Omologazione dei veicoli autonomi e la sfida europea alla guida automatizzata

L’omologazione dei veicoli autonomi non è più una visione futuristica né un gioco di laboratorio per startup californiane gonfiate di venture capital. È materia regolatoria concreta, con norme già pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Nel 2022 Bruxelles ha fatto il colpo di mano: il Regolamento UE 2022/1426, il primo quadro legislativo completo e univoco al mondo dedicato alla guida automatizzata, ha aperto la porta al mercato europeo per i veicoli completamente autonomi. Gli americani hanno la Silicon Valley, i cinesi hanno i colossi di Pechino e Shenzhen, ma solo l’UE può dire di avere messo nero su bianco come, dove e quando un’auto senza conducente può ottenere il timbro di omologazione. Non è poesia tecnologica, è legge.

C’è un certo piacere malizioso nell’osservare la Commissione Europea trasformarsi in un laboratorio normativo globale, quasi un competitor delle grandi agenzie tecnologiche. Nel momento in cui Elon Musk tuona su Twitter che la piena autonomia è sempre a “un anno di distanza” e i costruttori tedeschi arrancano nel definire roadmap di elettrificazione credibili, l’UE ha alzato l’asticella con un’arma che nessun algoritmo può ignorare: la regolamentazione. Non si tratta solo di prevenire incidenti o di rispondere al panico mediatico sull’auto che investe il pedone a Phoenix. Qui il messaggio è molto più sottile: se vuoi vendere un veicolo autonomo in Europa, devi passare attraverso un percorso di omologazione dei veicoli autonomi costruito con precisione chirurgica.

Il Regolamento UE 2022/1426 è innovativo non tanto per le sue pagine di articoli e allegati, ma per la filosofia che introduce. Parla di sistemi di guida automatizzata come entità da omologare in sé, indipendenti dal concetto classico di conducente umano. Questo ribalta decenni di diritto stradale e sposta l’asse dall’uomo alla macchina. Per la prima volta, l’Operational Design Domain diventa parametro legale: non basta dichiarare che il veicolo è sicuro, bisogna dimostrare in quali condizioni precise la guida automatizzata può operare. Strade urbane, autostrade, condizioni meteo, limiti di velocità, interazioni con pedoni e ciclisti: tutto va codificato, testato e approvato dalle autorità di omologazione. La precisione regolatoria europea, spesso oggetto di sarcasmo, qui diventa arma geopolitica.

Chi immaginava la burocrazia europea lenta e sonnacchiosa non ha letto i documenti JRC136417 e JRC140978. Il primo, pubblicato nel 2024, ha fornito interpretazioni operative per uniformare l’applicazione del regolamento negli Stati membri. Il secondo, arrivato all’inizio del 2025, ha esteso il campo al Safety Management System e al Remote Management, due concetti che sembrano tecnicismi ma in realtà definiscono la vita o la morte commerciale di una flotta di robotaxi. Safety Management System significa strutturare una governance interna del costruttore che dimostri capacità di monitorare, prevenire e correggere malfunzionamenti. Remote Management vuol dire gestire a distanza la flotta, intervenendo quando il sistema non sa più cosa fare. Ironico che l’auto “senza conducente” finisca per dipendere da un centro di controllo remoto con operatori pronti a riprendere il volante virtuale. Autonomia sì, ma con cavo ombelicale.

Il secondo addendum, appena pubblicato, va ancora più a fondo. Porta al centro la questione del testing da parte delle Autorità di omologazione e introduce linee guida per valutare gli Operational Design Domain. È un colpo secco al mito delle auto autonome universali, quelle che guidano ovunque, sempre e comunque. L’Europa non ci crede. L’Europa pretende che il costruttore definisca il perimetro esatto: se il veicolo è in grado di operare solo in aree urbane delimitate e in condizioni meteo favorevoli, allora l’omologazione coprirà solo quel dominio. È un approccio chirurgico, ma anche brutalmente onesto. Forse meno seducente dei video promozionali di Tesla o delle demo spettacolari di Waymo, ma infinitamente più solido dal punto di vista giuridico e di mercato.

È curioso osservare come la guida automatizzata sia diventata campo di battaglia non tra algoritmi, ma tra modelli regolatori. Gli Stati Uniti oscillano tra il far west normativo e la regolazione statale frammentata, la Cina impone schemi top-down con test a livello cittadino, l’Europa costruisce cattedrali legislative che spesso diventano benchmark globali. Gli stessi costruttori americani e cinesi, se vogliono entrare in Europa, devono adattarsi. In questo paradosso sta il vero potere dell’omologazione dei veicoli autonomi: obbligare l’innovazione a parlare la lingua delle regole.

Certo, qualcuno dirà che l’UE rischia di soffocare l’innovazione sotto montagne di carta. È lo stesso refrain che si sentiva quando arrivò il GDPR, bollato come strangolatore di startup e oggi diventato modello globale di protezione dati. Il Regolamento UE 2022/1426 ha tutte le carte per ripetere quella traiettoria. Inizialmente criticato per complessità, sarà adottato come gold standard da chiunque voglia vendere seriamente veicoli autonomi. Il mercato non si vince solo con il codice sorgente, ma anche con la credibilità normativa.

Si potrebbe ironizzare sul fatto che l’Europa non abbia i campioni industriali della guida automatizzata, ma ha scelto di diventare arbitro della partita. È un gioco di potere sottile: se non puoi imporre le tue aziende come leader, impone almeno le tue regole. Alla lunga, chi controlla l’omologazione dei veicoli autonomi controlla anche l’accesso al mercato e detta i requisiti di sicurezza, con effetti che si ripercuoteranno sugli standard globali. Una Tesla o un robotaxi cinese non saranno mai veramente globali finché non rispetteranno i vincoli dell’Operational Design Domain stabilito a Bruxelles.

L’elemento più affascinante è che l’UE sta introducendo una nuova grammatica della mobilità. La guida automatizzata non è più definita solo da livelli SAE, utili ma troppo generici. Viene invece incastonata in un contesto legale fatto di test, domini operativi e sistemi di gestione remota. È un linguaggio nuovo, che obbliga costruttori e fornitori di software a ragionare in termini legali, assicurativi e di responsabilità. In pratica, l’innovazione tecnologica è costretta a crescere, a passare dall’adolescenza entusiastica alla maturità regolatoria.

Il bello, o il brutto a seconda dei punti di vista, è che questo quadro normativo non potrà essere ignorato. Non si può eludere l’omologazione dei veicoli autonomi con un aggiornamento over-the-air. Non si può bypassare l’autorità di omologazione con un comunicato stampa. Bisogna sedersi, documentare, dimostrare e convincere. È una sfida che selezionerà i veri player dai venditori di fumo. L’Europa, con la sua ossessione regolatoria, sta imponendo il più crudele stress test all’industria della guida automatizzata: chi non è in grado di tradurre innovazione in conformità, semplicemente non entrerà in gioco.