Tesla ci ha già fatto vedere quanto possa essere pericoloso credere alla narrativa miracolistica dei sistemi di guida assistita. Gli incidenti, i richiami e le indagini dei regolatori americani hanno acceso i riflettori su una realtà meno glamour del marketing di Palo Alto. Nissan invece cerca di giocare una partita diversa con ProPilot, il suo sistema di driver-assist che, con l’aiuto della startup britannica Wayve, promette un salto di qualità radicale. Non più solo corsie d’autostrada lineari e pre-mappate, ma il caos delle strade urbane con pedoni distratti, incroci congestionati e biciclette che sbucano come ninja dal nulla. La domanda è semplice: chi avrà il coraggio di credere che questa volta il software non si limiterà a un’illusione ben confezionata?

Il punto centrale è che Nissan ha scelto di non sviluppare tutto in casa. Per una volta, un colosso automobilistico tradizionale ha ammesso che la cultura aziendale e i processi interni non bastano a cavalcare l’onda dell’intelligenza artificiale. Così è nata la partnership con Wayve, una delle startup più interessanti della scena europea. La loro filosofia è radicale: non basarsi su regole scritte e mappature statiche, ma costruire un modello end-to-end capace di apprendere direttamente dai dati visivi, simulando quello che fa un guidatore umano. È la logica della cosiddetta embodied AI, non una sequenza di codici rigidi ma una rete neurale che impara dal caos. Nissan ha mostrato a Tokyo un Ariya equipaggiato con undici telecamere, cinque radar e un lidar che alimentano il software di Wayve. Una vera orchestra di sensori per produrre quella che viene chiamata “Ground Truth Perception”, cioè una rappresentazione tridimensionale e dinamica del traffico. In pratica, l’auto non “segue istruzioni”, ma cerca di comprendere cosa sta accadendo in tempo reale.

La roadmap ufficiale parla chiaro: debutto in Giappone nell’anno fiscale 2027, cioè entro marzo 2028. Non parliamo di un prototipo da salone, ma di un’integrazione promessa sui modelli destinati alla produzione di massa. Qui conviene mantenere un sano scetticismo. I costi dei sensori lidar non sono certo trascurabili, e anche se i prezzi stanno calando, resta da capire se Nissan riuscirà davvero a mettere questa tecnologia su una Micra di base o se rimarrà confinata alle versioni top di gamma. Il marketing dice “mass market”, ma nella lingua dei manager automotive questa espressione significa spesso “almeno due segmenti premium sopra quello che guida tuo cugino”.

La dichiarazione più audace riguarda le performance. Nissan parla apertamente di raggiungere un livello paragonabile a quello di Tesla. È un obiettivo dichiarato, non un risultato già ottenuto. Ed è qui che l’ironia si fa inevitabile. Tesla viene citata come benchmark proprio nel momento storico in cui le autorità americane la accusano di aver venduto un sistema di guida assistita con un nome fuorviante come Full Self-Driving. Un nome che suggerisce autonomia completa quando invece siamo ancora fermi al livello 2 della classificazione SAE. Nissan non si spinge oltre: ProPilot con Wayve rimane un sistema Level 2, il che significa che il conducente deve tenere le mani pronte sul volante e gli occhi sulla strada. La differenza sta nell’ambizione di portare questa assistenza in città, con tutte le complessità del caso. Non è una rivoluzione, ma se funziona davvero potrebbe rappresentare il primo passo verso una guida autonoma urbana su larga scala.

La partita è meno tecnologica di quanto sembri e molto più geopolitica. Wayve è un campione dell’AI britannica e il fatto che un colosso giapponese come Nissan scelga di affidarsi a loro è un segnale forte. È il modello startup-corporate che fino a pochi anni fa sembrava inconcepibile nell’automotive, settore dominato da burocrazia, tempi lunghissimi e innovazione filtrata da mille comitati interni. È una scommessa pericolosa perché integrare un modello AI end-to-end significa cambiare radicalmente l’architettura software dell’auto. Ma se l’azzardo funziona, Nissan si ritroverà con un vantaggio competitivo unico. Sarà il primo grande costruttore a usare un sistema di intelligenza artificiale “nativo urbano” e non un patchwork di regole hardcoded e mappature statiche.

Chi conosce il settore sa che la vera barriera non è la tecnologia, ma la regolamentazione e la fiducia del consumatore. Dopo anni di promesse mancate, il pubblico è stanco di sentir parlare di guida autonoma come se fosse sempre dietro l’angolo. La cronaca racconta incidenti, malfunzionamenti e test falliti. Nissan e Wayve dovranno dimostrare che ProPilot non è solo un PowerPoint in salsa AI. Sarà necessario accumulare milioni di chilometri di dati reali, affrontare condizioni meteo avverse, interazioni con motociclisti indisciplinati, semafori non funzionanti e scenari che nessun simulatore potrà mai replicare al cento per cento.

Il contesto competitivo rende il tutto ancora più interessante. Tesla ha monopolizzato il racconto pubblico sulla guida autonoma per anni, con Musk a recitare il ruolo di profeta della mobilità futura. I costruttori tradizionali, schiacciati tra l’inerzia interna e la paura di investire in tecnologie immature, hanno preferito inseguire con prudenza. Ora la musica sembra cambiare. Toyota, Honda e Hyundai stanno accelerando. In Europa Volkswagen e Stellantis cercano partnership simili, ma la mossa Nissan-Wayve ha il pregio di rompere la narrativa di un settore paralizzato. È una dichiarazione di guerra: la guida autonoma urbana non sarà monopolio americano.

Resta da capire se i clienti accetteranno il compromesso. Perché parliamo pur sempre di un sistema che chiede al guidatore di restare vigile, pronto a intervenire. Un paradosso psicologico che Tesla ha già dimostrato: più la tecnologia sembra affidabile, più l’essere umano tende a distrarsi. Gli incidenti con Autopilot e Full Self-Driving non sono quasi mai il risultato di un malfunzionamento isolato, ma della combinazione letale tra fiducia cieca e realtà complessa. Nissan sarà in grado di comunicare chiaramente i limiti di ProPilot? Oppure cadrà nella stessa trappola di marketing, presentando un assistente come se fosse un pilota automatico infallibile?

Se guardiamo oltre il glamour delle presentazioni stampa, emerge una realtà meno spettacolare ma forse più significativa. Il progresso della guida autonoma non sarà una rivoluzione improvvisa, bensì una serie di piccoli passi che renderanno gradualmente più sicura e meno stressante la guida quotidiana. Se ProPilot con Wayve manterrà le promesse, non vedremo città invase da robo-taxi nel 2028, ma potremmo finalmente avere auto di serie capaci di gestire in sicurezza un semaforo caotico o un attraversamento pedonale affollato. È poco per chi sogna Blade Runner, ma è molto per chi ogni giorno combatte con il traffico urbano.

Alla fine, la vera sfida non è battere Tesla sul suo terreno, ma guadagnarsi la fiducia di un pubblico che ormai considera la guida autonoma un mito tanto affascinante quanto irrealizzabile. Nissan, con il supporto di Wayve, tenta di riscrivere le regole del gioco. Non basterà annunciare un lancio nel 2027, serviranno risultati concreti su strada. Solo allora capiremo se ProPilot sarà ricordato come il punto di svolta della guida autonoma urbana o come l’ennesimo capitolo di un’industria che promette di cambiare il mondo ma si perde regolarmente in un dedalo di slide e comunicati stampa.