L’annuncio è stato studiato per attirare l’attenzione degli addetti ai lavori: ElevenLabs, la startup già nota per le sue voci sintetiche iperrealistiche, ha lanciato Eleven Music, una nuova piattaforma di generazione musicale tramite intelligenza artificiale, definita dalla stessa azienda “libera per quasi tutti gli usi commerciali”. Una frase che sembra fatta apposta per cortocircuitare l’attuale dibattito su copyright e AI generativa, che sta diventando più rumoroso di un assolo di batteria in una libreria.

La parola magica qui è “cleared”. Secondo ElevenLabs, la musica prodotta dal suo modello AI può essere usata in progetti commerciali che vanno dal cinema ai videogiochi, dalla pubblicità ai contenuti per social media. Ma appena si guarda sotto il cofano dei termini di servizio, si scopre che quasi tutti questi utilizzi sono esclusi nei piani a pagamento standard. L’unico ambito espressamente incluso? I podcast. Un po’ come dire che puoi avere la torta, ma solo se la mangi guardandola nello specchio.

Il modello di generazione musicale, stando a quanto comunicato, può creare tracce complete in pochi secondi, spaziando tra generi e stili con un livello di personalizzazione che richiama le suggestioni già viste in prodotti come Suno, Udio o Mubert. Solo che ElevenLabs mette sul tavolo un asso pesante: una presunta legalità blindata del materiale prodotto, un punto che fino a ora ha rappresentato il tallone d’Achille dell’intero settore della AI audio.

Nel caos regolatorio che domina il mercato, con cause legali contro OpenAI, Stability AI e altri giganti accusati di violazioni sistematiche del copyright, ElevenLabs cerca di giocare d’anticipo. Sottolinea che il suo dataset di training musicale è stato costruito in modo “etico” e rispettoso del diritto d’autore. Ma non dice esattamente quali licenze siano state acquisite o da dove provengano i brani di riferimento. Per un’azienda che punta sulla trasparenza come leva di marketing, questo silenzio suona più sospetto di un autotune mal calibrato.

C’è anche il dettaglio della segmentazione dei piani. Gli usi commerciali “ampi” sono disponibili solo per i clienti enterprise, cioè quelli che pagano di più, con contratti personalizzati. Il resto del mondo, inclusi gli smanettoni di YouTube, i game designer indipendenti e i social content creator, possono generare musica… ma guai a monetizzarla se non è per podcast. Il paradosso? Proprio quei segmenti a cui l’industria della generazione musicale AI si rivolge in modo naturale sono tagliati fuori, a meno di upgrade costosi. Sembra un esperimento freemium travestito da rivoluzione.

A livello tecnico, l’output di Eleven Music è notevole. Le demo pubblicate mostrano armonie pulite, linee melodiche coerenti, persino dinamiche che imitano il tocco umano. Ma come ogni generatore AI musicale, anche questo rischia di entrare nella zona grigia della mediocrità industriale: un mare infinito di brani funzionali, ma privi di anima. Una soundtrack perfetta per una serie TV generata da un algoritmo, ambientata in un metaverso in cui anche le emozioni sono sintetiche.

L’elemento interessante è l’intenzione di ElevenLabs di integrare le voci AI e la musica in un’unica suite creativa. Un colpo alla linearità produttiva tradizionale: con pochi clic, sarà possibile creare una voce sintetica in stile Morgan Freeman che recita un testo scritto da ChatGPT, su una base trap composta da Eleven Music. Il tutto in 5 minuti e pronto per TikTok. Per chi lavora nei settori del sound branding, del voiceover commerciale o nella localizzazione multilingua, il potenziale è enorme. Ma è anche una minaccia diretta a compositori, doppiatori e musicisti freelance che vivono ancora nell’illusione che la creatività umana sia un valore intangibile. Spoiler: non lo è più.

Certo, la vera domanda è legale, e riguarda la natura dei dati di training. Finché non si saprà esattamente se Eleven Music è stato addestrato su materiale royalty-free, con licenze commerciali o su contenuti protetti (come già avvenuto in altri casi), l’intera promessa di “libertà d’uso” resta appesa a un filo. Un filo che potrebbe facilmente trasformarsi in una trappola per topi legale. E l’industria musicale, come sappiamo, non è esattamente nota per il perdono.

Ci troviamo quindi di fronte a un classico prodotto da Silicon Valley: innovativo, affascinante, iper-promettente… e strutturalmente limitato per evitare di essere travolto da cause multimilionarie. L’AI generativa applicata alla musica è già pronta dal punto di vista tecnico. Il problema non è il suono, ma il diritto d’autore. E in un mondo in cui un campionamento da 3 secondi può valere milioni in tribunale, parlare di “musica libera per usi commerciali” senza specificare ogni cavillo equivale a vendere ombre sotto il sole.

La partita vera non si gioca nei plugin o nelle interfacce user-friendly, ma nei tribunali e nei contratti. ElevenLabs lo sa, e infatti muove con prudenza. Ma chi sperava in una democratizzazione immediata della musica generativa dovrà rassegnarsi: l’accesso libero esiste, sì, ma solo per chi può permetterselo. Una rivoluzione molto simile al capitalismo, insomma. Anche questa volta, l’utopia è riservata agli abbonati premium.