Immagina di alzarti tardi, il sole che picchia su Porto Cervo, un bicchiere di Dom Pérignon o un Prosecco meglio… ancora a metà e la barca che decide da sola di accendersi, prepararsi e parcheggiarsi meglio di te. Non è fantascienza, è nautica intelligente nel 2025. Gli yacht AI sono entrati nella nostra vita come un maggiordomo troppo zelante e, cosa più inquietante, lo fanno con più stile di molti armatori. La gente ride quando dico che un algoritmo oramai governa la nautica da diporto più di qualsiasi capitano in carne e ossa, ma vedo i loro occhi illuminarsi quando racconto di yacht autonomi che manovrano come ballerini classici mentre i loro proprietari litigano con la cameriera per il ghiaccio nel gin tonic.

Avikus e Raymarine, per esempio, hanno creato il NeuBoat, un cervello artificiale che guida e ormeggia meglio di chiunque abbia mai preso una patente nautica comprata a Formentera. E non sto parlando di un aiuto timido, ma di un vero pilota automatico con atteggiamento da star. Ho visto personalmente un 20 metri infilarsi in uno spazio così stretto che i marinai a terra smettevano di fumare per fotografare l’evento. Un armatore, un certo Marco di Portofino, mi ha detto ridendo che l’intelligenza artificiale gli ha fatto una manovra che lui sobrio non avrebbe nemmeno osato tentare, figuriamoci dopo tre Negroni. Ironico, ma vero.

La nautica intelligente non si limita a guidare, gioca a fare l’angelo custode. Baltic Yachts monta SEA.AI, un sistema di visione artificiale che scova tronchi, boe alla deriva e persino container semi-affondati a mezzo chilometro di distanza, di notte e con la nebbia.
Non è un giocattolo, è un occhio elettronico che batte radar e sonar tradizionali. Ho parlato con un armatore tedesco che, senza batter ciglio, mi ha detto che la sua barca da due milioni sarebbe finita in pezzi se l’AI non avesse urlato al computer di bordo di cambiare rotta. È quasi imbarazzante ammettere che una barca sappia vedere meglio di noi, ma i fatti parlano chiaro.

Se pensi che questo serva solo a chi vuole vivere più a lungo, preparati a un altro schiaffo alla tua vanità: lo yacht AI ti fa anche risparmiare una fortuna. Il Seawolf X, per esempio, brucia 15.000 litri di carburante per lo stesso tragitto che un yacht tradizionale percorre sputando 55.000 litri.
Con il diesel a prezzi da lingotto d’oro, sono quarantamila euro risparmiati a viaggio. Fai quattro traversate l’anno e ti ritrovi con abbastanza soldi per comprarti una Ferrari, che purtroppo non galleggia ma fa sempre la sua scena al porto e no, non è un’iperbole di marketing: le cifre sono confermate, e le compagnie assicurative si fregano le mani pensando a yacht autonomi che consumano meno e fanno meno danni.

Il concetto di barca come maggiordomo, poi, è una delle cose più ridicole e geniali che ho visto negli ultimi dieci anni. Brunswick ha creato Boating Intelligence, un assistente virtuale che conosce la tua barca meglio di te. Ti spiega cosa significa quel beep, ti dice se il motore sta tossendo o se il sonar ti sta segnalando un banco di tonni sotto la chiglia. Ho sentito di un armatore napoletano che, grazie a questo sistema, ha improvvisato una battuta di pesca da due ore solo perché l’AI ha intuito che sotto la barca c’era movimento interessante. Risultato: frigorifero pieno e cena con amici invidiosi. Non male per una macchina che teoricamente dovrebbe solo evitare di farti affondare.
Poi c’è la parte più inquietante, quella che fa ridere solo finché non la vivi. I sistemi predittivi di manutenzione, tanto per cominciare, stanno trasformando il concetto stesso di possedere uno yacht. Le barche AI ti avvisano giorni prima se il motore ha bisogno di un cambio d’olio o se una pompa sta per cedere. Ho saputo di un armatore a Sanremo che ha ignorato un avviso di questo tipo. Tre giorni dopo, esattamente come l’AI aveva previsto, il motore ha deciso di lasciarlo a mollo durante una cena romantica. Gli yacht autonomi, a quanto pare, sono come quei commercialisti ossessivi che ti ricordano quando pagare le tasse, solo che qui l’errore lo paghi rimanendo in mezzo al mare.
Non finisce qui. Gli yacht AI ti studiano, imparano i tuoi gusti, decidono per te. Salgo a bordo di certe barche e trovo il condizionatore già regolato a 22 gradi, il mio Aperol Spritz pronto e una playlist imbarazzantemente azzeccata. Non è magia, è profilazione algoritmica. Andrea, un milanese con yacht a Portofino, mi ha detto divertito che sembrava che la barca gli leggesse nel pensiero. Forse non è un pensiero rassicurante, ma è comodo, e la gente è pronta a barattare un po’ di privacy per la perfezione.
Non ti stupire se ti dico che, ancora una volta, l’Italia domina questo gioco. Il 51,4% del mercato mondiale degli yacht è nostro, e nel 2023 abbiamo esportato barche per 4 miliardi di euro. Non siamo solo pizza e mandolini, siamo i padroni del mare, e ora ci stiamo spingendo oltre: Ulisses e MiTur stanno trasformando i porti italiani in hub intelligenti. Presto prenoterai un posto barca dal divano, con un clic su italia.it, e addio code infinite al porto. Il governo ci mette pure i soldi, tre milioni di euro di incentivi per chi passa a motori più green e intelligenti.
Qualcuno però chiede: e se l’AI impazzisce? Bella domanda. Nessuno sa davvero cosa succede se uno yacht autonomo decide di fare rotta verso la Corsica mentre tu vuoi Capri. Per ora la raccomandazione è semplice: tieni sempre un capitano umano a bordo. Magari non servirà a nulla, ma almeno può offrirti una birra mentre l’AI si ostina a fare di testa sua. E se pensi che sia tutto rose e fiori, preparati: per usare certi sistemi devi avere la pazienza di un ingegnere e la mente di un ventenne cresciuto con i videogiochi. Molti armatori assumono nipoti millennial come consulenti tecnologici per non sentirsi completamente superati da una barca che sa più di loro.
La legge, poi, è rimasta ferma all’Ottocento. Regolamentare yacht autonomi con norme scritte quando i capitani portavano ancora cappelli di feltro è una barzelletta. È come dare una Ferrari a un uomo delle caverne e poi lamentarsi se sbatte contro il primo albero. Ma arriveremo anche lì, perché i soldi muovono tutto, e i porti intelligenti saranno troppo redditizi per rimanere bloccati da cavilli giuridici.
Sai qual è la cosa più divertente? Nel 2030 uno yacht senza AI sembrerà un reperto da museo. Chi arriverà in porto con un vecchio scafo tutto manuale sarà guardato come uno che usa un Nokia del 2001 in mezzo a gente con smartphone pieghevoli. La nautica intelligente sta trasformando il diporto da hobby per ricchi annoiati a esperienza quasi mistica, e l’Italia, inutile dirlo, è di nuovo in prima fila.
FONTI PRINCIPALI
- Avikus e Raymarine NeuBoat: https://avikus.ai/ e https://www.raymarine.com/en-us/our-products/marine-cameras/avikus-neuboat
- Baltic Yachts e SEA.AI: https://www.sea.ai/baltic-sets-sail-with-sea-machine-vision-technology/
- Yachting Monthly: https://www.yachtingmonthly.com/gear/everything-you-need-to-know-about-marine-ai-technology-99407
- Robb Report: https://robbreport.com/motors/marine/yacht-design-artificial-technology-1236764971/
- SEA.AI Official: https://www.sea.ai/
Non è retorica da brochure, è un dato di fatto: gli yacht AI stanno diventando più intelligenti dei loro proprietari. E se la tua barca inizia a risponderti quando le parli, tranquillo. Non è un segno di follia. È solo che l’intelligenza artificiale ha finalmente imparato l’italiano.