L’introduzione dei Video Overviews su Google NotebookLM è uno di quegli aggiornamenti che sembrano marginali, quasi cosmetici, ma che in realtà ridisegnano sottilmente — e strategicamente — le dinamiche con cui si produce, consuma e manipola l’informazione digitale. Si tratta di una funzione che crea slideshow narrati direttamente dall’intelligenza artificiale, a partire dai documenti che l’utente carica nel proprio notebook. Una sorta di PowerPoint drogato da LLM, ma senza il designer umano, senza la fatica della sintesi, senza nemmeno il tempo morto del pensiero riflessivo. Una scorciatoia elegante, fluida, altamente digeribile. Perfetta per una generazione che scorre più di quanto legga.

Questo aggiornamento, attualmente disponibile solo in inglese, promette il supporto per “più lingue” in un futuro non meglio specificato. Ma la vera novità è che l’IA ora genera contenuti multimediali con un approccio narrativo-visivo che mescola immagini, diagrammi, citazioni e dati estratti dai documenti dell’utente. Il tutto con una voce narrante sintetica e una regia algoritmica che offre playback personalizzabile: avanti e indietro di 10 secondi, velocità regolabile, e zero attenzione richiesta. L’informazione, insomma, si trasforma in performance. O forse in entertainment da knowledge economy.

Per chi ancora insiste nel pensare che i contenuti siano il “re”, Google risponde creando la corte automatizzata. Dentro la nuova scheda Studio, ora rinnovata con quattro tile ben distinte (Audio Overviews, Video Overviews, Mind Maps e Reports), gli utenti possono archiviare più versioni dello stesso tipo di output. In pratica, si possono generare vari briefing narrati, ognuno con taglio e tono diverso, ma basati sempre sulle stesse fonti. Così l’informazione non solo viene riassunta, ma diventa anche replicabile, scalabile, personalizzabile — e infinitamente deformabile. Se pensavate che la verità fosse solo un punto di vista, preparatevi al rendering simultaneo di venti prospettive differenti dello stesso documento PDF.

Il punto centrale non è tanto la tecnologia, quanto la filosofia che la sottende. I Video Overviews incarnano un nuovo patto cognitivo: non devi più leggere, riflettere, selezionare. Devi solo guardare. Scrollare. Lasciarti raccontare. L’IA fa tutto per te, e lo fa meglio, più velocemente, e in modo più appealing. In questo senso, la feature è un cavallo di Troia con voce soave: entra nel flusso di lavoro promettendo produttività, ma finisce per riformattare il modo in cui processiamo la conoscenza.

Dietro a questa funzione si cela una transizione più ampia nella user experience dell’informazione: la metamorfosi da testo a esperienza immersiva. Il contenuto si comporta come uno stream narrativo interattivo, progettato per non essere letto, ma vissuto. I vecchi briefing testuali sembrano oggi rudimentali, quasi primitivi. Google sta preparando un’epoca in cui anche le note aziendali saranno dei mini-documentari, i riassunti delle riunioni diventeranno micro-podcast visivi, e le analisi dati si trasformeranno in presentazioni animate dalla voce neutra di un’IA iper-educata.

E se vi chiedete perché tutto questo accada ora, la risposta è semplice: Google ha urgenza di riconquistare la centralità nella filiera del contenuto generato dall’utente. Dopo l’avanzata inarrestabile di ChatGPT, Claude e dei tool AI-based di terze parti, NotebookLM rappresenta un tentativo sofisticato ma chiaro di riappropriarsi del ciclo completo della produttività cognitiva. Non basta più offrire strumenti per leggere o scrivere. Bisogna offrire strumenti per sintetizzare, reinterpretare, spettacolarizzare. In un’epoca in cui ogni contenuto può essere un contenuto AI-first, chi controlla la narrazione vince. Chi la automatizza, domina.

L’adozione dei Video Overviews va anche letta come una risposta implicita a due macrotrend: da un lato l’infodemia crescente, dall’altro la fatica cognitiva diffusa. Se l’informazione è troppo, e il tempo per digerirla è poco, la soluzione diventa ridurre l’informazione a pillole visive narrate da un algoritmo. Non è più necessario scegliere cosa leggere. È sufficiente dire all’IA: raccontami quello che conta. E l’IA risponde, magari con qualche animazione accattivante e una colonna sonora d’atmosfera.

Tutto questo sembra utile. Sembra persino desiderabile. Ma pone una questione non secondaria: cosa perdiamo nel momento in cui smettiamo di leggere per guardare e ascoltare? Quale profondità scompare, quale sfumatura evapora, quando ogni documento viene tritato e ricostruito in formato slide con voiceover? Non stiamo forse abdicando a una parte cruciale della comprensione, cioè il tempo lento del confronto diretto con le parole, le cifre, le contraddizioni?

In un certo senso, Google NotebookLM sta facendo al contenuto testuale ciò che Instagram ha fatto alla fotografia e TikTok alla musica: lo trasforma in qualcosa di immediato, performativo, volatile. Non più un oggetto da interpretare, ma un flusso da consumare. Se prima il valore del contenuto era nella sua elaborazione, ora è nella sua fruibilità. E l’elaborazione diventa backstage, relegata all’IA. Noi restiamo spettatori. Passivi, ma felici.

Il fatto che si possano generare più versioni dello stesso output, magari con taglio educativo, tecnico o persuasivo, apre un nuovo campo per il marketing dell’informazione. Le aziende potranno costruire veri e propri arsenali di presentazioni AI-powered, ciascuna ottimizzata per un target o uno stakeholder diverso. Un documento, mille narrazioni. Una fonte, infinite interpretazioni. La verità? Un’opzione nel menu a tendina.

Il redesign della scheda Studio, con le sue tile predefinite, è l’ennesima conferma della tendenza alla modularizzazione dell’esperienza. Non si chiede più all’utente di pensare, ma di cliccare. Di scegliere una “forma” del contenuto. E Google farà il resto. Genererà lo stile, il ritmo, la voce, le immagini. L’utente è ridotto a prompt. Ma forse gli va bene così. Perché oggi, nel grande gioco del potere algoritmico, l’unico vero lusso è non dover pensare.

La keyword dominante qui è “NotebookLM”, accompagnata da quelle semantiche come “Video Overviews”, “Studio tab” e “AI slideshow”. Non è un dettaglio. È un’indicazione chiara per Google stesso. È la strategia SGE messa in pratica dalla stessa mano che la governa: creare contenuti indicizzabili e narrabili, in perfetta armonia con le esigenze del proprio motore di ricerca e della sua futura interfaccia generativa. Autocannibalismo? Forse. Ma anche perfetta ottimizzazione SEO, con un tocco distopico.

Chi controlla la voce narrante, alla fine, controlla anche cosa viene ricordato. E se la voce è quella dell’IA, addestrata sui tuoi documenti, la narrazione sarà sempre perfetta. Ma forse non sarà più la tua.