Il 25 giugno 2025, nel suggestivo chiostro del complesso di Vicolo Valdina a Roma, Eric Sadin ha tenuto una lectio magistralis dal titolo “IA generativa: un terremoto sociale, culturale e di civilizzazione alla sfida della legge”. L’evento, parte del ciclo di seminari “IA e Parlamento. La Téchne e la pòlis”, è stato promosso dal Comitato di Vigilanza sull’attività di Documentazione della Camera dei deputati e presieduto dalla Vicepresidente Anna Ascani.
In un mondo in cui la tecnologia corre più veloce della nostra capacità di capirla, Sadin emerge come una voce tra le poche a non perdersi nel coro degli entusiasti a buon mercato. Filosofo e specialista in intelligenza artificiale, ha osservato con uno sguardo tagliente e critico come l’IA generativa non sia semplicemente un nuovo strumento, ma un terremoto che sta riscrivendo le fondamenta della società, della cultura e persino delle strutture di civilizzazione che pensavamo immutabili. In questo quadro, la sua analisi si fa ancora più interessante, perché mette a nudo un paradosso: l’IA sta accelerando un cambiamento epocale senza che la legge, quella creatura per natura lenta e riflessiva, riesca a starle dietro.
Sadin ci ricorda che non siamo di fronte a una semplice innovazione tecnologica, ma a un fenomeno dirompente con implicazioni etiche, sociali e culturali che rischiano di mettere in crisi le nostre stesse nozioni di umanità. L’IA generativa, con la sua capacità di produrre contenuti, idee, persino “pensieri” artificiali, pone una domanda spaventosa: cosa resta dell’originalità umana quando una macchina può creare storie, musica, arte o soluzioni complesse? La cultura, fino a ieri terreno sacro della creatività e dell’intelletto umano, si trova ora a confrontarsi con un’entità che può duplicare e superare in velocità ciò che siamo abituati a considerare esclusivo patrimonio dell’uomo.
Un aspetto cruciale del ragionamento di Sadin è la chiamata a un intervento legislativo. Non si tratta solo di regolamentare un mercato o un settore tecnologico, ma di definire un nuovo patto sociale. In questo senso, l’assenza di una normativa adeguata non è un semplice ritardo burocratico, ma un rischio di catastrofe sociale, dove la tecnologia agisce senza freni, dettando regole che la politica e la legge ancora non sanno nemmeno immaginare. Sadin mette in guardia contro la tentazione di delegare tutto all’autoregolamentazione delle aziende tecnologiche, che hanno obiettivi di profitto e non certo la missione di tutelare la società nel suo complesso.
A chi pensa che questo discorso sia solo teoria accademica, basta guardare cosa succede nei mercati del lavoro e nella diffusione delle fake news. L’IA generativa ha già iniziato a trasformare il modo in cui lavoriamo, automatizzando competenze prima ritenute insostituibili e creando una nuova classe di disoccupati digitali, senza contare il caos informativo prodotto da contenuti generati ad arte per manipolare opinioni e destabilizzare società intere. È la nuova frontiera della disintermediazione culturale, un’arma a doppio taglio che può tanto emancipare quanto soggiogare.
Il fatto che Sadin sottolinei l’urgenza di un intervento legislativo non è un appello al ritorno a un passato idealizzato, ma un invito a costruire un futuro in cui la tecnologia sia una leva e non un rischio incontrollabile. La sua analisi invita a riflettere su come si possa conciliare l’innovazione con la tutela dei valori fondamentali, evitando che l’IA diventi uno strumento di dominio piuttosto che di liberazione.
Un paradosso degno della nostra epoca: una tecnologia così potente da riscrivere la storia della civiltà, ma incapace di rispettare le regole che una società sana dovrebbe imporre. Forse è questo il vero motivo per cui tanti preferiscono ignorare la questione, sperando che la tempesta passi senza danni. Ma come insegna la storia, le rivoluzioni tecnologiche non aspettano i tempi della politica. Sadin ci mette di fronte a un bivio: o si governa l’IA con intelligenza e responsabilità, oppure si lascia che essa governi noi.
C’è un dettaglio che pochi notano e che Sadin sottolinea con ironica lucidità: mentre i filosofi del passato si confrontavano con questioni di morale astratta, oggi devono fare i conti con algoritmi che creano “morale artificiale”. Un ossimoro che non lascia spazio a dubbi sulla portata di questa sfida. La sfida, appunto, non è solo tecnica, ma profondamente filosofica e politica.
Non si tratta più di chiedersi se l’IA sia buona o cattiva, ma di decidere chi ne detiene il controllo, chi stabilisce le regole e quali valori devono guidare una tecnologia così pervasiva. Questo nodo gordiano non può essere sciolto senza un coinvolgimento attivo di tutte le parti in gioco, dalla comunità scientifica alla politica, passando per i cittadini, chiamati a non essere semplici spettatori ma protagonisti di questa trasformazione.
Il futuro della società digitale sarà scritto nelle prossime leggi e decisioni, e Sadin non perde occasione per ricordarci che ogni ritardo sarà pagato con un prezzo altissimo in termini di coesione sociale e identità culturale. La sfida non è più rinviabile, perché la macchina non aspetta.
Guarda l’evento: https://webtv.camera.it/evento/28487