tratta di un esperimento accademico. Già a marzo, Alibaba ha ribrandizzato Quark, trasformandolo da motore di ricerca cloud storage-oriented in un vero e proprio assistente AI multifunzionale. Niente più semplice indicizzazione dei contenuti. Ora Quark scrive testi, riassume documenti, elabora immagini, crea mappe mentali. E con l’arrivo degli occhiali, questo assistente virtuale si trasforma in un intermediario sensoriale, pronto a elaborare ciò che vediamo, ascoltiamo, tocchiamo.

La mossa di Alibaba è anche una risposta implicita all’erosione di rilevanza nella guerra delle big tech cinesi. Con Tencent trincerata nel gaming e nella messaggistica, ByteDance che balla tra video brevi e algoritmi di raccomandazione sempre più personalizzati, Alibaba sente l’urgenza di ricollocarsi come pioniere dell’interfaccia AI fisica. Altro che cloud, qui si parla di intelligenza personale sempre attiva, che non vive in un data center remoto, ma sulla punta del naso dell’utente.

La collaborazione già annunciata con RayNeo – azienda specializzata in realtà aumentata – è la conferma che il gruppo ha capito una verità banale ma sottovalutata: l’AI da sola non basta. Serve un hardware sexy, funzionale, leggero, esteticamente portabile e tecnicamente robusto. Il modello “Google Glass ma meglio” continua a ossessionare le grandi aziende tecnologiche, ma il motivo per cui non ha ancora funzionato è sempre lo stesso: o è troppo ingombrante, o è troppo inutile.

I Quark AI glasses provano a rompere questo schema. Sfruttano processori a basso consumo, offrono risposta in tempo reale, combinano due sistemi operativi per bilanciare velocità e stabilità. Ma soprattutto, promettono un’esperienza utente senza attrito, immersa in un ecosistema familiare. Nessun nuovo gesto da imparare, nessuna curva di apprendimento. Solo un’estensione del comportamento digitale già codificato. Guardi un prodotto, ricevi il prezzo da Taobao. Passi davanti a un ristorante, ottieni le recensioni integrate. Vedi un QR code, paghi con Alipay. Il tutto mentre cammini o pedali, grazie alla geolocalizzazione contestuale di Amap.

Dietro l’entusiasmo per la novità si nasconde però una domanda cruciale: chi vuole davvero indossare l’AI? E soprattutto: chi si fida abbastanza da lasciarla così vicina al proprio volto, ai propri occhi, ai propri dati biometrici? In un’epoca in cui la privacy è un concetto elastico e la fiducia nelle Big Tech è al minimo storico, la sfida non sarà solo tecnica, ma profondamente culturale.

Alibaba sembra scommettere che l’utilità vincerà sulle paure. Che la comodità di pagare, esplorare e interagire senza mani batterà l’ansia da sorveglianza. E che l’utente, abituato ad affittare porzioni della propria attenzione alle piattaforme digitali, sarà disposto a farlo in modo ancora più intimo e invasivo, pur di guadagnare tempo e precisione.

Ma siamo davvero pronti per una realtà dove l’intelligenza artificiale non ci parla più da uno schermo, ma ci guarda dritto negli occhi? Dove non è più un’icona nel telefono, ma un sussurro nell’orecchio, un flash nel campo visivo, un algoritmo che decide cosa vale la pena vedere e cosa no? In fondo, come diceva Marshall McLuhan: “We shape our tools and thereafter our tools shape us”. Alibaba ha appena forgiato un nuovo strumento. Ora tocca a noi decidere se vogliamo essere scolpiti da esso.